LA DONNA E IL DRAGO


Il 15agosto, nella celebrazione eucaristica dell’Assunzione di Maria al cielo, si legge una delle pagine più celebri dell’Apocalisse, il capitolo 12 che comincia così: «Un segno grandioso apparve nel cielo: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle...». L’intero capitolo è dominato anche da un altro “segno”, quello dell’enorme drago rosso con sette teste e dieci corna e alle teste sette diademi», ed è tutto intarsiato di allusioni a testi biblici. Avremo occasione di ritornare altre volte sull’Apocalisse, un libro di grande fascino ma vittima di molti equivoci nella sua corretta interpretazione.
Ora fissiamo il nostro sguardo su quella tavola pittorica quale sembra essere la raffigurazione della donna ammantata della luce del sole come lo è Dio nel Salmo 104,2. Una tavola letteraria che è diventata infinite volte dipinto nella storia dell’arte. Di fronte all’immagine mirabile della donna fasciata di luce, sospesa sulla luna, coronata da una costellazione di dodici astri, allusione alle tribù d’Israele e agli apostoli, potremmo domandarci come si fa nel Cantico dei Cantici davanti a una figura simile: «Chi è costei che sorge come l’aurora, bella come la luna, splendente come il sole?» (6,10). Numerose sono le risposte date nei secoli dai lettori dell’Apocalisse.
La più comune in ambito cristiano tradizionale è quella che identifica nella donna Maria che genera il Cristo. Il primo a proporla fu sant’Epifanio, vescovo di Salamina nell’isola di Cipro, ma nato nei pressi di Gaza in Palestina attorno al 315. Petrarca inizia così una sua famosa canzone alla Vergine: «Vergine bella, che di so! vestita, / coronata di stelle, al sommo Sole / piacesti sì che ‘n te sua luce ascose...». E Savonarola in un sonetto a Maria cantava:
«Salve, Regina, virgo gloriosa, ne la cui fronte e! Sol soa luce prende...». E così via in centinaia e centinaia di testimonianze della letteratura cristiana, dell’arte, della liturgia e della pietà popolare d’Occidente e d’Oriente, fino appunto alla liturgia dell’Assunzione.
In realtà il pensiero di Giovanni — che, tra l’altro, più avanti ci presenterà due altre donne, simboli di altrettante città, la Prostituta Babilonia e la Sposa Gerusalemme — è probabilmente orientato in altra direzione. Alcuni ipotizzano che si tratti di una personificazione di Gerusalemme o della Sapienza divina oppure di Eva, la prima madre, dalla quale deriva l’intera umanità a cui è promessa la salvezza (vedi Genesi 3,15). Ma è più corretto pensare che in questa donna, per l’autore dell’Apocalisse, si intreccino due figure: da un lato, l’Israele fedele, sposa di Dio (Osea 2; Isaia 54), dalla quale proviene Gesù Messia; d’altro lato, la Chiesa che lotta per mantenersi fedele a Dio che la libera del Male: al suo interno Cristo nasce continuamente attraverso la parola evangelica e l’eucaristia. È appunto per questo che essa è raffigurata come incinta e pronta a generare un figlio contro il quale si scatenerà la violenza del drago color rosso sangue.