UNO SQUARCIO DI LUCE


L‘atmosfera spirituale tradizionale di questi giorni di novembre è segnata dai simboli funerari: i cimiteri si adornano di lumi e di crisantemi, il clima stesso con le nebbie, le pioggerelline e l’avvizzirsi degli alberi ci conduce quasi insensibilmente a pensieri di caducità e di nostalgia. La scorsa settimana per ricreare questa atmosfera ci siamo affidati a un Salmo, il 39. Anche adesso ricorriamo al Salterio e precisamente a quell’intensa meditazione sapienziale che è il Salmo 49, definito da qualche studioso come un “oratorio della morte”, cioè un canto drammatico sul mistero della fine.
In realtà, come vedremo, il testo vuole varcare quella frontiera e affacciarsi sull’oltremare. Ma il punto d’avvio è quello espresso in maniera forte da un altro sapiente biblico, il Qohelet: «La sorte degli uomini e quella delle bestie è la stessa: come muoiono queste, così muoiono quelli..., tutti sono diretti alla medesima dimora... Come è uscito dal grembo di sua madre, così se ne andrà di nuovo com’era venuto e dalle sue fatiche non riceverà nulla da portare con sé» (3,18-205,14). Il Salmista ci mette in guardia su un’illusione, quella abbagliante dell’oro.
La ricchezza non può sottrarci alla morte: «Non temere se vedi un uomo amcchirsi, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore non prende nulla con sé, né scende con lui la sua gloria» (versetti 17-18). È questo uno dei temi classici di tutte le culture. Facciamo solo qualche esempio. Properzio, poeta latino del I secolo a.C.: «Non porterai nessuna tua ricchezza alle sponde dell’Acheronte: velocemente te ne andrai, o stolto, nudo agli inferi» (Elegia III,3). Il poeta persiano ‘Attar (XII-XIII secolo): «L’uomo suda sangue per accumulare oro ma quando va a prenderlo, la morte glielo strappa di mano». Il poeta francese Paul Valéry (187 1-1945):
«Magra immortalità nera e dorata... cranio vuoto e riso eterno».
Già Cristo aveva ammonito: «Guardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende dai suoi beni» (Luca 12,15). Di fronte a questa verità, però, continua il Salmo 49, «l’uomo nella ricchezza non capisce, è come gli animali che periscono» (versetti 13 e 21). Ma il messaggio di questa bella pagina poetica della Bibbia non finisce qui. Si apre, infatti, uno squarcio di luce. Se è vero che «l’uomo non può riscattare sé stesso né versare a Dio una somma di riscatto» per essere liberato dalla morte perché «per quanto alta sia la somma offerta per il riscatto, essa non sarà mai sufficiente» (versetti 8-9), è però altrettanto vero che Dio può sottrarci a quel destino. Ed è questa la grande speranza finale del credente: «Certo, Dio potrà riscattarrni, sicuramente mi strapperà dalle mani degli inferi!» (versetto 16)..