IL “DIGIUNO”

Verranno i giorni in cui sarà tolto lo sposo e allora digiuneranno. (Marco 2,20)



L' astinenza dal cibo per finalità rituali — siamo, quindi, lontani dalla moderna prassi delle diete — è un fenomeno costante in tutte le religioni. Basti solo citare la Quaresima tradizionale cristiana oppure il digiuno del mese di Ramadan, una delle cinque colonne sulle quali si regge la fede musulmana. Le motivazioni possono essere diverse.

Quella ascetica, che prenderà corpo nell’uso tradizionale cristiano, è secondaria nel digiuno biblico, che è prima di tutto espressione di dolore e lutto: c’è al riguardo una lunga lista di testi che segnalano l’intreccio tra abbandono del cibo e cordoglio (non si deve, però, dimenticare che esisteva anche un cibo di lutto, legato al rituale funebre).

Un’altra motivazione, che può accostarsi all’ascesi, anche se non identificabile con essa, è quella penitenziale: pensiamo al digiuno del giorno del Kippùr, la solennità dell’Espiazione, una pratica ancor oggi molto cara al mondo ebraico. Con quel gesto si vuole marcare la gravità del peccato e si cerca di implorare il perdono delle colpe, attraverso una sorta di atto di contrizione fisico-esistenziale. È, però, la profezia che si preoccupa di imprimere al digiuno un profilo più vitale e meno rituale, trasformandolo in un impegno di carità verso il prossimo, attuato proprio attraverso quanto non si consuma.

Emblematica è una pagina di Isaia in cui il Signore dichiara: «Questo è il digiuno che io voglio: sciogliere le catene inique, togliere i legami del giogo, rimandare liberi gli oppressi e spezzare ogni giogo. Il digiuno consiste nel dividere il pane con l’affamato, nell’introdurre in casa i miseri, i senza tetto, nel vestire chi vedi nudo, nel non distogliere gli occhi da quelli della tua carne» (58,6-7). Paradossalmente il digiuno autentico e non meramente rituale dovrebbe condurci a saziare chi è digiuno per forza, a causa della povertà.

Anche Cristo è piuttosto restio nell’esaltare il digiuno come osservanza sacrale, peraltro molto cara al giudaismo.

Nel Discorso della montagna egli ammonisce: «Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano... Tu, invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il viso, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto...» (Matteo 6,16-17). È per questo che Gesù non impone il digiuno come uno dei vertici della sua spiritualità, a differenza dei farisei e dei discepoli di Giovanni Battista: «Possono forse digiunare gli invitati alle nozze quando lo sposo è con loro? Finché hanno lo sposo con loro, non possono digiunare» (Marco 2,19). Il cristianesimo non è una religione dell’ascetismo esagerato, dello scrupolo maniacale, dell’esteriontà penitenziale. È, innanzitutto, fede nel Dio della salvezza, dell’amore e della gioia. Tuttavia c’è anche il tempo del digiuno: «Verranno i giorni in cui sarà tolto lo sposo e allora digiuneranno». E Gesù stesso, prima di iniziare la sua missione, era ritirato nel deserto per un lungo digiuno di cibo e parole, seguendo l’esempio di Mosè.



LE PAROLE PER CAPIRE

PROSTITUZIONE - Nella Bibbia, accanto al significato comune del termine, se ne registra un altro di indole religiosa. Si tratta dell’infedeltà a Dio e alla sua legge attraverso l’idolatria dei Cananei, gli indigeni della Terra santa. Essa comprendeva anche rapporti sessuali con le sacerdotesse per ottenere la fecondità, dono divino. La Bibbia le chiamava “prostitute” sacre.

NOZZE - Il matrimonio in Israele comprendeva più fasi: la prima era il fidanzamento con la definizione della dote e del patto nuziale; la seconda consisteva nelle nozze vere e proprie. Il matrimonio nella Bibbia diventa un simbolo per definire la qualità intima d’amore che anima l’alleanza tra il Signore e Israele (vedi Osea, capitoli 1-3).