La visione notturna del Re di Babilonia


Libro curioso per varie ragioni è quello biblico di Daniele. Prima di tutto è composto in tre lingue diverse: aramaico nei capitoli 2-7, greco nei capitoli 13-14 (e in un’aggiunta del capitolo 3), ebraico il resto. Strana è anche la sequenza delle sue visioni, popolate di belve mostruose, di cifre mistiche, di catastrofi ed enigmi. Emozionanti i suoi racconti, divenuti un soggetto molto caro alla storia dell’arte: pensiamo solo a Daniele nella fossa dei leoni o ai tre giovani nella fornace ardente. Noi ora sceglieremo uno di questi racconti e una visione. Siamo nel capitolo 5. È un notturno: l’ultimo re babilonese, Baldassar, sta celebrando un sontuoso banchetto. All’improvviso una mano misteriosa traccia sulla parete della sala una scritta funesta e incomprensibile: mene, tekel, peres, “misurato”, “siclo”, “metà”, in aramaico. Sarà Daniele, presentato come uno degli Ebrei esuli a Babilonia, a interpretare quelle tre parole: «Mene Dio ha misurato tuo regno e gli ha posto fine. Tekel: tu sei stato pesato (come un siclo, unità di peso) sulle bilance e sei stato trovato mancante. Peres: il tuo regno sarà diviso a metà tra Medi e Persiani» (5,25-28).
In altri termini, è suonata la squila dell’ultima ora per l’impero babilonese, che cadrà sotto il giudizio divino. Un numero immenso di artisti, scnttori e musicisti resterà conquistato da questa parabola sulla fragilità del potere. Lo spagnolo Calderén de la Barca nella Cena de Rey Baltasar(1634) ne farà un dramma allegorico: Baldassar celebra le nozze con l’Idolatria, ma incontra la Vanità e la Morte. Goethe si misurerà col personaggio, ritirandosi sconfitto (brucerà il frammento teatrale, facendone scivolare una parte in un’opera minore). L’inglese Byron intitolerà A Baldassar(1814) un carme sugli orgogliosi e riprenderà il tema nella Visione diBaldassar (1815). Inquietante è la ballata Baldassardel tedesco Heine (1822): «Ed ecco, ecco, sulla candida parete / una mano come d’uomo comparve. / Lettere di fuoco scrisse. / E scomparve».

La scena sarà riproposta in musica negli oratori di Carissimi, Haendel, Telemann, Spohr (Caduta di Babilonia), fino al dramma musicale Il Banchetto di Baldassar del fmlandese Sibeius e alla ballata per solo e pianoforte Belsazar di Schumann sul testQ citato di Heine. Per non parlare dell’arte: basti citare Rembrandt con una cupa e tesa tela del 1635... Ben diversa è, invece, l’atmosfera della visione del Libro di Daniele che vogliamo evocare. Nel capitolo 7 entra in scena un misterioso e glorioso personaggio «simile a figlio di uomo»: a Dio affida un potere universale e indefettibile. In un quadro di luce e di fulgore questa figura si accosta «sulle nubi del cielo» al Vegliardo, simbolo di Dio, «che gli dà potere, gloria, regno; tutti i popoli, nazioni, lingue lo servono; il suo è un potere eterno, che non tramonta mai, e il suo regno è tale che non sarà mai distrutto» (7,13-14).
Queste righe verranno lette come una raffigurazione del Messia, visto ormai in una dimensione trascendente e non più terrena. E Cristo, davanti al sommo sacerdote Caifa che lo sta processando, oserà applicare a sé quel testo facendo scattare l’accusa di bestemmia: «D’ora innanzi vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra di Dio e venire sulle nubi del cielo!» (Matteo 26,64)