DALLA POLVERE A UNO SPIRAGLIO DI LUCE
 

Questa volta sarà un simbolo ad essere al centro della nostra analisi: polvere.
È facile intuire che esso rimandi alla materialità che appartiene anche alla natura umana, al suo limite, anzi, alla sua mortalità, un tema che domina in questi giorni dedicati alla memoria dei defunti.
Anche chi non ha molta assuefazione con la Bibbia ricorda quelle frasi che risuonano nelle sue prime pagine:
«Il Signore Dio plasmò l’uomo con polvere del suolo...
Tornerai alla terra perché da essa sei stato tratto:
polvere tu sei e in polvere tornerai!» (2,7 e 3,19).

Queste parole, che per noi hanno assunto ormai un sapore mortuario e “quaresimale” (quando vengono imposte le ceneri, si ripete proprio la seconda frase citata), sono riprese con maggiore brutalità da un sapiente biblico che abbiamo già presentato in questa nostra rubrica, il Qohelet-Ecclesiaste:
«Non c’è superiorità dell’uomo rispetto alle bestie, perché tutto è vanità.
Tutti sono diretti verso la medesima dimora:
tutto è venuto dalla polvere e tutto ritorna alla polvere» (3,19-20).

La morte è, dunque, l’approdo di tutti i viventi, come ribadisce lo stesso autore alla fine del suo libro:
«Ritornerà la polvere alla terra com’era prima e lo spirito ritornerà a Dio che lo ha dato» (12,7).
E lo “spirito” a cui si fa riferimento — in ebraico ruah — non è tanto l’anima quanto il principio vitale, il soffio dell’esistenza che Dio ci aveva infuso creandoci e donandoci la vita.
Un soffio che è sempre nelle mani del Creatore, come suggerisce Giobbe attraverso un’immagine suggestiva:
«Dio ha nelle mani lo spirito di ogni vivente e il respirodi ogni came umana» (12,10).

Altre volte la polvere è il segno della sconfitta, dell’umiliazione, della miseria esistenziale, come si dice in un passo straordinario in cui Isaia raffigura Gerusalemme come il vinto schiacciato dal piede del vincitore:
«Prostrata, parlerai da terra e dalla polvere saliranno fioche le tue parole; sembrerà di un fantasma la tua voce dalla terra, e dalla polvere la tua parola risuonerà come un bisbiglio» (29,4).
Ma subito dopo il Signore, vero sovrano della storia, entra in scena e riduce alla polvere gli oppressori di Israele:
«Sarà come polvere fine la folla dei tuoi oppressori e come pula dispersa la massa dei tuoi tiranni e tu, d’improvviso, sarai visitata dal Signore degli eserciti» (29,5-6).

Abbiamo già avuto occasione di mostrare quanto progressivamente e lentamente si faccia strada nell’Antico Testamento la certezza di un oitrevita. Ebbene, è proprio col simbolo “mortuario” della polvere che si ha la possibilità di aprire uno spiraglio di luce: «Di nuovo vivranno i tuoi morti... Si sveglieranno quelli che giacciono nella polvere, perché la tua rugiada è rugiada luminosa, la terra darà alla luce le ombre» (Isala 26,19). C’è, quindi, una rugiada celeste fecondatrice, simile a un seme d’eternità deposto nella nostra mortalità “polverosa”.