ZEBEDEO, IL PADRE DI DUE APOSTOLI


Gesù stava camminando sul litorale del "mare di Galilea", locuzione topografica semitica per indicare quello che noi chiamiamo "lago di Tiberiade", uno specchio d'acqua a forma di arpa, da cui forse deriva l'altra designazione ebraica, Kinneret ("arpa" in ebraico è kinnòt). Lungo 20 chilometri, largo 12, profondo fino a 50 metri, questo lago si trova in una specie di fossa, a 210 metri sotto il livello del mare. Cristo incrocia alcuni pescatori che stanno gettando le reti oppure riassettandole: sono due coppie di fratelli, Pietro e Andrea, e Giacomo e Giovanni.

Con questi ultimi due a sistemare le reti c'è anche il loro padre, Zebedeo, ed è proprio su di lui che vorremmo fermarci, dato che lo incontriamo nel brano evangelico proposto in questa domenica (Matteo 4,21-22). La sua è una presenza discreta, in pratica è affidata quasi solo al fatto che egli è il genitore di due discepoli che avranno, dopo Pietro, una certa posizione di prestigio nella narrazione evangelica. Nei momenti più intimi Gesù sceglie, infatti, Pietro, Giacomo e Giovanni come testimoni esclusivi: tanto per fare un esempio, pensiamo alla scena della Trasfigurazione "sopra un alto monte, in un luogo appartato, loro soli" (Marco 9,2).

Nell'evocazione dell'episodio del lago di Tiberiade fatta da Marco c'è una piccola notazione in più, assente in Matteo, destinata forse a illustrare anche la posizione sociale di Zebedeo: Giacomo e Giovanni "lasciano il loro padre Zebedeo sulla barca con i garzoni" (Marco 1,20).

La presenza di questi dipendenti fa ipotizzare quasi una piccola impresa e quindi un certo benessere economico. Si spiega forse così l'illusione cullata dalla moglie di Zebedeo nei confronti del futuro dei suoi figli. Essa, infatti, un giorno si era presentata a Gesù per "raccomandare" i due figli: quando egli da re-Messia inaugurerà il suo regno, non sarebbe possibile immaginare per loro una collocazione "ministeriale" di rilievo, considerata anche l'attenzione riservata ad essi dallo stesso Gesù? Ecco la scena così come ce la racconta Matteo: "Si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: Che cosa vuoi? Gli rispose: Di' che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno!" (20,20-21). Sappiamo la risposta di Cristo che parlerà di "un calice da bere", ossia di un destino amaro da superare e che ribalterà i sogni di quella madre: "I capi delle nazioni dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo" (20,25-27).

Una lezione che la moglie di Zebedeo imparerà, se è vero che la ritroviamo nei pressi della croce di Cristo, fedele a lui anche in quel momento terribile, segno di un apparente fallimento. Nota, infatti, Matteo: tra le donne che avevano seguito Gesù per servirlo, sul Golgota "c'erano Maria di Magdala, Maria, madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo"
(27,56).