DAVIDE, L'ULTIMO DEI FIGLI DI lESSE


Sulla strada che conduceva a Betlemme, un villaggio a pochi chilometri da Gerusalemme, avanzava un uomo dal portamento solenne. Il suo nome era Samuele, la sua figura di profeta dominava in Israele al punto tale che lo stesso re, Saul, lo temeva perché le sue parole erano potenti e intense, segnate dal sigillo divino, anche se scomode e persino provocatorie. Egli in quel giorno puntava verso la casa di un ricco pastore di quella cittadina. Il suo nome in ebraico era Jishaz, ma nella tradizione sarebbe divenuto noto come lesse.

Che fosse benestante appare dal fatto che egli poteva inviare - come si dice nel racconto biblico del primo Libro di Samuele - tranquillamente un figlio al re con doni, certo di essere accolto (16,20), e, stando all'originale ebraico, egli veniva definito come "un anziano" (17,12), che apparteneva agli "uomini di rango".

Iesse, dunque, era un'autorità locale, uno degli "anziani", ossia uno degli ainministratori del villaggio. Ma ritorniamo alla scena che è tratteggiata nella prima lettura della liturgia di questa domenica.

Iesse rimane sbalordito di fronte alle intenzioni di Samuele: il profeta, infatti, reca in mano un corno pieno di olio sacro, quello destinato alle unzioni regali e sacerdotali. Senza esitazione comunica a quel capofamiglia attonito che egli èstato inviato da Dio a consacrare il successore del re Saul, un sovrano ormai ripudiato dal Signore. Superato l'imbarazzo, lesse fa sfilare sette dei suoi otto figli davanti a Samuele, nella trepida attesa della selezione di uno di essi. Erano tutti ottimi giovani, robusti e ben piantati, sani e lavoratori.

Eppure nessuno di loro attira l'attenzione del profeta perché egli segue una delle strane leggi divine, quella di scegliere ciò che il mondo scarta: "Io - dice il Signore - non guardo ciò che guarda l'uomo. L'uomo guarda l'apparenza, il Signore guarda il cuore" (16, 7). Alla fine, lesse si ricorda di avere ancora un lìglio, ma è un ragazzino. Certo, è delizioso, "fulvo, con begli occhi e gentile d'aspetto" (16,12); però è un pastorello insignificante e fragile, che al massimo sa tirare sassi con la sua fonda per costringere qualche pecora riottosa a rientrare nel gregge.

Eppure, ecco la sorpresa: Samnuele sente che la scelta divina è caduta su quel giovinetto, "prende il como d'olio e lo consacra con l'unzione" (16,13). Comincia per quel ragazzo, il cui nome è Davide, un'avventura straordinaria che lo condurrà sul trono di Giuda, in mezzo a vicende tormentate e clamorose. E il nome di suo padre Tesse rimarrà nella storia dell'umanità, cantato da profeti, evangelisti e apostoli. Isaia lo comparerà a un tronco arido sul quale spunta un germoglio pieno di vita perché è proprio nella linea della discendenza di Tesse che nascerà il Messia (11,1).

È per questo che Tesse farà capolimio nella genealogia di Gesù Cristo (Matteo I, 5-6; Luca 3,32) e sarà rievocato da san Paolo che, parlando nella sinagoga di una città dell'attuale Turchia, Antiochia di Pisidia, ricorderà proprio il padre di Davide per celebrare il suo discendente più alto, Gesù di Nazaret, il "figlio di Davide" per eccellenza (Atti 13,22).