I PASTORI, I PRIMI NEL REGNO DI DIO


Tra i personaggi che s'affollano attorno alla nascita di Cristo vorremmo far emergere un proffio collettivo, quello dei pastori, destinatari anch'essi - come Maria, Giuseppe e Zaccaria - di una "annunciazione" angelica, questa volta però ambientata sullo sfondo di una notte. È Luca nel capitolo 2 del suo Vangelo a farli entrare in scena, descrivendo una vicenda che ha conquistato la storia dell'arte, a partire dalle miniature passando attraverso le varie Adorazioni dei pastori; come quella del Giorgione (1504 Ca.) alla National Gallery di Washington oppure la tela di EI Greco (1596-1600) al Museo nazionale rumeno di Bucarest.

È curioso notare che l'avvio delle parole dell'angelo, a loro indirizzate, sono diventate, nella versione latina, la frase della proclamazione pubblica dell'elezione di un nuovo Papa: Nuntio vobis gaudium magnum, "Vi annunzio una grande gioia" (Luca 2,10), anche se san Girolamo, l'antico traduttore in latino della Bibbia, aveva tradotto: Evangelizo vobisgaudium magnum.
Ora, bisogna segnalare che in uno dei trattati del Talmud (Sanhedrin 25b), la vasta raccolta delle antiche tradizioni giudaiche, si legge che i pastori non potevano testimoniare in sede processuale perché considerati impuri, a causa della loro convivenza con animali, e disonesti, a causa delle frequenti violazioni dei confini territoriali e di qualche abuso nei confronti delle coltivazioni altrui. Il loro statuto civile era, quindi, posto in basso nella scala sociale e le loro condizioni di vita erano meno idilliache di quanto ci abbiano abituato a pensare poeti come Virgilio o Teocrito.

La tradizione cristiana ha collocato l'accampamento dei pastori del Natale di Gesù nell'attuale villaggio arabo di Bet-Sahur, a tre chilometri da Betlemme, in una località detta "Campo dei pastori", occupata nel IV-V secolo da un monastero bizantino, eretto su grotte usate dai pastori per le loro veglie notturne. Ora là si erge una chiesa inaugurata nel 1953, che cerca nella sua struttura di imitare la tenda beduina e la cui cupola lascia filtrare la luce quasi in un gioco di stelle.

Nell"annunciazione" a loro destinata si leva la voce di un coro angelico che intona le prime battute di quel Gloria in excelsis che sarà poi espanso dalla tradizione cristiana in un solenne inno di lode, cantato nei secoli durante la Messa e accompagnato da mille e mille melodie diverse. È noto che il senso più genuino della frase riferita da Luca in greco (2,14) è: "Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini (oggetto) della buona volontà (di Dio)", quindi: "pace in terra agli uomini che Dio ama".

Ora, alle soglie della passione saranno i discepoli di Gesù a rispondere agli angeli, cantando: "Pace in cielo e gloria nel più alto del cielo!" (Luca 19,38). Sta di fatto, comunque, che la famiglia di Betlemme è circondata innanzitutto proprio dai pastori, i rifiutati dal Sinedrio, gli ultimi che in tal modo diventano i primi nel Regno di Dio, anticipando quel detto caro a Gesù: "I primi saranno gli ultimi e gli ultimi i primi".