LAZZARO DI BETANIA, L'AMICO DI GESÙ


È un sobborgo di Gerusalemme: il suo nome ebraico è Betania, ossia "casa di Anania", quello arabo è El-'Azariya, "il paese di Lazzaro", dal nome del protagonista della celebre pagina giovannea proposta dalla liturgia di questa quinta domenica di Quaresima. Posta sulle pendici orientali del monte degli Ulivi, la località conserva ancor oggi la memoria del passaggio di Gesù che, quando veniva nella città santa, aveva come punto d'appoggio e di ospitalità la casa di questi tre amici, Lazzaro e le due sorelle Marta e Maria. Infatti alle chiese precedenti, costantiniana, bizantina e crociata, è stato sovrimposto dal 1954 un nuovo edificio sacro chiamato "la chiesa dell'amicizia".

Ma, nei suoi pressi, un'antica tradizione fin dal IV secolo ha identificato una tomba, a cui si accede attraverso una scalinata discendente, e l'ha considerata come quella di Lazzaro, colui che era stato richiamato alla vita attraverso l'imperativo potente e divino dell'amico Gesù di Nazaret: "Lazzaro, vieni fuori!". Il suo nome altro non era che la variante grecizzata dell'ebraico Eleazaro, un nome portato da ben sette personaggi biblici e il cui significato è "Dio ha aiutato". È curioso notare che, nelle parabole narrate da Gesù, l'unica figura che sia contrassegnata da un nome proprio è il povero della parabola del ricco epulone, presente nel Vangelo di Luca (16,19-31), chiamato appunto Lazzaro.

Anch'egli, tra l'altro, muore ed entra nella gloria di Dio. Il Lazzaro storico ritorna, invece, sulla scena di questo mondo e, per questa via, attesta la sua realtà di "segno", come dice Giovanni, ossia di rappresentazione della morte e risurrezione di Cristo.

Quest'ultima, però, avrà un significato più alto e radicale perché opererà la trasformazione della realtà umana,

chiarnandola a essere partecipe della stessa vita divina. Questo è il destino che attenderà anche Lazzaro dopo la sua seconda morte (della quale il Nuovo Testamento non dice nulla) e che attende tutti noi.

Questo amico di Gesù entra ancora in scena poco dopo nel racconto giovanneo (12,1-10), in occasione del gesto compiuto dalla sorella Maria che cosparge d'olio di nardo, un prezioso profumo, i piedi di Gesù, ripetendo un atto che un'altra donna aveva eseguito nei confronti di Cristo. La protagonista di questo altro evento era, però, una peccatrice e Luca ci narra l'episodio ambientandolo nella casa di un fariseo (7,36-50).

A Betania Gesù si era di nuovo recato sei giorni prima dell'ultima sua pasqua ed era stato circondato da una folla, "accorsa non solo per Gesù ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I sommi sacerdoti allora deliberarono di uccidere anche Lazzaro" (Cv 12,9-10). È questa l'ultima menzione dell'amico di Cristo: non sappiamo, però, se questo progetto criminale sia andato in porto. La tradizione, che ha amato la figura di Lazzaro come attesta la stessa storia dell'arte (anche Luigi Pirandello ha intitolato a lui un suo dramma), l'ha invece fatto approdare in Francia ove, secondo la celebre Legenda aurea di Jacopo da Varazze (XIfl secolo), sarebbe divenuto il primo vescovo di Marsiglia.