Oltre la giustizia umana.
  

Porgere l’altra guancia” è divenuta un’espressione comune, usata anche da chi non ha mai letto i Vangeli.
Essa, infatti, ha la sua origine in un paragrafo dei più celebre dei cinque discorsi che reggono — quasi come colonne — il Vangelo di Matteo, il cosiddetto “Discorso della montagna”, il primo, presente nei capitoli 5-7, un testo che abbiamo già avuto occasione di evocare. Si legge in Matteo 6,38-41: «Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio. Anzi, se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra. A chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due».
Alla base c’è, dunque, il superamento della pura giustizia distributiva incarnata dalla cosiddetta “legge del taglione”, che spesso è equivocata quasi fosse una norma della vendetta senza remore. In realtà essa aveva lo scopo di equilibrare secondo giustizia la regola del delitto e dei castigo proporzionato, regola espressa con la formula simbolica dell’”occhio per occhio, dente per dente” (Esodo 21,24).
Cristo ci invita ad andare oltre la pura e semplice giustizia, spingendoci verso la logica della non-violenza assoluta e del perdono.
Ecco, allora, ai simboli dell’occhio e del dente sostituirsi quelli dello schiaffo, della tunica e del miglio.
Il primo è il segno dell’attacco aggressivo, del manrovescio, che rende più violento l’insulto.
Il simbolo della tunica e del mantello appartiene alla prassi dell’antico Vicino Oriente: chi è spogliato della tunica è venduto come schiavo; ora, cedere il mantello è ancor più grave perché era la copertura per la notte, il letto portatile, tant’è vero che la Bibbia imponeva, nel caso di cessione in pegno di mantello, la restituzione a sera al suo proprietario per lasciarlo dormire (Esodo 22,25-26).
Infine il miglio da percorrere fa probabilmente riferimento alle forze d’occupazione romane che imponevano la requisizione di personale per trasferimenti di materiali per l’esercito o per funzionari (si ricordi l’episodio di Simone di Cirene, costretto a trasportare la croce di Gesù per un tratto di strada). Ebbene, questa nuova morale di Cristo è stata violentemente criticata dal filosofo tedesco Friedrich W. Nietzsche (1844-1900) che l’ha bollata come la morale dei deboli, come un’astuzia vile e ricattatoriaa di persone senza dignità ed energia. «È l’impotenza falsata realtà», scriveva nella Genealogia della morale, «è la timorosa abiezione mostrata come bontà, la sottomissione codarda come obbedienza, l’inoffensività dei debole chiamata pazienza..., il non potersi vendicare detto perdonare...».
Ben diverso sarà, invece, l’appassionato commento che Fedor Dostoevskj (1821-1881) farà a questa pagina evangelica attraverso la voce del monaco mistico e maestro (starec) Zosima nel romanzo I fratelli Karamazov, capovolgendo la visione di Nietzsche: «L’umanità piena d’amore è una forza temibile, che non ha eguali». E quanti tra i nostri lettori hanno in casa un’edizione italiana di quel romanzo leggano integralmente lo stupendo insegnamento dei monaco Zosima.