UN DIO PICCOLISSIMO


Ci sembra poco che fra tutti i milioni di donne della « terra soltanto Maria fosse l’unica eletta che doveva partorire l’Uomo-Dio Gesù? Ci sembra poco l’essere madre di Colui che doveva rendere felice l’intero genere umano e grazie al quale l’uomo sarebbe divenuto un’immagine della divinità e l’erede di tutte le sue beatitudini?». Non era un predicatore a pronunziare queste parole il 25 marzo 1786 bensì uno dei filosofi che — forse con fatica — alcuni di noi hanno studiato in Liceo, Johann G. Fichte. Egli celebrava così la grandezza di Maria e la sua missione di madre di Cristo.
Alle soglie del Natale la sua figura ha una presenza decisiva nella liturgia, nell’arte, nella pietà popolare. Alessandro Manzoni nel suo Natale così la rappresentava nella cornice di
quel presepio che — sulla scia di Luca e di Francesco — ritorna ogni anno nelle nostre case: «La mira Madre in poveri / panni il Figliol compose, / e nell’umil presepio / soavemente il pose; / e l’adorò: beata! / innanzi al Dio prostrata, / che il puro sen le aprì».
Non possiamo commentare ora lo splendido racconto del capitolo 2 del Vangelo di Luca che ascolteremo nelle Messe di Natale. Vogliamo solo evocare la sobria presenza di Maria che l’evangelista ritrae anche nell’atto di tenerezza materna del fasciare il neonato Gesù: «Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia, perché non c’era posto per loro nell’albergo)) (2,7).
Ebbene, vorremmo illustrare questo istante segreto che unisce il Bambino alla Madre con le parole di un filosofo e scrittore ateo, Jean-Paul Sartre, che, mentre era internato in un lager nazista a Treviri in Germania, compose un testo drammatico per far celebrare il Natale 1940 ai prigionieri. Egli aveva cercato di intuire i sentimenti di Maria nel momento in cui prendeva tra lebraccia il piccolo Gesù. Ecco qualche riga del testo di Sartre intitolato Bariona o il figlio del tuono.
«Cristo è suo figlio, carne della sua carne e frutto delle sue viscere. Ella lo ha portato per nove mesi e gli darà il seno e il suo latte diventerà il sangue di Dio. Ella sente insieme che il Cristo è suo figlio, il suo piccolo, e che egli è Dio. Ella lo guarda e pensa: “Questo Dio è mio figlio. Questa carne divina è la mia carne. Egli è fatto di me, ha i miei occhi e questa forma della sua bocca è la forma della mia. Egli mi assomiglia. È Dio e mi assomiglia!”. Nessuna donna ha avuto in questo modo il suo Dio per lei sola. Un Dio piccolissimo che si può prendere tra le braccia e coprire di baci, un Dio tutto caldo che sorride e respira, un Dio che si può toccare e vive».