Èutico, un ragazzo fortunato


Se dovessimo prendere in mano un dizionario biblico e procedere alfabeticamente alla ricerca dei vari personaggi biblici, dovremmo comporre un elenco lunghissimo che va da Abacus, il profeta anticotestamentario, fino a Zorobabele, la guida politica dei reduci dall’esilio babilonese.
All’interno sfilerebbe una folla di figure, molte celebri e moltissime quasi ignote. Anzi, in alcuni libri biblici gli attori che entrano in scena, magari solo per fare una brevissima comparsa, sono talmente tanti da essere stati quasi completamente dimenticati dalla tradizione successiva.

È il caso del libro che in questo periodo pasquale di solito offre la prima lettura nella liturgia festiva e feriale, cioè gli Atti degli Apostoli, la seconda opera di Luca dopo il Vangelo.

In quelle pagine, infatti, oltre ai due protagonisti Pietro e Paolo, si affacciano tante persone note e meno note, dagli apostoli e da Maria fino a figure modeste e secondarie come Agabo, Anania, Aquila, Aristarco, Blasto, Enea, Damaris, Dionigi, Dorcade, Lidia, Lucio di Cirene, Manaen, Priscilla, Secondo, Simone il cuolaio, Sopatro, Tichico, Trofima, e così via, tanto per elencare i primi che ci vengono in mente. Tra costoro ora vorremmo far emergere un ragazzo di nome Èutico, che in greco significa ~buona fortuna” e presto vedremo come questo nome ben gli si adattasse.

A lui, infatti, capitò un fatto sensazionale, narrato in modo molto vivace, anche perché l’evangelista ne era stato spetta-
tare. Infatti Luca usa la prima persona plurale nel raccontare l’episodio. Paolo era partito con una nave da Filippi, la città greca macedone ove aveva fondato la prima comunità cristiana europea, comunità alla quale indirizzerà una famosa e affettuosa lettera, quella detta appunto dei "Filippesi". Dopo cinque giorni di navigazione egli era approdato a Troade, una città dell’Asia Minore, nell’attuale Turchia, sulla costa settentrionale dell’Egeo. Qui si era fermato una settimana.

A Troade l’apostolo era già approdato durante un altro suo viaggio missionario ed era stato proprio in questa città che in sogno aveva visto "una Macedone” che lo supplicava: «Passa in Macedonia e aiutaci!» (Atti 16,8-9). Ora è di nuovo in questo luogo ed ecco l’episodio che coinvolge il nostro Èutico e che Luca data al «primo giorno della settimana», cioè di domenica. Si deve, quindi, celebrare l’eucaristia, «lo spezzare il pane», rito che si compiva durante la cena. Paolo si abbandona a un lungo discorso anche perché l’indomani sarebbe partito da Troade. Le ore passano e siamo già a mezzanotte.

Ma lasciamo la parola a Luca:
«C’era un buon numero di lampade nella stanza al piano superiore, dove eravamo riuniti. Ora, un ragazzo chiamato Èutico, che stava seduto sulla finestra,. fu preso da un sonno profondo mentre Paolo continuava a conversare e, sopraffatto dal sonno, cadde dal terzo piano e venne raccolto morto. Paolo, allora, scese giù, si gettò su di lui l’abbracciò e disse: Non spaventatevi! È ancora vivo! Poi risalì, spezzò il pane e ne mangiò e, dopo aver ancora parlato molto fino all’alba, partì. Intanto si era ricondotto vivo il ragazzo e ci si sentiva tutti molto consolati» (20,7-12). Veramente fortunato questo Èutico dal nome benaugurante, nonostante la sua stanchezza e la sua distrazione rispetto all’omelia — forse un po’ troppo lunga — dell’apostolo Paolo!