UN CANTO NELLA NOTTE


E' notte fonda. Le tenebre si sono distese su una città del Vicino Oriente. Gli usci delle case sono serrati e all’interno domina il silenzio. Un silenzio che avvolge come in un sudano anche le vie e le piccole piazze. Ma la quiete è squarciata da una serie di ululati che percorrono le strade: un branco di cani randagi e rabbiosi saetta qua e là, aggrappandosi alle porte, rovesciando ciò che incontra, ringhiando ferocemente davanti ai graticci delle finestre.
In una di quelle case un uomo è sveglio e col cuore in gola attende che i cani famelici abbandonino il suo uscio. L’ansia è forte e non dà tregua; la notte sembra non finire mai. Allora, prima in modo sommesso, poi in forma sempre più esplicita, egli inizia a cantare, accompagnandosi a una semplice chitarra orientale. Il suo è un inno di implorazione che sale verso il cielo oscuro; le sue spirali sonore ripetono la stessa invocazione ma con un’intensità sempre più forte.
La gola non si stanca, la voce vorrebbe sopraffare l’abbaiare dei cani: la paura del buio e della solitudine è sminuita da un suono che echeggia nella stanza come se fosse un coro. Lentamente il tempo si dissolve e, inattesa, si delinea una prima, tenue lama di luce che filtra dalla finestra: è l’aurora che si fa strada nella tenebra. Anche la voce ormai è più squillante; la supplica si è trasformata in cantico gioioso; i cani abbandonano la via e, spaventati dalla luce, si ritirano nel deserto di Giuda; i loro ululati si fanno sempre più remoti e ovattati; l’alba si è affacciata sulla città e le strade iniziano a popolarsi di gente.
Anche il nostro cantore ha aperto l’uscio e guarda il cielo limpido e luminoso e la sua voce si apre ancora al canto. Sono parole di festa, l’angoscia si è dispersa con l’oscurità ed è al tempio che egli corre per elevare al suo Dio un inno di lode perché ancora una volta ha allontanato dall’orizzonte del suo fedele i mostri della paura. Con lui ormai cantano tutti coloro che hanno avuto il cuore stretto dalla morsa gelida dell’ansia e del timore. E sulla scena, segnata dalla fosforescenza di un dramma ma aperta a un esito di pace, cala il sipario.
Con questa specie di racconto abbiamo voluto ricreare l’atmosfera di uno dei canti “belli” della Bibbia, una poesia tratta da quel libro di liriche oranti che è il Salterio. Si tratta del Salmo 59: invitiamo i nostri lettori a riscoprirlo e a rileggerlo attentamente sulla Bibbia che hanno a casa, facendo attenzione soprattutto ai versetti 7-8 e 15-18. Può essere una preghiera della sera o della notte. Lo scrittore francese Michel Tournier diceva che, «se il giorno è uguale per tutti, la notte è diversa per ciascuno». Per questo nell’oscurità abbiamo bisogno di riscoprire una presenza che illumini e riscaldi il cuore.