La Sapienza nascosta Nelle Leggi dell'Universo

  
È la terza volta di seguito che ritorniamo sul Libro della Sapienza, un’opera biblica sorta alla vigilia dell’era cristiana, forse ad Alessandria d’Egitto. A più riprese abbiamo parlato del dialogo interculturale e interreligioso che questo sapiente ebreo ha voluto intrecciare con la cultura greca. Egli aveva voluto evitare lo scoglio del fondamentalismo integralistico, cioè dell’arroganza di chi non ascolta gli altri e le loro ragioni, di chi non sa scoprire la verità che Dio semina in tutti i cuori e in tutte le menti. Ma aveva voluto fuggire anche allo scoglio opposto del sincretismo che tutto miscela in una confusa melassa di verità e falsità, indifferente alla verifica e alla scelta.
Un esempio del dialogo e dell’apertura di questo autore biblico è rintracciabile in un autoritratto che egli mette in bocca a Salomone, il celebre re ebraico considerato il padre della sapienza d’Israele. Nel primo Libro dei Re, infatti, si affermava che la sua «sapienza e intelligenza era sterminata come la sabbia che è sulla spiaggia del mare... Egli pronunziò 3.000 proverbi, 1.005 furono i suoi carmi; dissertò di botanica, dal cedro del Libano fino all’issopo che sbuca dai muri, e di zoologia, dai quadrupedi agli uccelli, dai rettili ai pesci» (1 Re 5,9-14). Ma ascoltiamo le parole di Salomone ‘greco” della Sapienza.
«Dio mi ha concesso la conoscenza infallibile della realtà, la comprensione della struttura cosmica e della dinamica degli elementi, il principio, la fine e il mezzo dei tempi, l’alternanza dei solstizi e la sequenza delle stagioni, i cicli annuali, le meccaniche celesti, la natura animale, l’istinto delle belve, i poteri d’influsso degli spiriti e il raziocinio umano, la classificazione delle piante e le proprietà delle radici. Quello che è celato e quello che è palese io so» (Sapienza 7,17-21).
Ora,, in questo elenco delle discipline praticate da Salomone, gli studiosi hanno individuato un dato suggestivo: esse corrispondono in pratica alle materie di insegnamento del Museon, che era quasi come l”università” di Alessandria d’Egitto. Si guarda, perciò, con fiducia alla scienza, nella consapevolezza che essa ha la sua sorgente in Dio, creatore dell’universo. In questa linea si esalta, allora, la sapienza celebrandola con una litania di 21 aggettivi (7 x 3, numeri che indicano pienezza e perfezione), molti dei quali sono desunti dalla filosofia stoica: la sapienza è «uno spirito intelligente, santo, unico, molteplice, sottile, mobile, penetrante, senza macchia, terso, inoffensivo, amante del bene, acuto, libero, benefico, amico dell’uomo, stabile, sicuro, senz’affanni, onnipotente, onniveggente, pervasivo di tutti gli spiriti...» (7,22-23). Alla radice c’è sempre Dio che «ha disposto tutto con misura, calcolo e peso» (11,20), e con questa espressione l’autore sacro allude a un passo delle Leggi di Platone (VT, 757B), manifestando ancora una volta la sua attenzione alla cultura greca.