Elisabetta e Zaccaria i genitori del Battista


Tutta una folla s’accalcava attorno a quel predicatore ambulante, la cui voce squarciava il silenzio del deserto della Giudea. Ai suoi piedi il Giordano scorreva veloce, prima di precipitare nel Mar Morto, il punto più basso della superficie terrestre, a oltre 400 metri sotto il livello del mare. Il suo nome era Giovanni e il soprannome era “il Battista”, cioè “il Battezzatore”, proprio per il rito di purificazione che egli imponeva ai suoi seguaci nelle acque del fiume biblico per eccellenza, il Giordano (il cui nome significa: «colui che scende correndo» lungo la valle omonima).

Noi, però, non vorremmo parlare di questo personaggio, fin troppo noto, ma risalire alla donna che l’aveva partorito. Il suo nome era solenne, lo stessodi quello della moglie di Aronne, fratello di Mosè e capostipite del sacerdozio di Israele: Elishebà cioè Elisabetta, che in ebraico significava “Dio ha giurato” o forse anche “Dio è pienezza” (a causa di sheba’che, sempre in ebraico, è il numero “sette”, simbolo di perfezione). Pure a lei, che era parente della madre di Gesù, Maria, era toccato il destino di sposare un sacerdote, Zaccaria, anche perché essa discendeva genealogicamente proprio dal celebre Aronne, appena citato.

Ma quel matrimonio non era stato del tutto felice. Gli anni passavano, la sua carne sfioriva come la vigoria di suo marito, e il suo grembo rimaneva sterile. Nell’antico Israele restare senza figli, che ti ricordassero oltre la morte, era quasi una maledizione. Ma le cose un giorno precipitarono. Il marito Zaccaria, durante il sacrificio vespertino dell’incenso a Gerusalemme, aveva avuto una visione con un annunzio evangelico sconcertante: «Tua moglie Elisabetta ti darà un figlio, che chiamerai Giovanni».

Quella sera il marito gli era tornato a casa come colpito da un ictus: non riusciva più a parlare. Ma a lei era accaduto qualcosa di ben più sorprendente: aveva sentito germogliare nel suo grembo sterile e ormai vecchio una vita. Un giorno era venuta a trovarla la sua parente Maria, già incinta di Gesù, e il bambino di Elisabetta aveva dato i segni della sua vita sussultando nel grembo: era come un salto di gioia, quasi sentisse che vicino a lui c’era quel bambino che avrebbe segnato la sua vita.

Lasciamo Elisabetta proprio così, in dolce attesa, forse in quel delizioso sobborgo di Gerusalemme di nome ‘Ain Karem (“la fonte della vigna”), ove la tradizione ha identificato la residenza della coppia e ha eretto anche un santuario per ricordare quell’incontro tra le due donne.
La storia di Elisabetta, intrecciata con quella del marito, che dopo la nascita del figlio tornerà a parlare, e con quella di Giovanni, è narrata nel primo capitolo del Vangelo di Luca ed è stata tante volte ricreata dalla storia dell’arte.