UN "RIBELLE IN CIELO"


Un famoso scrittore cattolico francese, Francois Mauriac (1885-1970), nel suo libro Mémoires intérieurs scriveva: «Dimmi quello che leggi e ti dirò chi sei, è vero; ma ti conoscerei meglio se mi dicessi quello che rileggi». Ecco, rileggere è un’attività importante per scoprire in profondità molti tesori nascosti: pensiamo solo alla Bibbia o alla Divina Commedia. In questi ultimi tempi a me, invece, è capitato di rileggere un’opera di uno scrittore che abbiamo altre volte citato, l’argentino Jorge L. Borges (1899-1986), L’artefice nella bella e nuova edizione di Adelphi (il volume è apparso perla prima volta nel 1960). Ho, così, potuto ritrovare e penetrare maggiormente una delle 29 poesie che, con 24 brani in prosa, compongono questa specie di zibaldone. La poesia è curiosamente intitolata “Luca” 23. Ora nel capitolo 23 del Vangelo di Luca ci si imbatte in una pagina esclusiva di questo evangelista, la famosa scena dei due crocifissi accanto a Gesù (23,39-43). Di solito si dice che essi erano due ladroni; in realtà in greco si ha kakoùrgoi che significa “malfattori” ma che probabilmente rimanda ai ribelli antiromani detti “zeloti”. Non dimentichiamo, infatti, che anche Cristo è condannato alla pena capitale per un reato politico agli occhi dei Romani, quello dell’essersi dichiarato “re dei giudei”.
La scena è nota a tutti ed è di grande intensità. Uno dei due malfattori invoca: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». E Gesù, che aveva accolto tra i suoi discepoli anche un ex rivoluzionario, Simone lo zelota, e che si era sempre chinato sugli ultimi e sugli infelici, gli risponde: «In verità ti dico: oggi sarai con me in paradiso». Tra l’altro, è l’unica volta che nei vangeli ricorre la parola “paradiso” (nel resto del Nuovo Testamento risuona solo altre due volte, in 2 Corinzi 12,4 e Apocalisse 2,7).
Ma a questo punto vediamo come Borges ha ricreato quella scena attraverso la sua poesia. Egli parte dal fatto che di questo uomo non sappiamo nulla, neppure il nome: «Gentile o ebreo oppure solo un uomo / il cui volto nel tempo si è perduto; / non ne riscatteremo dall’oblio / le silenziose lettere del nome». In quegli istanti tragici quell’infelice sa soltanto una cosa: «Nell’ultima fatica di morire crocifisso, / apprese dal dileggio della gente / che l’uomo che moriva accanto a lui / era Dio e gli disse ciecamente: / Ricordati di me quando sarai / nel tuo regno...». Ed ecco il momento decisivo e impressionante: «La voce inconcepibile I che sarà giudice di tutti gli esseri / dalla tremenda croce gli promise il Paradiso. Niente più si dissero / finché arrivò la fine, ma la storia / non lascerà che muoia la memoria / della remota sera in cui morirono». Infatti, per secoli l’arte continuerà a dare un volto a quel “malfattore” senza volto e senza nome, i fedeli lo contempleranno come segno di speranza per tutti, e noi stessi siamo qui - a distanza diventi secoli - a riproporne la memoria su un giornale, in mezzo alle vicende dei nostri giorni.