LA LEZIONE DI MARTA


Non avevo mai letto nulla di Antonia Byatt, scrittrice inglese nata a Sheffield nel 1936. Anzi, non sapevo neppure che esistesse (tra l’altro il suo vero nome è Antonia Drabble, nome abbandonato forse a causa della sorella Margaret Drabble, autrice di romanzi popolari) finché non lessi lo scorso anno la sua prefazione al Cantico dei Cantici biblico pubblicato da Einaudi. Ora scopro un suo libro di racconti, apparso pochi mesi fa presso lo stesso editore e intitolato Zucchero, ghiaccio e vetro filato.
È l’ultimo di questi racconti a colpirmi, intitolato Cristo nella casa di Marta e Maria.
Tutti conosciamo l’episodio evangelico narrato da Luca (10,38-42) con quel monito finale: «Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta». Lo scrittore francese Paul Claudel nel dramma Lo scambio (1894) si fisserà su questa scena e vedrà in Maria il simbolo della dedizione alla famiglia, alla realtà e agli impegni quotidiani.
Già l’antica tradizione aveva interpretato il contrasto tra Marta e Maria come l’opposizione tra vita attiva e vita contemplativa con la prevalenza di quest’ultima sulla prima (ma Gesù non era anche lui un “attivo” con tutto quell’operare miracoli e predicare in pubblico?). In realtà la scena evangelica ha un altro significato. In Maria si presenta il modello del discepolo di Cristo che, in
qualsiasi contesto, è in ascolto della Parola di Dio e tiene sempre fissa davanti a sé «la sola cosa di cui c’è bisogno», mentre Marta è «tutta presa» dalle faccende e dall’esteriorità.
Non è dunque il lavoro in sé che allontana da Dio e dallo spirito, ma è l’alienazione in esso, l’esservi totalmente catturati, senza più avere un canale implicito o esplicito aperto verso Dio. Questo è il vero senso del racconto lucano e Marta imparerà la lezione, tanto che nella narrazione giovannea della risurrezione del fratello Lazzaro è lei - e non la sorella Maria - ad avere la fede più limpida e a professarla così: «Io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo» (Giovanni 11,27).
Anche la Byatt comprende il vero senso del racconto di Marta e Maria. Dolores, una giovane cuoca, figlia di domestici, deve incarnare Marta nel quadro di un pittore (già lo fecero artisti come Velazquez, Vermeer, Overbeck, ecc.) che l’aveva affascinata per un dipinto ove erano raffigurati pesci e uova. Sarà proprio il pittore a spiegarle che lei non è una serva se riuscirà a capire che cosa sia la “parte migliore” a cui Gesù accennava: «Lo spartiacque non è tra chi serve e chi è servito, ma tra chi è interessato al mondo... e chi invece semplicemente sopravvive preoccupandosi di inezie e sbadigliando... Anche le uova sono state assunte come simbolo della Risurrezione... e le lettere del nome di Cristo formano la parola greca per “pesce” e il mondo è pieno di luce e vita».