CAPITOLO TERZO

 

11. Nell'apprendere che l'amico Wei-sheng

era disceso alle Gialle Sorgenti

 

Il foglio della tua ultima poesia

l'ho ancora appeso alla parete della mia capanna.

Leggo un'altra volta le parole che m'inviasti

in un autunno ormai lontano.

 

"Fiori di paulonia che stan per cadere:

simbolo di chi pensa a un amico lontano!"

 

Ora che sei disceso alle Gialle Sorgenti

e passeggi per le praterie dove il sole non arriva a brillare,

credo che proverai almeno un po' di nostalgia

per i giorni di maggio che abbiamo trascorso assieme.

 

Ricordi? Camminavamo a passi lieti

per i viottoli bordeggiati d'erbetta fresca

divertendoci a scambiare l'un l'altro

i versi amati del nostro caro Li Po.

 

Amico, alle Gialle Sorgenti ti sento lontano

e vorrei poterti inviare almeno

il poemetto dei fiori di paulonia,

ma non m'è consentito:

questo è il decreto del Signore di Giada.

 

Dunque prometto, per vincere la nostalgia che m'invade,

che un giorno vicino verrò a passeggiare con te

per le nebbiose praterie dove il sole non arriva a brillare

e anche laggiù continueremo a scambiarci

i versi amati del nostro caro Li Po.

 

12. In un limpido mattino d'autunno,

sapendo che sto per lasciare per sempre questo mondo

 

Nei giorni in cui ero giovane,

spesso mi sforzavo di provare

cosa mai fosse la malinconia.

 

Mi appartavo tutto solo in un cantuccio

cercando di ricordare le gioie passate

e credendo di soffrire nell'averle smarrite.

 

Ora son vecchio e la malinconia io la conosco a fondo:

vorrei parlarne ed esito, vorrei parlarne ed esito...

Mi accontento di dire con un sospiro:

"Oh, com'è bello questo fresco mattino d'autunno!"

 

13. Quando i diecimila esseri cadono in letargo

 

Nevicata nella notte a Poyang-mei.

Presto mi levo per render visita al duca:

il vento freddo fa volare la mia tunica

e invano mi stringo nel giubbotto.

 

Come maiali e leprotti selvatici

dormono nelle loro tane buie,

così il mio duca dorme nel suo letto

senza far memoria dei precetti antichi.

 

Quando in un regno principi e sovrani

tengono in dispregio le usanze d'una volta,

come potranno ordine e buoni costumi

risplendere tra il popolo?

 

Decadenza, decadenza!

 

Torno a casa e con neve sciolta

mi preparo un tè profumato.

L'aroma del tè almeno è sempre uguale

da mille e mille anni sino ad oggi.

In una tazza di tè dimentico ogni delusione,

sciolgo i miei affanni

e libero da passioni

infrango gli Otto limiti del Compasso.

 

Grande Vuoto, Grande Vuoto!

 

Almeno in te, Grande Vuoto

mai e poi mai si darà decadenza.

 

14. Notte di luna

 

Immobile il tempo, immobile la luna,

immobile il vento, immobile il cuore,

immoti per sempre

in questo incanto di madreperla.

 

15. In vicinanza del Tempio dei Densi Aromi

 

Ho superato di buon passo il laghetto del nord

dove nuotano pigre le tartarughe:

il sentiero curva inoltrandosi nel bosco

mentre l'ombra pomeridiana diviene sempre più fitta.

 

Guardo nel cielo di là dalla cima dei pini

e m'arresto per un istante, assorto,

a contemplare il lento trascorrere delle nubi.

Proseguo. La radura s'ammanta di porpora

per il sole ormai prossimo al tramonto.

 

Una vecchia porta ad arco dalle tegole sconnesse

si leva sull'erba. Essa mostra un pannello

con incise sul fondo turchese antiche lettere d'oro:

 

<<Viandante che hai spinto il cammino

fino alle pendici boscose del T'ai-shan

chiedendo riposo per il tuo cuore

tanto anelante al Silenzio che Canta,

 

sospendi infine i tuoi passi e ascolta

il vento stormire tra i rami,

poiché la quiete che sempre hai cercato,

se tu la desideri, ormai l'hai raggiunta.

 

Il tuo sguardo non scorra distratto sulla breve distanza

che ti separa dal Tempio dei Densi Aromi.

Rimira in pace profonda sul limitare del bosco

un riflettersi lucente di sole di giorno e, la notte, di luna.

 

È l'acqua dello stagno che si diverte e gioca

col Signore del cielo e la Regina del buio.

È l'acqua limpida dello stagno che echeggia insieme alla luce

il ritornello della canzone che da tanto desideri udire:

 

questo è il Tempio dei Densi Aromi

che in tempi lontani è stato innalzato

in onore del tuo Dio interiore;

 

questo è il Tempio dei Densi Aromi,

specchio e riflesso del tempio che la luce

ha edificato nelle profondità del tuo essere;

 

questo è il Tempio dei Densi Aromi

nel quale incessantemente si celebra la liturgia

dell'essere, del divenire, dell'eternità e del nulla.

 

Attraverso questa porta, o viandante,

accedi con animo trepidante di gioia

al sacrario più divino di tutti i santuari.

Accendi bastoncini d'incenso profumato

col desiderio riposto che mormora in te:

 

'Io desidero, io desidero poter desiderare

per tutti i giorni del mio cammino vitale

di consacrarmi a te, o Dio che ti nascondi

e ti riveli al tempo stesso nello splendore

che brilla da sempre nel cuore del mio essere.'

 

Ricorda, o viandante, quando il sentiero

t'avrà ricondotto al fragore dei tuoi giorni,

e di questo portale arcano

non conserverai che diafana memoria,

 

ricorda, viandante, che di tutti gli Aromi

densi e squisiti che aleggiano innanzi all'altare

del Dio il cui nome è mistero e la presenza rivelazione,

ricorda: il più fragrante dei cento Densi Aromi

emana dalla pace che ha inondato ormai il tuo cuore

e l'ha trasformato nel vero santuario del Silenzio che Canta.>>

 

Indice de "La Terrazza delle Fresche Rugiade"