ABIGAIL L’ASTUTA CONQUISTA DAVIDE


Al centro del Vangelo di questa domenica ci sono quei pani moltiplicati, divenuti segno della nuova mensa messianica e rimando simbolico al banchetto eucaristico. Prendendo spunto da questo elemento capitale della vita quotidiana — nel linguaggio biblico “pane” diventa semplicemente sinonimo di “cibo” — abbiamo scovato una figura minore dell’Antico Testamento, una donna, moglie di un ricco proprietario terriero dal nome un po’ sconcertante, Nabal, “stolto” (nome che confermerà col suo comportamento). Costei si chiama Abigail ed è bellissima e intelligente.

La sua vita s’incrocia casualmente con quella di Davide che allora è una sorta di capo-partigiano, errabondo nel deserto, pronto a imporsi con la sua abilità e, se necessario, con la forza del suo gruppo di seguaci che con lui fuggono dall’esercito del re Saul. Il rozzo Nabal non vuole piegarsi alla richiesta di sostegno avanzata da Davide (una sorta di contributo forzato), senza capire che questo potrebbe voler dire la sua fine. Abigail, allora, forse anche sottilmente attratta da quel guerrigliero affascinante, decide invece di prendere in mano la situazione e di trattare con Davide all’insaputa del marito.

È a questo punto che entra in scena il pane che Nabal aveva rifiutato di concedere a Davide: «Devo prendere il pane, l’acqua e la carne che ho preparato per i miei tosatori e darli a gente che non so da dove venga?» (v. Il; si legga tutto il racconto nel capitolo 25 del primo libro di Samuele). Abigail, invece, «prese in fretta 200 pani, 2 otri di vino, 5 arieti macellati, 5 misure di grano tostato, 100 grappoli di uva passa e 200 schiacciate di fichi secchi» (v. 18) e, con umiltà, si presenta davanti a Davide chiedendo compassione per suo marito, «perché egli è come il suo nome: stolto si chiama e stoltezza è in lui» (v. 25). La sua è una perorazione molto elegante, pronta a ricorrere a tutte le risorse della retorica, della lusinga, dell’ammiccamento, e Davide ne resta del tutto conquistato.

Abigail ritorna a casa ove il marito sta celebrando il grande banchetto che si era soliti consumare a suggello della tosatura delle pecore. Era già ubriaco fradicio e la moglie lascia che si addormenti. «Il mattino dopo, quando Nabal ebbe smaltito il vino, Abigail gli narrò la faccenda: il cuore gli si tramor tì nel petto ed egli rimase come una pietra. Dieci giorni dopo, il Signore colpì Nabal ed egli morì»( vv.37 - 38).

Un colpo apoplettico s’era, dunque, portato via il marito e allora Abigail si presenta a Davide per essere sua compagna: il futuro re di Giuda aveva già sposato e s’era separato da Mikal, figlia di Saul, e aveva un’altra moglie, Achinoam. Ma, secondo le regole della poligamia (soprattutto del capo-dan), Davide non esita a sposare Abigail, che da allora è al suo fianco, anche quando egli dovrà riparare nel territorio nemico dei filistei (1 Samuele 27,3). Anzi, quando le due donne verranno rapite durante una razzia della tribù degli Amaleciti, Davide non esiterà a compiere una spedizione punitiva per liberarle (1 Sarnuele 30). Abigail darà un figlio a Davide ormai re: il suo nome sarà Kileàb.