GIOVANNI BATTISTA, IL TESTIMONE


Era l'anno 28 d.C. e da 15 anni Tiberio sedeva sul trono imperiale romano. Stando all'evangelista Luca (3,2), fu in quel tempo che si levò, forte e chiara, la voce di Giovanni il Battezzatore o Battista nelle steppe del deserto di Giuda, lungo il corso del Giordano. Ed è proprio dalla scena del battesimo di Gesù che noi ora facciamo emergere questa figura profetica che era già entrata in scena nel Vangelo di Luca alla sua stessa origine, attraverso l'annunzio della sua nascita fatto all'incredulo suo padre, l'anziano sacerdote Zaccaria, da parte dell'angelo Gabriele durante un rito vespertino nel tempio di Genisalemme.

Con qualche semplificazione possiamo dire che gli evangelisti ci presentano Giovanni secondo due profili antitetici. Da un lato, c'è la celebrazione gloriosa della sua missione che toccherà il suo apice nel martirio, immerso nell'atmosfera torbida di un'orgia di palazzo (Marco 6,17-29).
C'è, poi, la scena che la liturgia odierna ci propone col Battista, il quale presenta al mondo Cristo e c'è quel panegirico che lo stesso Gesù dedicherà al suo "precursore" in Matteo 11,7-15 e che ha il suo vertice in una battuta esaltante: "In verità vi dico: tra i nati di donna non è sorto uno più grande di Giovanni il Battista".

D'altro lato, però, si nota nei Vangeli quasi una presa di distanza, anche perché alcuni discepoli del Battista non si rassegnavano ad abbandonare il maestro per passare a quel Gesù nei cui confronti Giovanni si era dichiarato indegno persino di slacciargli i sandali. Anzi, si erano progressivamente costituiti in una comunità autonoma con proprie preghiere (Luca 11,1) e riti (Marco 2, 18) e con contatti formali ma distaccati con Cristo (Matteo 11,2-6).

È per questo che l'evangelista Giovanni ribadisce che il Battista "non era la luce, ma doveva rendere testimonianza alla luce" (1,8).
Anzi, ricorrendo al simbolismo nuziale e alla funzione giuridica dell'"amico dello sposo", ossia il mediatore tra le due famiglie nella stipula del matrinionio ebraico, il quarto evangelista metterà in bocca al precursore questa confessione: «Non sono io il Cristo (Messia), ma io sono stato mandato innanzi a lui. Chi possiede la sposa è lo sposo; l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere, io invece diminuire» (3,28-30).

Effettivamente il Battista è l'ultimo profeta anticotestamentario (Luca 16,16), aureolato certo di gloria (con Maria, è l'unico santo ad essere festeggiato nel calendario liturgico, non solo nella morte, ma anche nella nascita), però egli è soltanto un indice puntato verso Cristo, il vero centro della storia della salvezza. Per questo, nello splendido polittico dell'altare di Isenheim, conservato nel museo della cittadina alsaziana di Colmar, il pittore Matthias Grunewald - che ha dipinto l'opera tra il 1512 e il 1516- ha raffigurato ai piedi del Crocifisso il Battista con un poderoso indice puntato verso Cristo, l'unico che "deve crescere" nella fede e nell'adorazione dei discepoli.