IL “DECALOGO”

Io sono il Signore, tuo Dio... Non avrai altri dèi di fronte a me! (Esodo 20,2-3)



"Decalogo” è il termine greco usato per definire quelle “dieci parole” fondamentali che reggono la morale biblica, ma che hanno in filigrana anche i valori etici generali e naturali. Certo, il fatto che queste “parole” siano Parola di Dio che è comunicata dalla vetta del Sinai, il monte dell’alleanza tra il Signore e Israele, imprime al Decalogo una radicale qualità religiosa, attestata soprattutto dal primo comandamento che ha ben tre formulazioni: teologica («Non avrai altri dèi...»), pastorale («Non ti farai idolo né immagine alcuna...») e liturgica («Non ti prostrerai davanti a loro nè li servirai»).

La sequenza dei precetti è affidata a imperativi netti e negativi del tipo:
«Non fare!». In realtà, questo è un modo per esaltare anche il contenuto positivo che essi posseggono, così da non rendere la morale biblica solo un’etica del proibito. Potremmo commentare il primo comandamento, cardine di tutti gli altri, con le parole dello Shema’ l’”Ascolta!”, la professione di fede cara a ogni ebreo: «Ascolta, Israele! Il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno solo! Amerai il Signore tuo Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima e con tutte le forze» (Deuteronomio 6,4-5).
Il secondo comandamento — «Non pronunciare invano il nome del Signore tuo Dio» —‘ più che la bestemmia, quasi inconcepibile nell’antichità nella forma volgare praticata presso di noi, condanna l’idolatria, essendo l’idolo una cosa “vana”. Si rigetta, così, ogni degenerazione religiosa. Il sabato, terzo comandamento, è l’oasi spirituale del culto, incastonata nel tempo feriale: attraverso essa si entra nel “riposo” divino, l’eternità, e si scopre l’armonia con la creazione e si esalta la libertà. Il quarto comandamento è il cardine della vita sociale, tant’è vero che è seguito da una benedizione: nel padre e nella madre, che sono l’asse della famiglia, si riassumono tutte le relazioni sociali.

Il «non uccidere» del quinto comandamento celebra in positivo il diritto alla vita. Certo, nell’Antico Testamento esistevano eccezioni sancite dalla legge del taglione o dall’”anatema”, la strage sacra, o dalla pena capitale. Sarà Cristo che ricondurrà il precetto alla sua radicalità autentica (vedi Matteo 5,21-22). Il «non commettere adulterio» — sesto comanda- mento — esalta il diritto al matrimonio e propone un uso umano e corretto della sessualità. Il settimo comandamento, prima ancora che la tutela della proprietà, ha di mira la libertà personale (il «non rubare» vuole, infatti, colpire le razzie coi relativi sequestri di persona).
La verità, soprattutto in ambito processuale, decisiva in una civiltà di tipo orale, è l’oggetto dell’ottavo comandamento che tutela il diritto all’onore contro ogni «falsa testimonianza» processuale. Il nono e il decimo comandamento puntano al diritto della proprietà familiare: tra i beni (casa, schiavi, bue, asino) è inserita anche la donna, considerata, in una società patriarcale e maschilista, un tesoro in quanto fattrice di figli e non un “tesoro” in senso affettivo.
È, questo, il segno dell’incarnazione della Parola di Dio che non deve farci dimenticare i valori sottesi a formulazioni che sono spesso contingenti e vincolate a epoche storiche determinate. Il Decalogo rimane, comunque, come diceva lo stesso Lutero, «lo specchio migliore in cui tu possa vedere ciò che ti manca e ciò che devi cercare».



LE PAROLE PER CAPIRE

CASA - Nel linguaggio biblico bajit, “casa”, non designa solo l’edificio materiale ma anche il “casato”, ossia le persone che in esso vivono. Per questo la promessa che Dio fa a Davide di erigergli una “casa” significa la scelta divina di essere presente nella dinastia davidica (il “casato”) fino all’apparire del Messia (2 Samuele 7). ‘Casa” per eccellenza è anche il tempio di Sion.

IMMAGINE - A differenza della nostra concezione, per un orientale l’immagine partecipa della realtà in modo efficace. Per questo non è lecito costruire un’immagine divina perché sarebbe un atto di magia, una sorta di possesso e di manipolazione di Dio (idolatria). L’unica immagine di Dio autentica è la creatura umana, voluta dallo stesso creatore (Genesi 1,26-27).