ATTRAZIONE INTERIORE


Anche questa volta vorrei ritornare su una delle 35 paabole di Gesù presenti nei Vangeli, quella del figlio prodigo o, meglio, del padre prodigo d’amore (Luca 15, 11-32). Ne abbiamo già parlato a lungo ma c’è un altro aspetto che si deve sottolineare, quello fondamentale dell’amore paterno che il figlio tradisce e respinge col peccato e che riscopre e accoglie col ritorno-conversione. A illustrare questo tema ci aiuta uno dei maggiori poeti dell’Otto-Novecento, Rainer M. Rilke, di origine austriaca, nato a Praga nel 1875 e morto in Svizzera nel 1926.
Egli, però, scrisse anche un romanzo di taglio autobiografico, intitolato I quaderni di Malte Laurids Brigge, iniziato a Roma nel 1904, concluso a Parigi nel 1908-1909 e pubblicato nel
1910. Il protagonista è un giovane aristocratico danese, poeta tormentato, che a Parigi non precipita solo nei bassifondi della miseria umana e sociale ma anche in quelli della sua coscicnza. La nausea fisica, la gelida solitudine, l’angoscia violenta, la follia incombente lo condurranno a morte. La parabola del figlio prodigo è applicata alla sua vicenda come «la storia di colui che non voleva essere amato».
Ma lo sbocco ultimo non è disperato. Alla fine c’è Dio come «direzione d’amore e non come oggetto d’amore»; da lui non è «da temere alcun amore in contraccambio» come ricatto; egli, infatti, ci offre solo un’attrazione interiore. La mela, allora, non è la perdizione, bensì «una peculiare, cupa ascensione verso un luogo trascurato e in disparte dal Cielo». Detto in termini più immediati, Dio capisce che ci sono alcuni suoi figli che non amano essere amati e questa è la grande tentazione.
Preferiscono camminare solitari, piombando nel baratro della loro solitudine. Dio, allora, si presenta non come un padre che si lamenta, che protesta, che ricatta col sentimento suo figlio, ma come una presenza silenziosa e appartata che lascia correre solo l’onda dell’attrazione interiore. Tra il figlio prodigo lontano e il padre c’è una comunione d’amore implicita che il padre alimenta ogni giorno e non spegne mai, senza chiedere che il figlio la ricambi. Ma la forza dell’amore è tale che, alla fine, raggiunge la persona che non voleva essere amata. Infatti, in finale Dio si accontenta che quel figlio difficile rimanga appartato, «in disparte dal suo cielo», ma sempre sotto il suo alone d’amore. Dio è discreto nei confronti della sua creatura ed è questo uno dei modi più difficili di amare. Molti scelgono piuttosto l’amore urlato, lacrimevole, talvolta sottilmente ricattatorio. Il padre della parabola non va nella città dove suo figlio è fuggito per implorano o costringerlo al ritorno. Ma neppure lo dimentica. Lo attende col suo amore silenzioso e semplice. Paolo scriveva ai cristiani di Corinto: «Lasciatevi riconciliare con Dio!» (2 Corinzi 5,20). E il verbo greco della “riconciliazione” era quello dell’amore ritrovato.