La "Vocazione"

Il Signore chiamò «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perchè il tuo servo ti ascolta!»



La “vocazione” è un termine modulato sul verbo latino vocare, “chiamare”, ed è stato adottato per indicare l’esperienza di una missione, soprattutto religiosa.

Nella Bibbia sono molteplici i racconti di vocazione e denotano la diversità delle fisionomie umane delle varie figure destinatarie dell’appello divino. Ciò che è comune è il primato della parola di Dio che interpella la persona: anzi, per Geremia e Paolo si è già chiamati da Dio fin dal grembo materno. Persino chi è distratto o lontano da Dio può essere coinvolto dal suo passaggio e dalla sua voce, come ricorda Paolo sulla base della sua esperienza, citando una frase del profeta Isaia: «Io mi sono fatto trovare anche da quelli che non mi cercavano, mi sono manifestato anche a quelli che non si rivolge- vano a me» (Romani 10,20).

Dicevamo di forme diverse di vocazione. Così eè quella di Abramo che è immediata, modulata su un comando divino e sulla relativa esecuzione: «Esci dal tuo paese...! Abramo partì, come gli aveva ordinato il Signore» (Genesi 12,1.4). Così accadrà pure ai discepoli di Gesù sulle rive del lago di Galilea.

Diversa è la storia della vocazione di Mosè e di Geremia, che avanzano invece riserve sulla loro idoneità, opponendo la loro incapacità a parlare in pubblico, mentre il profeta Samuele scambia la chiamata del Signore con quella del suo maestro, il sacerdote Eh, e solo alla fine riesce a capire di chi sia quella voce notturna misteriosa (1 Samuele 3).

A Isaia, nella solenne cornice di una liturgia nel tempio, sembra di essere ammesso alla corte celeste ed egli risponde a un appello ufficiale divino con una scelta libera e decisa: «Udii la voce del Signore che diceva: Chi manderò e chi andrà per noi? Risposi: Eccomi, manda me!» (6,8). E il contenuto di quella missione — come accadrà anche a Ezechiele — sarà duro e impegnativo. I Dodici sono chiamati da Gesù con uno scopo ben preciso: «Chiamò a sé quelli che egli volle, ed essi andarono da lui; ne costituì Dodici che stessero con lui e anche per mandarli a predicare e perché avessero il potere di scacciare i demoni» (Marco 3,13-15). Anche gli altri discepoli ricevono una vocazione missionaria propria (si legga Marco 6,7-13).

Se è vero — come dicevamo — che il primato nella vocazione è di Dio («chiamò a sé quelli che egli volle»), è altrettanto vero che Dio non cancella la libertà della risposta umana. «Molti sono i chiamati, pochi gli eletti», dirà Gesù (Matteo 22,14). C’è, quindi, anche la possibilità del rifiuto, come accade al giovane ricco che se ne ritorna triste a custodire i suoi molti beni, non potendo di- staccarsi da essi. Perché il distacco è l’atto più arduo della vocazione: «Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi sé stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà» (Matteo 16,24-25).



LE PAROLE PER CAPIRE

ARCA DELL’ALLEANZA - Era il santuario mobile di Israele pellegrino nel deserto verso la terra promessa, fatto di una cassa di legno d’acacia rivestita d’oro. Sul coperchio una lastra d’oro, il kapporet, considerato lo “sgabello dei piedi del Signore” che scendeva dal delo per incontrare il suo popolo. All’interno dell’arca erano custodite le due tavole di pietra di Mosè e, secondo la Lettera agli Ebrei (9,4), un vasetto di manna e la verga di Aronne.

RABBI - È il vocabolo ebraico (in aramaico rabbunì) da cui deriva il termine “rabbino”. Letteralmente significa “mio maestro”, titolo onorifico degli scribi, studiosi della Legge biblica.