Il testo che illuminò Agostino

  
Dei molti che hanno letto le Confessioni di sant’Agostino forse pochi ricordano che il famoso Padre della Chiesa cambiò la sua vita proprio aprendo una pagina della lettera ai Romani, il capitolo 13: «“Non nelle crapule e nelle ebrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo e non assecondate la carne nelle sue concupiscenze!”. Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata la lettura di questa frase, una luce di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono» (Confessioni VIII, 12,29).
La pagina che trasformò Agostino è all’interno dell’ultima parte della lettera-capolavoro di Paolo, quella ai Romani, che ci ha accompagnato durante le puntate quaresimali della nostra rubrica. Quest’ultima sezione dello scritto paolino (dal capitolo 12 al 16) è di taglio più concreto, pastorale e morale, tant’è vero che si apre con l’appello a «offrire i vostri corpi come sacrificio vivo, santo, caro a Dio» (12,1).
Detto in altri termini, il vero culto che Dio gradisce è la vita umana con le sue opere d’amore e di giustizia, come già avevano insegnato i profeti e lo stesso Gesù.
Paolo in questi ultimi fogli dei suo scritto non esita anche ad affrontare una questione realistica com’è quella fiscale (13,1-7).
Senza riserve egli invita a essere «sottomessi alle autorità costituite»: non si dimentichi che allora a Roma era imperatore Nerone! Certo, il ragionamento che l’Apostolo sviluppa risente dei condizionamenti del suo tempo e della sua cultura.
Tuttavia egli è convinto che il rispetto dell’autorità civile e l’obbligo di pagare le tasse devono far parte della morale cristiana:
«Dovete pagare le tasse perché coloro che compiono questa funzione sono ministri di Dio» (13,6).
Paolo intende, da un lato, mostrare che i cristiani non sono un movimento politico eversivo; dall’altro egli si propone a certi gruppi cristiani esaltati che, ritenendosi già cittadini dei Regno dei cieli, rifiutavano ogni impegno all’interno della vita sociale e politica di questo mondo, decollando spiritualmente dalla realtà verso cieli mitici e mistici. L’Apostolo — sia pure secondo i termini di una società lontana dalla nostra — marca l’importanza della presenza dei cristiano nel mondo con la sua testimonianza di giustizia, di amore e di carità.
Lasciamo ora Paolo, dopo essere stati in sua compagnia per diverse settimane.
A chi ama la musica vorrei suggerire di rivivere la sua storia attraverso un mirabile oratorio di Felix Mendeissohn-Bartholdy, Paulus (op. 36), ideato a partire dal 1831 ed eseguito la prima volta a Düsseldorf il 22 maggio 1836 con ben 356 coristi e 160 strumentisti. La vicenda è divisa in due parti: nella prima un basso incarna Saulo l’ebreo, nella seconda un altro basso impersona Paolo l’Apostolo di Cristo. «Un’opera», diceva un altro grande musicista, Robert Schumann, «dell’arte più pura, un’opera di pace e di amore».