CAPITOLO SESTO

 

26. Visione

 

Vuoto e accogliente come la terra è il mio cuore,

sospeso nella magia senza tempo d'un presente

troppo fragile per diventare eterno.

 

L'onda che muore a riva è lieve e fugace;

l'adesso è uno scintillio sull'acqua che si rifrange.

Come un volo d'anatre, tutto è subito ricordo.

 

27. Gioia

 

Lontano, lontano si stende infinito il lago,

l'orizzonte perdendosi nelle nebbie invernali.

Lontano, lontano è il villaggio all'altra riva.

 

Così è anche la mia gioia: quieta essa dimora

tra vette biancheggianti e valli boscose.

Nella pace io cammino verso un villaggio ancora lontano.

 

28. Tempesta d'inverno

 

Dal cielo irrompendo sulla terra

con poderosa forza, l'acqua sul fondo della valle

tra i monti s'è riunita in lago.

 

Sibila il vento del nord, scoppia la tempesta;

spira il vento dell'ovest e le anatre fuggono in stormo.

Ma alla brezza orientale il lago mormorerà i suoi sogni.

 

29. Salendo a mezzogiorno d'estate al passo Mi T'ang

 

In modo leggero e baldanzoso

saluto gli amici per salire dal lago,

solo, al passo montano Mi T'ang.

 

Ripido, ripido il sentiero arrampica

tra macchie di pino mugo

e massi che biancheggiano al sole.

 

Ormai è trascorso molto tempo

da che son partito, ma il passo montano

resta ancora distante.

 

Mi volgo indietro e guardo

sul fondo della valle, lontano,

il laghetto dei Camosci Selvatici.

 

Le mie gambe, ahimè,

cominciano a dolere e mi rammentano

che un'altro anno è passato.

 

Quand'ero più giovane camminavo

in modo baldanzoso e leggero a lungo

sui fianchi ripidi dei monti.

 

Provavo gusto persino a burlarmi un poco

dei vecchi viandanti che incedevano

lenti e barcollanti sul mio sentiero. Sorridevo.

 

Oggi cammino più adagio

e qualche passo anch'io lo appoggio

in maniera maldestra e incerta.

 

La malinconia mi invade:

per quanto tempo ancora potrò

partire con animo lieto

per avventure alpinistiche?

 

Già forse si preannuncia il giorno

in cui dovrò rinunciare per sempre

alle azzurrità del cielo d'estate,

al verde delle macchie di pino mugo

e al candore degli eterni nevai?

 

Così, masticando i miei tristi pensieri,

proseguo nella salita ripida

che s'arrampica verso il passo Mi T'ang.

 

Un aquilotto selvatico mi scorge,

e lancia il suo grido verso i crepacci:

tutta la valle ne echeggia.

L'eco risuona di roccia in roccia

e mi risveglia al presente.

 

È vero: un'altro anno è passato.

Ma che importa?

L'azzurro del cielo riverbera in me

con scrosci iridati di luce,

 

il verde degli arbusti di pino strisciante

s'intreccia nel mio cuore col biancore

d'eterni, immensi nevai.

 

E quando un giorno le avventure alpinistiche

non saranno per me

che un riflesso languente del passato,

 

nel fresco giardino della memoria

ancora potrò cogliere la corolla di rododendro

che adesso appare improvvisa tra le rocce

all'ultima svolta del sentiero montano.

 

30. Sera d'inverno

 

Ho chiuso bene la porta della mia casetta

per trascorrere nella quiete

le ore pigre e sospese

d'una sera di mezz'inverno.

 

Verso nella ciotola smaltata di verde

il mio vino dolce di prugne

sorbendolo con delizia

a piccoli, radi sorsi.

 

Bene ho serrato la porta della mia casetta

per trascorrere nella quiete

le ore pigre e sospese

d'una sera di mezz'inverno.

 

Non rimpiango gli amici

che tutti ospito stasera

nella pace intatta del mio cuore.

Certo è una festa quella che stiamo celebrando.

 

Penso che saranno concordi gli amici con me

nel chiamarla in questo modo:

"La festa del silenzio gioioso di mezz'inverno".

 

Sono grato a quelli che stasera

non fanno tintinnare il campanello

per chiedermi udienza.

 

Sono grato a quelli che stasera

non mi domandano consiglio

ne' cercano parole di speranza.

 

Sono grato a tutti coloro

che senza neppure saperlo

rispettano la silenziosa gioia della mia festa.

 

Ascolto la muta risonanza

del mondo che riposa nel freddo;

ascolto le voci lontane che si perdono

nella quiete stellata della sera invernale,

 

ascolto il tranquillo pulsare del cuore

al ritmo impalpabile d'amabili ricordi.

Del mio amore per la solitudine

stasera son solo a prendermi gioco.

 

Sfogliando il libro dei poemetti

"La Terrazza delle Fresche rugiade"

rivivo lo spavento

provato alle le gole di Mou-ling.

 

Sfogliando il libro dei poemetti

"La Terrazza delle Fresche rugiade"

sento rinascere a nuova vita

lontani inverni e primavere antiche.

 

Sfogliando il libro dei poemetti

il verso che più mi commuove stasera

è quello dove si parla della malinconia

che da giovane non conoscevo.

 

Ora, non più giovane, la malinconia la conosco a fondo.

Anche se vorrei saperne parlare con parole di giada,

m'accontento di dire in un sospiro:

"Oh, com'è bella questa notte silente d'inverno!"

 

I poemetti della Terrazza delle Fresche Rugiade

sono stati composti e venivano spesso cantati

da Tchi Ch'ong Tzu: colui che senza sforzo apparente

ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

Indice de "La Terrazza delle Fresche Rugiade"