IL SIGNORE DEL TUONO


Può accadere in questi giorni estivi che all’improvviso il cielo si oscuri, le nubi costituiscano un fronte cupo e compatto e si scateni una tempesta. E un’esperienza che l’umanità ha sempre ammirato con fascino e terrore. Già nel Salterio ci imbattiamo in un antico carme — alcuni studiosi ritengono che sia il Salmo più arcaico, basato su un precedente testo degli indigeni della Terra promessa, cioè i Cananei — che è stato chiamato “dei sette tuoni” ed è il Salmo 29. Al suo interno è, infatti, scandito per sette volte il vocabolo ebraico qòl, che significa sia “tuono” sia “voce”.
Col suo suono rimbombante — qòl... qòl... qòl... — crea la sensazione del clamore sordo del tuono, proprio mentre si segue il dispiegarsi di una tempesta. Essa muove dal mar Mediterraneo e si sposta verso nord-est, dopo aver vagato sulle “acque immense” marine. Gli scoppi si fanno più vicini, incombono ormai sul confine settentrionale, ove i cedri altissimi sono schiantati e i monti del Libano tremano, simili ad animali impauriti.
Il temporale è ormai sopra 19 spettatore gerosolimitano: i lampi accecanti si vedono correre già sopra la steppa di Qadesh e questo turbinio sconvolge talmente le cerve gravide che si contorcono in parti prematuri.
Naturalmente questo scatenarsi delle energie naturali non.è visto come un gorgo oscuro di forze: già sopra si faceva notare che la parola qòl significa anche “voce”. L’orante, perciò, in quel dispiegarsi della natura vede pur sempre la presenza di Dio. Non però, alla maniera degli antichi Cananei che adoravano Baal-Hadad, cioè il “Signore della tempesta”:
essi immaginavano che il temporale fosse una specie di orgasmo della divinità che faceva scendere nel grembo della terra il suo seme fecondo, cioè la pioggia.
Significativa, infatti, è la cornice del Salmo (versetti 1-2 e 9-11), avvolta nella quiete e nell’armonia liturgica del tempio di Sion: «Il Signore è assiso sopra l’oceano, il Signore è assiso come re per sempre» (versetto 10). Tutte le energie cosmiche non sono Dio ma dominate da Dio. E noi che cantiamo a lui, fiduciosi nella sua potenza, non temiamo quando esplodono le forze ostili del mondo e della storia. Il Salmo 29 diventa, allora, un invito a riconoscere, da un lato, il mistero divino che ai nostri occhi può apparire sconvolgente e fin sconcertante. Ma, al tempo stesso, il canto dei sette tuoni si trasforma in un appello alla fiducia serena perché noi non siamo nelle mani del caos o di oscure forze incontrollate.
E se vogliamo sentire l’eco dell’antica poesia che già il fedele ebreo aveva forse ascoltato e che aveva usato come spunto per il suo inno, dopo aver letto sulla nostra Bibbia il Salmo 29, proviamo a scorrere queste righe di un cantico babilonese: «Voce del potente uragano dal cuore invisibile, voce che sconvolge in alto il cielo, voce che stupisce in basso la terra, la sua voce è un diluvio, la sua voce abbatte come una dava madre e bambino, la voce di Dio distrugge i roseti sbocciati, la voce di Dio sommerge le messi mature, la sua voce abbatte i grandi alberi. Sublime è la sua voce...».