Le braccia slegate della Misericordia

 
Nel 1995 l’editrice Piemme di Casale Monferrato ha pubblicato un volume intitolato “Padre Nostro” nelle lingue di tutto il mondo: la preghiera di Gesù era offerta in 250 lingue in 180 caratteri tipografici diversi, a partire dall’ebraico passando attraverso i vari rami dell’aramaico e dell’arabo, delle famiglie linguistiche indo-iraniche, celtiche, italo-elleniche, teutoniche, slave, mongoliche e così via fino ad approdare persino al geroglifico egiziano.
Effettivamente possiamo dire che il Padre Nostro è simile a un respiro universale di preghiera che sale dalla terra al cielo.
Lo scrittore francese cattolico Charles Péguy nel suo Mistero dei santi innocenti (1912) metteva in bocca a Dio questo soliloquio a proposito del Padre Nostro:
«Queste parole sono una barriera che la mia collera e, forse, la mia giustizia non oltrepasseranno mai...
Mio Figlio ha saputo come fare per legare le braccia della mia giustizia e per sciogliere le braccia della mia misericordia...
Mio Figlio ha detto agli uomini che io sono il loro padre.
Io sono il loro giudice.
Ma sono soprattutto il loro padre.
Colui che è padre è soprattutto padre.
Essi sono i fratelli di mio Figlio.
Sono figli miei, io sono il loro padre».
L’oratio dominica, com’era chiamata dalla tradizione, cioè ‘la preghiera del Signore”, è una delle pagine più affascinanti del Vangelo.
E lo è proprio per questo volto che Dio fa trasparire.
Una scrittrice e pensatrice finissima come la francese Simone Weil (1909-1943) nelle sue note "A proposito del Pater Noster” nel suo volume Attesa di Dio (Rusconi 1972) osservava con acutezza che il percorso del Padre Nostro è antitetico rispetto a quello che regge di solito ogni preghiera che va dal basso verso l’alto, dall’uomo e dalla sua miseria a Dio e alla sua luce.
Qui, invece, si parte dal cielo e si scende fin nel groviglio oscuro del male. Ebbene, questa è la parabola dell’incarnazione, cioè la vicenda di Gesù Cristo narrata dai Vangeli, è la storia di un Dio che va incontro all’uomo, abbandonando la sua gloria celeste per avviarsi sulle strade pietrose e incerte della terra. È proprio per questo che il Catechismo della Chiesa Cattolica (1992), voluto da Giovanni Paolo II, ha in filigrana il Padre Nostro come trama per lo sviluppo dell’annunzio della fede cristiana.
Tuttavia il respiro di questa preghiera è così totale da allargarsi sino a diventare voce universale di fede e di speranza.
Un teologo, Aimé Solignac, scriveva:
«A causa dei suoi legami con la preghiera giudaica, il Padre Nostro può essere anche la preghiera di tutti i figli di Abramo, espressione della loro fede in un Dio personale che è Padre e Creatore ed esigenza del loro cuore filiale verso il Padre celeste e di amore fraterno verso tutti gli uomini, figli dello stesso Padre divino».