Dio si manifesta negli eventi umani


Nella Messa della vigilia di Natale si legge uno dei brani considerati tra i più rilevanti a livello teologico dell’Antico Testamento. Latroviamo nel capitolo 7 del secondo Libro di Samuele. Si tratta di un oracolo pronunziato dal profeta Natan, la cui vita intersecherà quella del re Davide in alcuni momenti decisivi della sua vicenda personale e pubblica. Al desiderio del sovranodi erigere un tempio nella capitale appena costituita, Gerusalemme, così da avere come cittadino del suo regno anche il Signore, Natan, dopo una personale adesione al progetto, è costretto a opporre un’inattesa scelta divina.Infatti il Signore, che era stato nomade con Israele pellegrino nel deserto, tisiedendo nella tenda santa che migrava di tappa in tappa con le altre tende del popolo, decide ora di rendersi presente nella casa di Davide, cioè nella sua discendenza dinastica fatta di eventi e persone.

Il Signore, più che essere inquadrato nello spazio sacro della “casa” materiale del tempio, preferisce essere presente nella casa che egli eleverà a Davide, cioè nel suo casato: «Te il Signore farà grande, poiché una casa farà a te il Signore» (7,11). In ebraico si gioca sull’ambivalenza della parola bajit, che significa sia “casa” sia “casato”.

La “casa” dinastica, allora, con la sequenza delle sue generazioni, delle sue vicende, delle sue date cronologiche, in altri termini, la storia umana è la sede privilegiata in cui Dio agisce e si rivela. È per questo che si parla perla Bibbia di rivelazione “storica” ed è per questo che Dio è “Emmanuele”, cioè “con noi”, camminando per le nostre strade e manifestandosi negli eventi umani non sempre gloriosi. Ma c’è qualcosa da sottolineare ulteriormente nell’oracolo del profeta Natan.

Dio annunzia una sua presenza speciale nella “casa” di Davide: all’interno di quel filo dinastico, spesso contorto e aggrovigliato, si distende la promessa di un “figlio di Davide” perfetto, che sarà presenza suprema di Dio e della sua parola nella storia. È quella che si chiamerà la speranza messianica: mashiah, “messia”, significa “consacrato” ed è un titolo regale. Il “figlio di Davide” perfetto sarà, perciò, il “Messia” per eccellenza. Tradotta in greco, questa parola, è christòs, una designazione che non ha bisogno di essere spiegata perché a Gesù di Nazaret essa è applicata dalla fede cristiana.

Ma ci sarà una differenza, il “Messia” ebraico rimane ancorato alla “casa” di Davide, sarà una creatura, sia pure di alta caratura spirituale, essendo il latore del messaggio ultimo di Dio e l’artefice del progetto divino di salvezza. Il “Cristo” del Nuovo Testamento, pur collegandosi alla “casa” di Davide e alla storia, è Figlio di Dio. Egli unisce in sé in forma piena umanità e divinità, presenza storica e manifestazione trascendente e sarà, così, il perfetto mediatore tra Dio e umanità. È per questo che l’antico oracolo di Natan risuona alle soglie del Natale con una tonalità medita: Dio in Gesù di Nazaret non ha solo un suo alto rappresentante né il Profeta per eccellenza, ma ha la sua stessa natura, quella divina.