Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato


« Disse Pilato a Gesù: Tu sei il re « dei Giudei?». Inizia così il celebre dialogo tra Cristo e il governatore romano di Giudea, in carica dall’anno 26 al 36, Ponzio Pilato, dialogo di cui si legge un brano nel Vangelo dell’odierna solennità di Cristo Re (Giovanni 18, 33-37). Il filosofo ebreo di Alessandria di Egitto Filone così dipingeva questo funzionario romano divenuto celebre solo perché la sua vita aveva incrociato un allora oscuro predicatore ambulante ebreo, Gesù di Nazaret: «Uomo di natura inflessibile e, in aggiunta alla sua arroganza, duro, capace solo di concussioni, violenze, rapine, brutalità, torture, esecuzioni senza processo e crudeltà spaventose e illimitate».

Questo aspro giudizio era certamente fondato ed è confermato da un altro contemporaneo, lo storico ebreo Giuseppe Flavio, che era filoromano. Pilato detestava gli Ebrei e li provocava con dure repressioni, una delle quali rievocata anche dal Vangelo di Luca: «Si presentarono alcuni a riferire a Gesù circa quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva mescolato con quello dei loro sacrifici» (13,1). Ben diverso è l’atteggiamento nei suoi confronti dell’evangelista Matteo. A Pilato era stato consegnato Gesù con una sentenza capitale emessa dal tribunale ebraico, il Sinedrio, sentenza che però poteva essere resa esecutiva solo con l’avallo imperiale.

Anche se la motivazione addotta dal Sinedrio era politica (~sobillava il popolo, impediva di dare il tributo a Cesare e affermava di essere il Cristo re», Luca 23,2) e quindi capace di trovare orecchie sensibili presso il “prefetto” romano (tale era il titolo esatto di Pilato, come appare in un’iscrizione col suo nome emersa a Cesarea Marittima durante una campagna italiana di scavi del
1959-64), Pilato reagì con diversivi di vario genere, forse proprio per non farsi vedere succube del Sinedrio o per provocarlo. Deferì prima l’imputato Gesù a Erode Antipa che aveva giurisdizione sulla Galilea ove si trovava Nazaret e che in quei giorni era presente a Gerusalemme per le feste pasquali.

Poi nspolverò un “privilegio pasquale” ormai in disuso per il quale si poteva amnistiare un carcerato in occasione della Pasqua. Successivamente entrò in scena persino sua moglie a difesa di Gesù e, infine, non trovando sbocchi ulteriori, Pilato si dissociò pubblicamente dalla sentenza, che era costretto a emettere, col gesto simbolico ebreo della lavanda delle mani (Matteo 27,11-26). Anche l’evangelista Giovanni rappresenta un Pilato scettico, sì, ma attento a Gesù e alla sua parola, in quel dialogo che si intesse tra i due nel palazzo del procuratore-governatore-prefetto, prima dell’esposizione alla folla del condannato (18,28-19,16, un lungo racconto tutto da rileggere).

Come è noto, quel dialogo offrirà la sostanza letteraria a una delle parti più alte del famoso romanzo Il maestro e Margherita dello scrittore russo Michail Bulgakov (1891-1940). Pilato emerge come un eroe complesso, tormentato nell’anima e perseguitato nel fisico dall’emicrania, sconcertato di fronte a un Maestro che gli propone un radicale sistema alternativo di valori. Alla fine del libro si incontrerà ancora Pilato mentre guarda impietrito la luna, tenendo tra le mani i cocci della brocca di quella fatidica lavanda... Certo è che Pilato rimane come una presenza incancellabile nella storia di Cristo e del cristianesimo.

Ogni domenica nel credo della Messa suo nome, oscuro e marginale per le anagrafi imperiali, è ripetuto in tutto il mondo:
«Fu crocifisso sotto Ponzio Pilato...».