Isacco: il sorriso di Dio

  
C' è un’icona russa divenuta famosa anche in Occidente. A dipingerla è stato uno dei più alti autori di icone, Andrei Rubliov (1360 circa-1430), ed è nota come La Trinità.
Riprodotta infinite volte ed esaltata dallo stupendo film che il regista russo Andrej Tarkovskij ha dedicato al grande pittore, questa icona ha come punto di partenza una scena del libro della Genesi, il capitolo 18, riletto in chiave teologica cristiana.
In realtà la scena biblica ha un altro significato. In un mezzogiorno infuocato, Abramo vede profilarsi all'orizzonte sulla pista che conduce alla sua tenda sotto le querce di Mamre tre uomini misteriosi.
Accolti con la tipica e calorosa ospitalità orientale, i tre danno al patriarca un annunzio straordinario, rivelandosi in tal modo messaggeri divini: «Tra un anno Sara, tua moglie, avrà un figlio» (Genesi 18,10).
La moglie di Abramo è con l’orecchio incollato al telo divisorio della parte femminile della tenda e a quelle parole reagisce con un risolino scettico: «Sara rise dentro di sé: Sfiorita come sono, dovrei provare piacere con mio marito ormai vecchio?».
L’autore sacro maliziosamente nota che «Abramo e Sara erano vecchi e avanti negli anni e a Sara era cessato ciò che le donne sogliono avere regolarmente» (18,11). Un uomo vecchio e impotente, una donna ormai frigida e nel climaterio e la promessa di un parto felice: un’evidente assurdità che fa scattare l’ironia. Ma, all’improvviso, nel racconto i tre uomini lasciano spazio a quel Dio che dovevano rappresentare e che così attacca Sara:
«Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, pur essendo vecchia?
C’è forse qualcosa impossibile per il Signore?
Al tempo stabilito tornerò e a questa stessa data Sara avrà un figlio».
Imbarazzata e impaurita, la donna tenta un’improbabile difesa: «Non ho riso!».
Ma il Signore non ammette finzioni: «Sì, hai proprio riso!» (18,10-15).
Alla fine la vicenda avrà l'esito indicato da Dio e curiosamente sarà ancora una volta sul riso.
Infatti, al riso scettico di Sara si opporrà il riso efficace e creatore di Dio:
«Abramo chiamò Isacco il figlio che era nato... E Sara disse: Motivo di riso gioioso mi ha dato Dio: chiunque lo verrà a sapere riderà di me» (21,3.6).
Con queste parole l’autore sacro propone la spiegazione del nome Isacco che significa “II Signore ha riso”.
A risuonare per ultimo è, dunque, il riso allegro del bambino che è incarnato nel suo nome e che è lo stesso riso di Dio che spazza via dubbi e perplessità.
Proprio su questa base un teologo, Werner Thiede, ha voluto intitolare un suo libro sull’”umorismo e la teologia” L’ilarità promessa (ed. San Paolo). La fede è, perciò, simile a un riso a due volti. C’è il tempo in cui si ride disperando e ironizzando su Dio e sulla sua opera. E c’è il tempo del riso festoso per la promessa divina adempiuta, nonostante il dubbio sarcastico dell’uomo.