L'indice puntato del Battista
 
 
È una pagina bella e ardente quella che nel Vangelo di Matteo (3,7-12) contiene la predica di Giovanni Battista, la figura tipica dell’Avvento cristiano. Le parole del Precursore inanellano una serie di immagini veementi.
C’è il brulicare di un nido di vipere; c’è la figura di Abramo collegata alle pietre del deserto, dalle quali «Dio può far sorgere figli di Abramo»; c’è l’albero sterile che vede piombare sulle sue radici la scure e, più in là, il fuoco che sta per incenerirlo; c’è, per contrasto, l’immersione nell’acqua battesimale che s’intreccia col bagno nel fuoco di un crogiuoio; c’è un’aia colma di grano sul quale si agita un ventilabro che spazza via la pula, affidandola al vento e al falò distruttore.

È veramente una pagina di grande potenza che riesce di riflesso a illuminare il volto di questo profeta vissuto a cavallo dei due Testamenti, celebrato da Gesù stesso come l’antitesi della «canna sbattuta dal vento» (Matteo 11,7), pronta ad adattarsi a tutte le situazioni. È con la fermezza statuaria di una quercia che Giovanni è entrato, infatti, nella memoria artistica e popolare in centinaia di opere: per tutte vorrei evocare il profilo indimenticabile che il pittore Mathias Grunewald gli ha attribuito nella pala centrale della Crocifissione del polittico dell’altare di Isenheim, conservato nel museo di Colmar in Alsazia (circa 1512-1515).

Il Battista, a destra della croce, rivestito di pelle d’animale e di un mantello rosso, stringe nella sinistra il libro aperto delle profezie mentre l’indice enorme e imperativo della destra indica a tutti il Cristo.

Egli è proprio tutto in quell’indice che definisce la sua missione: «Bisogna che lui cresca e che io diminuisca» (Giovanni 3,30).
Ma l’evento della sua vita che ha più impressionato la tradizione cristiana, oltre a quello del battesimo di Gesù, è stato quello del suo martirio che possiamo leggere soprattutto nel racconto fatto da Marco (6,17-29).

L’irrompere delle figure femminili di Erodiade e Salomè ha fatto sì che la scena si colorasse anche di allusioni erotiche (la danza di Salomè): pensiamo alle opere Hérodiade del musicista francese Jules Massenet (1881), alla Salomè del musicista tedesco Richard Strauss (1905), ma anche a uno dei Tre racconti (1877) dello scrittore francese Gustave Flaubert, intitolato Erodiade nel quale Giovanni è chiamato in ebraico Jaokannan.

Ma il Battista si erge in tutta la grandiosità della sua figura proprio quando deve mostrare al mondo quell’uomo misterioso di cui non si dichiara neppur degno di sciogliere il legaccio dei sandalo, un atto tipico dello schiavo (è un’altra delle immagini forti della predica sopra citata): «Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: Ecco l’agnello di Dio, ecco colui che toglie il peccato dal mondo» (Giovanni 1,29).