TEOFILO, "STIMATISSIMO" DA SAN LUCA


"Nel mio primo libro, o Teofilo, ho già trattato di tutto quello che Gesù fece e insegnò...".

È questa la riga iniziale del secondo libro scritto da Luca, gli Atti degli Apostoli. Un avvio che introduce un destinatario che già aveva fatto capolino nel prologo del primo scritto lucano, il Vangelo, ove si legge questa frase: "...ho deciso anch'io di fare ricerche accurate su ogni circostanza fin dagli inizi [della vita di Gesù] e di scriverne per te un resoconto ordinato, illustre Teofilo" (Luca 1,3).

Ebbene, chi era questo Teofilo, unico destinatario dei due scritti lucani? L'evangelista, con le due dediche di per sé, imita una prassi diffusa tra gli autori ellenistici, quella di intitolare le loro opere a mecenati, benefattori, sostenitori o amici. Ora, il nome Teofilo, che in greco significa "colui che ama Dio" o "amico di Dio", a partire dal III secolo a.C. era diffuso tri i pagani, ma - proprio per il valore della sua etimologia - era stato adottato anche dagli ebrei. Quindi non siamo in grado di definire le origini di questo personaggio che si era convertito al cristianesimo e che Luca voleva condurre verso una conoscenza più solida e compiuta, sia della storia e del messaggio di Cristo sia delle vicende della Chiesa.

Tuttavia un segnale per indicare il rilievo di Teofilo c'è ed è nell'appellativo con cui Luca gli si rivolge, in greco kràtiste, che per certi versi potrebbe essere simile al nostro "eccellenza". Il titolo in latino avcva come equivalente la forma clarissimus o vir egreggius, in pratica "illustrissimo, egregio", ed era riservato ai membri dell'ordine senatoriale ed equestre. Teofilo, peni ò, poteva essere un ufficiale governativo di alto rango ma, di per sé, il termine - come accade anche a noi per alcuni titoli usati in ambito epistolare - poteva essere applicato pure a un benefattore, a un patrono, a una persona particolarniente degna di stima.

Forse è quest'ultimo il significato da attribuire a quell'appellativo, anche se nel cristianesimo delle origini cominciavano a segnalarsi conversioni di personaggi di un certo rilievo, conie quell'Erasto che era assessore alle finanze di Corinto (Romani 16,24). Certo è che attorno al 200 Tertulliano menziona il fatto del passaggio al cristianesimo di varie figure di rilievo nel campo della politica e della cultura (Apologeticum 37,4). Teofilo rimane, comunque, una presenza storica significativa nei primi passi della diffusione del cristianesimo.

Questo lo diciamo contro una libera interpretazione di alcuni Padri della Chiesa che, a partire da Origene, si basavano sul valore etimologico del nome Teofilo, "amico di Dio", per immaginare che egli fosse un simbolo per indicare tutti i destinatari del Vangelo di Cristo, "amati da Dio" (Romani 1,7). Né tanto meno si deve pensare a uno pseudonimo di qualche cristiano segreto presente nella casa imperiale romaria. Teofilo è una figura storica concreta, a noi ignota, cara però a Luca: la dedica a lui
- come ha osservato uno studioso, Wolfgang Pòhlmann -"non trasforma l'opera lucana in uno scritto privato, ma sottolinea l'aspirazione dell'autore a presentare l'annunzio apostolico nel suo significato universale".