LA PREZIOSA GHIRLANDA

Opere canoniche della Scuola della Preziosa Ghirlanda

Traduzione, prefazioni e note di Daniel Ch'iu-ming

 

IL GIUSTO COMPORTAMENTO

 

PREFAZIONE

 

Se Il Giusto Comportamento (Li Ching) é, tra i classici cinesi, il meno conosciuto in Occidente (é questa infatti la prima traduzione in una lingua europea) nondimeno esso gode nella sua terra d'origine di altissima considerazione da parte d'una ristretta élite di squisita raffinatezza spirituale ed intellettuale successiva ormai, sia storicamente che culturalmente, alla grande rivoluzione maoista. In talune scuole dello Shantung e del Kiangse questo libro é addirittura studiato e venerato come testo canonico assieme ad altri scritti nati nella scuola di Ch'ong Tzu (il cui elenco completo comprende, oltre a "Il Giusto Comportamento", anche "La Grande Pratica" ed una raccolta poetica intitolata "La Terrazza delle Fresche Rugiade").

Più che incerta é la datazione del corpus principale dell'opera e sfuggente la collocazione storica della figura del maestro. In quale epoca Ch'ong Tzu avrebbe comunicato i suoi insegnamenti istituendo quella che in seguito sarebbe diventata una vera e propria scuola di sapienza e di etica?

Se qualche vago indizio sembra suggerirci l'ipotesi che l'elaborazione della dottrina di Ch'ong Tzu sia tuttora in corso, moltissimi altri elementi proiettano indubbiamente le parti più antiche dell'opera in un lontano passato feudale, forse all'epoca della fulgida dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.) quando non prima. I sensibili influssi buddhisti che traspaiono da alcuni paragrafi, d'altra parte, parrebbero rivelarne un'origine contemporanea o successiva al regno degli Han orientali (I secolo d.C.). Riteniamo però da respingere, per ovvie motivazioni d'ordine storico ed esegetico, la versione dottrinale tramandata dai seguaci della Scuola, che data la redazione de "Il Giusto Comportamento" a 4500 anni prima dell'era cristiana.

Certo è però che la figura del maestro - ed in ciò consiste il fascino e la fragranza degli aforismi e degli aneddoti qui raccolti - si staglia nelle pagine del libro con vivacità tale da suscitare l'impressione che ancora oggi si potrebbe incontrarlo per le strade ed ascoltarne gli insegnamenti dalla viva voce.

Paradosso, saggezza o semplicemente follia? Cosa costituisce il nucleo più intimo del pensiero di Ch'ong Tzu? Difficile dal punto di vista occidentale formulare una risposta esauriente a queste domande.

Ciononostante, e malgrado lo sconcerto che molte pagine de "Il Giusto Comportamento" possono creare, il tono del maestro - ora ombreggiato di malinconia, ora aspro e graffiante - non può non conquistare il lettore disponibile al suo bizzarro gioco di allusioni, ammiccamenti e improvvise capriole logiche.

Né possono mancare di restare impresse nella memoria le figure dei primi discepoli, degli amici, di quanti cercavano maestro Ch'ong semplicemente per ricevere da lui un'indicazione rasserenante sull'arte difficile del vivere. È questo un coro di tipi umani che davvero possiamo riconoscere in tutte le epoche e a tutte le latitudini.

Il pensiero di Ch'ong Tzu, nutrito di riferimenti culturali svariatissimi, rivela tra l'altro una originale sintesi dei tre sistemi dottrinali ed etici che da secoli innumerevoli nutrono la vita cinese in ogni suo aspetto: Confucianesimo, Taoismo e Buddhismo, quest'ultimo specialmente nella diramazione Ch'an. Potremmo perciò quasi paragonare il Li Ching ai testi fondanti della tradizione del Regno di Mezzo: l'Yi Ching (Il Libro dei Mutamenti), il Tao Te Ching (Il Libro della Via e della sua Virtù), il Chuang Tzu Ji-shi e le opere di Kong Fu Tzu (Confucio) e della sua Scuola: La Pietà Filiale, Il Grande Studio, L'Invariabile Mezzo, I Dialoghi.

La presente traduzione nasce dal confronto di due diverse copie, la prima ritrovata ad Hong-kong nel 1965, l'altra a T'ien-tsin nel 1988. La duplice fonte spiega la presenza d'alcune frasi tra parentesi in quanto citate in una versione ma mancanti nell'altra.

Un sentito ringraziamento va al professor Chou Hsiao Dong per i suoi preziosi consigli riguardo a talune ambiguità linguistiche.

Grazie di vero cuore poi a tutti gli amici (e sono realmente molti) che hanno trascorso innumerevoli serate in mia compagnia ad ascoltare la lettura di questa traduzione sorseggiando tè verde e sakè.

 

Boston, 28 Luglio 1989

Anno del Serpente

 

CAPITOLO PRIMO

 

1.

Il maestro (Ch'ong) si recò un giorno a render visita al monaco taoista Po Tzu. Costui abitava in una capanna presso le sorgenti del fiume Lu, in vista della Cascata dei Sei Dragoni*, sul monte Pu-ch'i.

"Sai formulare" - chiese Po Tzu - "l'inesprimibile realtà celata nei diecimila esseri grazie a cui nel folle traluce la saggezza e nel saggio la follia?"

Il maestro restò per un istante a fissare la barba del monaco Po Tzu leggendone le segrete intenzioni, quindi, distendendo il volto in un luminoso sorriso, "Se contempli nello specchio la tua saggezza," - disse - "amico mio, la tua stoltezza è davvero immensa. Se la tua stoltezza è immensa, cavalcala: potrai forse approdare in questo modo alla vera saggezza."

E si diede a cantare a voce molto alta la canzone Peonie che cadono dai rami - bianchi crisantemi d'autunno. In un volo di gru s'è persa la mia tristezza. Chi mi aiuterà a ritrovarla? Forse tu, ranocchia canterina?

Il maestro s'allontanò danzando e schioccando ritmicamente la lingua col palato.

Il monaco taoista Po Tzu, profondamente costernato per il comportamento incongruo del maestro, pensò: "Ahimè, davvero nessuno fra quanti hanno incrociato il mio lungo sentiero ho visto sino ad oggi così stolto come l'amico Ch'ong."

Allontanatosi che fu, il maestro da parte sua così commentò il dialogo col monaco taoista Po Tzu: "Chi può dire se per caso il vecchio Po ha capito il mio insegnamento? Egli va interrogandosi senza posa sul mistero dei diecimila esseri che nascono, vivono e muoiono e non degna d'un solo sguardo l'unico essere da cui potrebbe venir ammaestrato. Si gira e rigira nei suoi pensieri avvoltolandosi come l'insonne di notte fa con la coperta. Oh, la sua barba, la sua barba! Potesse crescere così lunga da farlo inciampare e ruzzolare ben bene lungo il sentiero che porta alla sua capanna presso le sorgenti del fiume Lu! Forse il monaco Po Tzu si sveglierebbe così di soprassalto varcando gli Otto Limiti del Compasso e salpando finalmente tra le onde del Mare del Silenzio che canta! Chi potrà mai dirmi se per caso il vecchio Po ha compreso a fondo il mio insegnamento?"

(E scese dunque con cuore ridente al paese poiché s'era intanto fatta sera e la zuppa fumava già sulla sua mensa.)

 

Note:

* La Cascata dei Sei Dragoni è chiamata altrove Cascata dell'Arcobaleno. Nei suoi dintorni fu in seguito edificato un tempietto votivo per ricordare la salita al cielo di Tchi Ch'ong Tzu.

 

2.

Il maestro, parlando una volta ai suoi discepoli dell'eremita Po Tzu (che vive in una capanna presso le sorgenti del fiume Lu, in vista della Cascata dei Sei Dragoni, sul monte Pu-ch'i) disse: "Quando anche voi faceste il giro completo degli otto orizzonti, nulla potreste scoprire di tanto delizioso quanto una visita all'eremita Po Tzu: egli sa porre con amabilità e dolcezza domande sciocche, ascoltare con garbo risposte insensate e soprattutto sarebbe in grado di farsi disarcionare da un asino ben sedici volte di seguito senza il minimo lamento."

 

3.

Il discepolo Hu Keng Tang domandò (al maestro): "Insegnami, ti prego, il mezzo più sicuro per uscire dal mondo dell'illusione e del dolore."

Ammiccando, il maestro rispose: "Quando la fame ti divora, non mangiare; quando la sete ti distrugge, non bere; quando il sonno oscura il tuo sguardo, non dormire. Alcuni patriarchi del passato praticarono con diligenza e costanza irriducibile questo metodo e conseguirono un successo perfetto abbandonando in breve tempo il mondo illusorio del dualismo. Voglio però rivelarti una via ancor più diretta e davvero infallibile: essa ha nome La strada sublime del Fiore di Mandorlo. In un fresco mattino di primavera portati sulla riva del fiume Han e lasciati perdere nella piena impetuosa del disgelo, proprio come farebbe un fiore di mandorlo che ondeggiando si stacchi dal suo ramoscello. Anche tu (come gli antichi patriarchi) conseguiresti un successo perfetto, te l'assicuro. Il mondo imperfetto del dualismo si chiuderebbe alle tue spalle mentre finalmente io sarei liberato per sempre da uno che non sa far altro che assillarmi con domande inutili e sciocche."

 

4.

Tchi Ch'ong Tzu disse: "Stolto è il duca di P'ing*. Tre volte di seguito gli devo ripetere il più elementare insegnamento ed alla quarta confonde ancora tutti i termini della questione. Sicuramente un giorno coronerà ogni sua (più alta) ambizione diventando primo ministro!"

 

Note:

* Fei-wenn, duca del distretto di Wu P'ing (852-912 d.C.), si è distinto per la mitezza del suo governo e la saggezza degli editti, al punto da meritare dal popolo l'appellativo di "Wenn dalla Mente Pura". Per questo riteniamo che il modo sarcastico con cui Ch'ong Tzu s'esprime sul suo conto sia un espediente didattico. Un discendente del duca Fei-wenn, Chung-shan di Mou, è ricordato come quarto dei Cinque Grandi Patriarchi della Scuola della Preziosa Ghirlanda.

 

5.*

Il discepolo Yu Shu Ho chiese della virtù. "Chi parla della virtù manca di modestia" - disse Ch'ong Tzu. "Se la modestia è una virtù, come potrà chi non è virtuoso parlare della virtù?"

 

Note:

* A più riprese, nel corso del libro, si ripercorrerà questa tematica da angolature lievemente diverse. (Cfr. coi paragrafi 28 e 49).

 

6.

Il maestro disse: "Tre carri trainati da buoi trasportano molto riso, tre sciocchi recano infinita stoltezza. Se nel mondo tutti (gli sciocchi) possedessero tanto riso quanta stoltezza, chi più morrebbe di fame?"

 

7.

Il discepolo Chang Kao chiese della virtù. "La virtù" - disse il maestro - "è come un paio di sandali di buona fattura: te li metti ai piedi e fai molta strada sulla terra. Ma se per caso tu non avessi piedi, allora non avresti alcun bisogno di sandali né di virtù (pur non restando mai scalzo)."

 

8.

Una bella sera d'estate Ch'ong Tzu sedeva sul terrazzo a godere la brezza contemplando la luna e i fiori di paulonia. Improvvisamente un grillo saltò nella ciotola che il maestro teneva appoggiata sulla stuoia accanto a sé e si diede a frinire in maniera così struggente che questi, del tutto dimentico della luna e dei fiori, ascoltandolo si commosse fino alle lacrime.

Pianto a lungo che ebbe, maestro Ch'ong si asciugò gli occhi, riguardò ancora con dolcezza indicibile la luna e i fiori di paulonia e, in un profondo sospiro, disse: "I diecimila esseri nascono e muoiono, ridono e piangono, si rallegrano e disperano. Ma la luna nel cielo bagna eternamente col suo biancore i fiori di paulonia. Un volo di gru non è mai riuscito a rapire la luna; i fiori sbocciati quest'anno non sono di forma e colore diversi da quelli del tempo del buon re Wenn. Che dire dunque? Che fare? Allorché dovrei tacere, io parlo; quando forse sarebbe giusto ch'io parlassi, taccio. Oh, quanto è saggio l'amico Li Tuan*! Egli soffia lietamente di giorno nel suo zufolo a cinque fori, pizzica di sera le cinque corde del suo liuto e dipinge coi cinque colori paesaggi che nessun uomo ha mai potuto contemplare. Invero, saggio e felice è l'amico Li Tuan!"

 

Note:

* Nel "Libro dei Memoriali del distretto di Poyang-mei" è ricordato Li T'ai Tuan (1350-1420 d.C. ca.), musicista, pittore e poeta molto apprezzato dall'aristocrazia locale.

 

CAPITOLO SECONDO

 

9.*

Le bellezze del monte Lu sono più affascinanti di quelle di qualsiasi altra montagna al mondo. A settentrione si leva la vetta Shiang Lu e sorge il tempio Wei Ai, e il panorama che si offre allo sguardo fra la cima e il tempio è, a sua volta, superiore a tutti i panorami del Lu-shan.

Nel quindicesimo anno del regno dell'imperatore Huann, il discepolo Chu Yi di Tai Yuan vide quel posto e se ne innamorò.

Il discepolo Chu Yi di Tai Yuan si sentì come un viandante di terre lontane che riveda la sua casa, e non avrebbe più voluto muoversi da quel luogo.

Tuttavia la sua mansione di consigliere del duca Chu Kung lo costringeva a lasciare le valli del Lu-Shan (per far ritorno a Ch'ang-an). Egli partì conservando per anni ed anni nel cuore il ricordo del monte Lu con struggente nostalgia.

Quando il duca Chu Kung di Ch'ang-an fu chiamato a palazzo dall'imperatore Huann ed insignito del ruolo di primo ministro, il discepolo Chu Yi (libero da doveri pubblici) fece ritorno al Lu-shan, si fece costruire una casetta presso il tempio, di fronte alla Cima Settentrionale e visse lietamente.

Passava le mattine e le sere ad ammirare le cime delle montagne e ad ascoltare le sorgenti, si godeva la vista dei bambù, degli alberi, delle rocce, delle nuvole: cominciò presto a sentirsi di nuovo sé stesso, felice, riposato e in pace.

La prima notte il discepolo Chu Yi si sentì molto bene, la seconda percepì nel cuore la letizia perfetta, la terza notte comprese d'aver perso per sempre la sua precedente identità.

 

Note:

* Questo paragrafo ricalca da vicino un celebre passaggio di Po Chu Yi (772-846 d.C.).

 

10.

Si tramanda che nel corso di un viaggio particolarmente lungo e difficile, il maestro ebbe a sostare in una locanda presso il passo Mi-t'ang, a nord del fiume Lu. Durante la notte venne inopinatamente svegliato dalla luna che, sorgendo, aveva inondato di luce biancastra la sua stanza.

Il maestro si levò dal giaciglio e abbassò la tenda della finestra.

Poco dopo s'udì dalla cucina uno spaventoso fragore di stoviglie infrante e l'oste che redarguiva aspramente la cuoca per la sua pessima destrezza.

Il maestro nel suo giaciglio si girò sul fianco sinistro.

Non erano trascorsi che pochi istanti - il maestro Ch'ong s'era appena riaddormentato - ed ecco un manipolo di sentinelle in ronda notturna passò accanto alla locanda intonando a tutta voce la celebre canzone La mia bella ha i capelli lunghi come la lingua di comare Hu - Le sue rosse labbra sono ancora più sottili del pensiero del duca di P'ing*.

Esasperato, Ch'ong Tzu si mise a sedere sulla stuoia, prese il pennello e tracciò un sonetto che (in seguito) sarebbe divenuto famoso:

 

Se abbasso la tenda al lume della luna

come fiori di susino cade tutto il vasellame.

Quando sento cantare della fanciulla dai bei capelli

come fiori di mandorlo sboccia il mio poema.

Ma tutto questo potrà mai

ripagarmi appieno per una notte insonne?

 

Note:

* Ci sembra poco probabile che la canzone citata potesse realmente contenere un riferimento al duca Fei-wenn di P'ing in termini così irriverenti, per i motivi espressi nella nota al paragrafo 4. Tendiamo piuttosto a ritenere che si tratti d'una tardiva interpolazione letteraria, peraltro ben accordata col modo in cui "Il Giusto Comportamento" tratteggia questo personaggio.

 

11.

Il duca di Li chiese udienza al maestro e fu ricevuto, sia pur a costo di molte insistenze.

Dopo essersi inchinato tre volte al maestro, il duca Huei chiese: "Qual è il ritratto del discepolo perfetto? (Vorrei infatti conformare ad esso la mia vita.)"

Il maestro disse: "Infinitamente sciocco sembra il mio discepolo Bao-yu. Non legge né scrive, non sa neppure contare. Se apre la bocca è per lo più per sbadigliare o mangiare. Siede tutto il giorno sulla porta di casa osservando formiche, carrettieri al lavoro e comari che discutono tra loro. Si direbbe che il discepolo Bao-yu non possa avere la più elementare forma di pensiero."

Il duca di Ming Li prese a commiserare il maestro: "Come ti compiango per un discepolo tanto stupido!"

Ch'ong Tzu disse: "Soltanto un duca riuscirebbe a parlare così a sproposito di stupidità; eppure egli dovrebbe conoscerla molto bene, visto che ne ha pratica personale e quotidiana! Il discepolo Bao-yu non aderisce alla sua stupidità, anche se di misura formidabile. Egli possiede un cuore che cammina agile, spedito e ridente sulla via dell'autentica libertà. Sì: Bao-yu è ritratto e modello del discepolo perfetto!"

 

12.*

Il maestro andò un bel giorno a rendere visita al monaco taoista Po Tzu. Il monaco taoista Po Tzu, che abitava in una capanna presso le sorgenti del fiume Lu, sul monte Pu-ch'i, dopo averlo affabilmente salutato, gli sottopose una domanda sull'anima dell'uomo saggio e dell'uomo stolto.

Sorridendo, il maestro rispose: "Se nel profondo del tuo cuore ti ritieni saggio, la tua stoltezza invero è grande. Se però la tua stoltezza è grande (com'è grande il monte Pu-ch'i), sforzati di cavalcarla: sulla sua groppa conseguirai il possesso della vera saggezza."

Ciò detto, Tchi Ch'ong Tzu s'allontanò dalla capanna dell'eremita taoista Po Tzu danzando e schioccando la lingua contro il palato.

Il monaco rimase per un po' di tempo costernato ed immobile, quindi disse tra sé: "Davvero nessuno ho mai incontrato tanto stolto quanto il vecchio Ch'ong. Eccolo galoppare a cavallo della sua stoltezza! Essa supera di mille cubiti in altezza la vetta di questo monte. È monumentale come la stupidità di sessantaquattro primi ministri. Dai tempi del grande re Wenn mai si vide stoltezza tanto formidabile e consapevole di sé stessa!"

Il maestro Ch'ong, parlando un giorno ai suoi discepoli del monaco eremita Po Tzu (che vive in una capanna presso le sorgenti del fiume Lu, sul monte Pu-ch'i) disse: "Quando anche voi faceste il giro completo degli otto orizzonti, nulla potreste scoprire di tanto delizioso quanto una visita all'eremita Po Tzu: egli sa porre con amabilità e dolcezza domande sciocche, ascoltare con serietà risposte insensate e soprattutto sarebbe in grado di farsi disarcionare da un asino ben quindici volte di seguito senza (emettere) il minimo lamento."

 

Note:

* Il presente paragrafo ed il precedente n.° 1 sono probabilmente diverse narrazioni del medesimo episodio.

 

13.

Il discepolo Shang Chiu Kai disse un giorno al maestro: "Maestro, il duca di P'ing mi prega di sottoporre al tuo infallibile giudizio un proverbio ch'egli ha composto."

Ch'ong Tzu chiese: "Com'è questo proverbio?"

Il discepolo Shang Chiu riferì: "Prima goditi i piaceri della vita, quindi (se proprio non puoi farne a meno) compi il tuo dovere."

Il maestro commentò allora: "Se questo proverbio non fosse stato composto dal duca di P'ing, potrei dire che contiene una mezza verità."

Il discepolo Shang Chiu Kai riferì al duca di P'ing la risposta del maestro. Il duca di P'ing allora dettò al suo calligrafo e fece appendere sull'ingresso della sala delle udienze un pannello con queste parole: "Prima (compi) il tuo dovere, poi concediti il piacere."

Informatone, il maestro Ch'ong rise di gran gusto ed esclamò: "Ecco un proverbio realmente degno del duca di P'ing!"

 

14.

Il maestro disse: "Il duca di P'ing compie un'azione quasi giusta ogni sessantaquattro azioni sbagliate, ma quando non vi fossero altri (migliori di lui), persino Il duca di P'ing potrebbe venir considerato maestro nell'arte di governare."

 

15.*

Ch'ong Tzu disse: "Un solo bue lavora più utilmente di diecimila ministri. Un solo ministro infligge maggiori disgrazie (al popolo) di diecimila cavallette. Una sola cavalletta divora più erbaggi di diecimila buoi. Per questo non amerò io forse più un bue che un ministro?"

 

Note:

* La satira contro i ministri ed i funzionari governativi in genere è un elemento tipico della letteratura e della poesia cinese, né "Il Giusto Comportamento" fa eccezione a questa regola.

 

16.

Il discepolo Tsai Wo si recò una volta nel villaggio di Kiang-han per acquistare una pipa d'avorio da portare in dono al maestro Ch'ong (essendo questi appena ritornato da un lungo viaggio).

L'artigiano Ku Bo Yu , abile fabbricante di pipe, magnificò a lungo al discepolo Tsai Wo una pipa dal bocchino ricurvo, sostenendo con parole dolci come miele di favo e penetranti come un pungiglione d'ape che allorquando il maestro avesse fumato le sue erbe aromatiche con quella speciale pipa, certo ne avrebbe ricavato un piacere così perfetto da non desiderare altro che di tornar a fumare, scordando addirittura la via che travalica il Compasso dagli otto Orizzonti e l'esercizio della Virtù.

Il discepolo Tsai Wo comperò a peso d'oro la pipa prodigiosa e s'incamminò per fare rientro alla città di Yuan-ping (dove abitava in quel periodo Tchi Ch'ong Tzu).

Lungo la strada provò stanchezza. Sedette dunque sul ciglio della via e provò a fumare la pipa d'avorio scolpita dall'artigiano Ku Bo Yu, maestro nell'arte di fabbricare pipe.

Fu in questo modo che il discepolo Tsai Wo dimenticò per sempre il maestro Ch'ong, il Compasso dagli otto Limiti, l'esercizio della Virtù e si smarrì nell'illusione delle mille incarnazioni.

Quando riferirono al maestro l'increscioso incidente egli, dopo aver considerato a lungo la questione in ogni suo dettaglio, disse: "Una pipa valeva forse un discepolo come Tsai Wo? Ahimè: ora non ho più né discepolo né pipa. In un volo di calabroni ho perduto la certezza dell'uno e la possibilità dell'altra!"

E per tutto il giorno e tutta la notte non volle prendere cibo né acqua ritirandosi in solitudine a meditare le cronache Cento autunni ove si narrano le gesta del duca di Tui P'eng di cui è scritto: "Perse trecento battaglie ma non rimase sconfitto neppure in una delle tremila dispute che sostenne con la madre della sua sposa."

 

CAPITOLO TERZO

 

17.

Alcuni discepoli di maestro Kong* andarono un giorno da Ch'ong Tzu e, dopo molti profondi inchini, gli domandarono cosa egli pensasse del loro maestro.

Ch'ong Tzu disse: "Se messer Kong è probabilmente un grande ed illustre letterato, purtuttavia dubito ch'egli sia un altrettanto grande maestro."

I discepoli di Kong Fu Tzu, turbati, replicarono: "E da cosa ritieni di poter trarre questa conclusione?"

Il maestro rispose loro: "Dal fatto che messer Kong non vi ha insegnato a non credere ai maestri."

(I discepoli di Kong Fu Tzu) chiesero allora: "In che cosa dunque crederemo?"

"Meglio (credere)" - disse il maestro - "nella zuppa di miglio di comare Hu!"

 

Note:

* Kong Fu Tzu, ovvero Confucio (551-479 a.C.)

 

18.

Il discepolo Bao-yu affermò una volta: "Del maestro forse non ho mai compreso una parola. Ma il maestro, senza ch'io pronunciassi parole, comprese e mi mostrò tutta la mia stoltezza. La riconobbi gigantesca, alta fino al cielo. Arrampicandomi lungo le sue pendici (come sulle pendici boscose del Pu-ch'i-shan), riuscii a varcare gli Otto Limiti del Compasso e contemplare in tutta la sua estensione l'infinita stoltezza umana."

 

19.

Il maestro disse: "Veramente il duca di P'ing è sciocco oltre ogni dire. Se lo correggo si sforza sempre di trovare una giustificazione ed una volta che giustificato si sia cerca di correggermi per aver tentato di correggerlo. Nessuno mai ho incontrato sino ad oggi così stolto come il duca di P'ing. Facilmente coronerà la sua esistenza diventando primo ministro!"

 

20.

Il discepolo Po Ying-wu chiese della pazienza. Il maestro non rispose, limitandosi a sputare nell'occhio sinistro del discepolo Po Ying-wu.

Non avendo ricevuto risposta, il discepolo Po Ying-wu chiese ancora della pazienza. Pure questa volta il maestro non aprì bocca e rovesciò il tè bollente della sua tazza sul piede destro del discepolo Po Ying-wu.

Lamentatosi a lungo che si fu, il discepolo Po Ying-wu tornò a domandare della pazienza, e per tutta risposta ricevette dal maestro un poderoso pugno sul naso.

Allora, non potendo più sopportare queste vessazioni, il discepolo Po Ying-wu corse a sfogarsi dal discepolo Mao Chien denunciando la durezza del cuore (e del pugno) del maestro.

"Stavolta" - disse - "il maestro è riuscito davvero ad esasperarmi!"

Il discepolo Mao Chien fece prontamente notare al discepolo Po Ying-wu come Ch'ong Tzu, senza definire in alcun modo la pazienza, gli avesse dato una vivida percezione della sua mancanza.

Il discepolo Po Ying-wu ebbe così la sua prima illuminazione cambiando da quel giorno il suo nome in Po-che-quasi-tutto-ha-compreso-rimettendoci-il-naso.

 

21.

Il maestro disse: "Una grande pancia val più di un otre di vino nuovo (anche se entrambi possono talvolta gorgogliare)."

 

22.

Il discepolo Bao-yu non disse nulla. Per questo è ricordato ancora oggi.

 

23.

Si tramanda che il maestro non ridesse mai nei giorni di mercato. Quando gliene domandarono il motivo, scoppiò in una fragorosa risata. Infatti non era giorno di mercato.

 

24.

Nell'anno in cui ricoprì l'incarico di primo ministro nel regno di Lu-ming, sotto il re Wu, il duca di P'ing mandò un giorno i suoi servitori a chiamare il maestro.

Il maestro rifiutò di ricevere in casa sua i servitori ed inviò al duca di P'ing (attraverso il discepolo Tsu Yung) una tavoletta sulla quale aveva scritto con caratteri impeccabili:

"Ha forse il duca di P'ing studiato a fondo La Ballata dei Carri da Guerra? Sa forse il duca di P'ing intonare con arte La Ballata dei Cento Eserciti? Ha forse il duca di P'ing una pancia tanto grande da impedirgli di muoversi? Mi ha per caso il duca di P'ing mandato almeno un orciolo di vino nuovo? (Perché dovrei dunque consumare il mio tempo per sfamare la vanità vorace del duca di P'ing?)"

 

CAPITOLO QUARTO

 

25.

La dama Lu Ling, una delle dame di rango superiore del palazzo del principe Wei di Ch'iu, chiese al maestro della bellezza.

Il maestro rispose: "Facile è la bellezza a trovarsi: essa infatti ci viene incontro da tutte le cose ad eccezione che da quelle brutte (e difformi rispetto alla Via)."

 

26.

Il governatore Ssu Chang-ch'ing chiese un giorno della bellezza.

"Dove stia di casa la bellezza io non te lo dirò," - rispose Ch'ong Tzu - "ma certamente non la potrai trovare nel palazzo del duca di P'ing!"

 

27.

Il discepolo Mo K'uang, notevole per la sua bizzarra e sgradevole fisionomia, domandò un giorno al maestro della bellezza.

Il maestro Ch'ong disse: "Specchiati nello stagno dove i ranocchi cantano alla luna piena d'estate. Vedi forse la bellezza? Dimmi: la vedi forse tu?"

 

28.*

Huan Chi Sze chiese della saggezza. Ch'ong Tzu disse: "Chi è saggio non parla, chi parla non è saggio. Se tacere è dunque segno di saggezza, come potrà chi non è saggio parlare mai della saggezza?"

 

Note:

* Cfr. coi paragrafi nn.° 5 e 49: la struttura è identica.

 

29.

Il discepolo Yen Chuo domandò al maestro Ch'ong della saggezza. Il maestro rispose: "Mangiare un grosso pesce senza togliere le spine, inghiottire una grossa noce senza spezzarne il guscio: questa di sicuro non è saggezza!"

 

30.

Un giorno il duca di P'ing, dopo aver a lungo studiato e meditato i sonetti di Li T'ai Po*, decise di vuotare una quantità formidabile di tazze di vino procurandosi in tal modo un'eccezionale ubriacatura.

Posseduto totalmente che fu dagli spiriti ribaldi (del vino), iniziò a provare tenerezza profonda e grande nostalgia, e scrisse su un rotolo un messaggio per il maestro che fu immediatamente recapitato al destinatario dai suoi servitori.

Esso diceva: "Quand'anche un solo amico al mondo si ricordasse di te, la vita sarebbe degna ancora d'essere vissuta."

Il maestro lesse attentamente gli ideogrammi vergati con scarsa maestria sul foglio e, sorridendo, li commentò in questo modo: "Che in ogni essere umano sonnecchiasse un asino, ciò mi era noto. Ma che in un asino potesse dormicchiare un essere umano, questa è cosa realmente nuova per me e fatto prodigioso!"

 

Note:

* Li T'ai Po (701-762 d.C.) è il maggiore poeta della dinastia T'ang. In molte delle sue poesie egli ha celebrato l'elogio del vino e dell'ebbrezza.

 

31.

Il principe Tung Fang Shuo di Poyang-mei* disse un giorno al discepolo Chang-fu: "Le parole del maestro Ch'ong sono inutili come un albero di magnolia: dopo una breve fioritura infatti non si raccoglie da questa pianta alcun frutto buono (ad essere mangiato)."

Il discepolo Chang-fu rispose: "Se vedi un grande albero, non pensare alla sua inutilità, ma piantalo piuttosto nel paese del nulla e dell'infinito: tutti potranno così passeggiare sotto la sua ombra e riposarsi al riparo dei suoi rami. Non temerà l'ascia del boscaiolo né l'attacco dei diecimila esseri. Come dunque può la sua inutilità darti pensiero?"

(Il maestro, informatone, così commentò la risposta del discepolo Chang-fu di Wei: "Brillante parlatore sta diventando il mio piccolo Chang, ma i suoi piedi saranno mai capaci di seguire la sua lingua e superarla?")

 

Note:

* Tung Fang Shuo, principe di Poyang-mei (1246-1299) è nominato più volte nel "Libro dei Memoriali del distretto di Poyang-mei". A lui viene attribuita l'iniziativa di far edificare una solida cinta muraria attorno alla cittadina e d'averla fatta decorare, si dice, con gusto raffinatissimo.

 

32.*

Il maestro disse: "É un pessimo barcaiolo quello che se la prende con le svolte del fiume."

 

Note:

* Questo motto è divenuto in seguito proverbiale ed è a tutt'oggi usato.

 

CAPITOLO QUINTO

 

33.

Il maestro percorreva un giorno con una carovana un'alta ed impervia giogaia. D'un tratto riconobbe a molte braccia sotto di sé, lontano e minuscolo, il villaggio alpestre dove solitamente amava trascorrere il mese più caldo dell'estate nella pace perfetta.

Fissò a lungo il paesello con animo colmo di dolcissima nostalgia sinché la distanza l'ebbe velato di sofficità nebbiose, quindi, rivolto al discepolo Kao Shih (che lo accompagnava) disse: "Un viaggio costa sempre infiniti rimpianti e solo in apparenza potrebbe arrecarci un po' di pace !"*

 

Note:

* Gioco di parole intraducibile tra i termini arcaici Ta-i, "viaggio" e T'ai, "pace".

 

34.

(Il discepolo) Tien Tse Fang disse: "Raramente il maestro stava a pranzo in compagnia di gente ignobile, ma quando per avventura ciò avveniva egli sembrava comportarsi in maniera ancora più ignobile della loro (creando in tutti un senso di immenso imbarazzo)."

 

35.

Ch'ong Tzu disse: "Se riesci ad annodarti il naso, la tua abilità invero è grande. Non sarebbe allora assai più pratico ricordare direttamente quel che occorre senza far ricorso ad astrusi espedienti?"

 

36.

Accadde che il discepolo Bao-yu cadesse molto malato. Ch'ong Tzu non si allontanò per tre giorni e tre notti dal suo capezzale.

Il quarto giorno, ristabilito che fu il discepolo Bao-yu, il maestro uscì all'aperto ed alla luce del primo mattino si sciacquò il viso con l'acqua fredda del torrente.

Quindi compose il sonetto Tre piccole foglie d'altea appassite, si recò al palazzo del re (Ssu Wu, del quale era allora consigliere) ed assolse impeccabilmente ai suoi uffici.

 

37.

Il maestro disse: "Quattro monete d'oro per due tazze sfondate: veramente questo è un prezzo troppo alto!"

 

38.

Se il discepolo Bao-yu avesse mai cercato di dare un insegnamento (parlando), oggi non lo ricorderemmo tra gli antichi saggi.

 

39.

Era una mattina d'inverno particolarmente fredda. Al risveglio Ch'ong Tzu si rese conto che durante la notte aveva abbondantemente nevicato.

Indossò sulla tunica di lana gialla il giubbotto di volpe dorata, infilò ai piedi calde calzature ed uscì di casa per recare la sua deferenza ed il suo omaggio al principe di Poyang-mei. (Era infatti il giorno del solstizio e, in occasione della chiusura dei passi montani, l'usanza voleva che i sudditi visitassero i signori del regno rinnovando il loro voto di fedeltà.)

Dopo aver a lungo camminato affondando sovente fino alla cintola nella neve fresca, il maestro Ch'ong giunse finalmente al palazzo del principe Shien Chu di Poyang-mei e domandò ai servitori d'essere ammesso alla presenza del signore.

Ma i servitori risposero che quel giorno era impossibile ogni udienza (dal principe Shien Chu di Poyang-mei) poiché, a causa della nevicata notturna, egli si sentiva sfibrato da pesante indolenza ed aveva stabilito di non lasciare il suo giaciglio sino all'indomani.

Il maestro ripercorse quindi la strada in senso inverso mentre il vento gelido andava sferzandogli naso ed orecchie.

Rientrato a casa compose uno dei suoi sonetti più amari, divenuto poi celebre come Quando i diecimila esseri cadono in letargo:

 

Nevicata notturna a Poyang-mei:

presto mi levo per visitare il principe.

Il vento freddo sferza la mia tunica

ed invano mi stringo nel giubbotto.

Come i leprotti ed i maiali selvatici,

il mio signore dorme nel suo letto

senza far memoria dei precetti antichi.

 

Se nel regno principi e ministri

non tengono in alcun conto le usanze d'una volta,

come potranno ordine e buoni costumi

risplendere tra il popolo?

Decadenza, decadenza!

 

Torno a casa e con neve sciolta

mi preparo un tè profumato:

l'aroma del tè almeno è sempre uguale

a quello che allietava le ore buone

del saggio re Wenn.

 

In una tazza di tè dimentico ogni delusione,

sciolgo i miei affanni e libero da passioni

infrango gli Otto Limiti del Compasso.

 

Grande Vuoto, Grande Vuoto!

In te di certo

mai vi sarà decadenza!

 

40.*

Il principe Wei, in occasione delle nozze di suo nipote, mandò un suo dignitario di secondo rango a supplicare il maestro affinché volesse formulare un buon augurio per il fausto evento. Il maestro fece vergare su un foglio (che inviò racchiuso in uno scrigno di foggia molto semplice) queste parole: "Muore il nonno, muore il padre, muore il figlio."

Quando il principe Wei ebbe letto la riposta di Ch'ong Tzu, andò su tutte le furie ed inviò di nuovo il suo messaggero a domandare il senso di quello scherzo di pessimo gusto.

Il maestro, tranquillamente, rispose: "Il principe mi ha domandato un buon augurio ed io l'ho formulato con sollecitudine ed autentica devozione! Che sarebbe infatti della felicità (d'una famiglia) quando morisse prima il figlio, poi il padre e da ultimo il nonno?"

 

Note:

* Questo aneddoto viene altrove riferito a Confucio.

 

CAPITOLO SESTO

 

41.

Si dice che il discepolo Bao-yu fosse assai più attivo nel sonno che durante la veglia.

 

42.

Ch'ong Tzu amava cantare spesso, accompagnandosi col liuto a cinque corde, la ballata Il mio amore è triste come il laghetto Yu-gong in autunno.

Nei giorni di primavera, però, preferiva intonare il sonetto Fiori di magnolia nel padiglione dei bambù.

 

43.

Il maestro disse che la musica alla corte del principe T'o di Wei raggiungeva talvolta il massimo della bontà e della bellezza. Alla corte del governatore di Ch'en, invece, la musica poteva raggiungere il massimo della bellezza ma non della bontà.

(Egli aggiunse che non è sufficiente per la musica di raggiungere il massimo della bellezza. Essa deve conseguire anche il vertice della bontà.)

 

44.

Il maestro si comportava in maniera amichevole senza mai perdere una certa compostezza, sapeva essere austero senza però avere rigidità, scherzava senza mai uscire di squadra, era rispettoso eppure naturale.

Tutte queste qualità passarono al discepolo Tzu-chang, che però puzzava terribilmente di stalla.

 

45.

Un monaco taoista andò a trovare Ch'ong Tzu (del quale aveva udito parlare come d'un autentico saggio) con l'intenzione nascosta di mettere alla prova l'acutezza della sua comprensione del Grande Vuoto.

Il maestro ricevette il monaco taoista con squisita gentilezza invitandolo a bere una tazza di tè verde mentre, disse, si sarebbero reciprocamente ammaestrati sul Tao.

Con immenso stupore del monaco, però, quando furono seduti per bere il tè, Ch'ong Tzu si cinse d'impenetrabile silenzio.

Invano il monaco taoista enumerava le virtù dell'Inesprimibile Sorgente d'ogni virtù, invano con abbondanza di parole dalle mille sfaccettature egli intarsiava l'una accanto all'altra (come abile maestro orefice) le infinite verità che procedono dalla Verità né vera né falsa.

Per nulla compreso dalla forbita eloquenza dell'ospite, il maestro sorbiva il suo tè verde restando più silenzioso d'un macigno.

Concluso il monaco che ebbe il suo monologo, Ch'ong Tzu si levò in piedi, agguantò un nodoso bastone e lo colpì nel bel mezzo della pelata (poiché il monaco apparteneva a un ordine in cui era prescritta la tonsura) lasciandolo senza sensi per circa mezz'ora.

Rinvenendo dal mondo dell'oblio e del nulla, il monaco si ritrovò accanto Ch'ong Tzu il quale, con un amabile sorriso, gli disse: "Per dieci minuti mi hai assordato con quelli che chiami i Centomila bellissimi Nomi del Senza Nome. In compenso io t'ho inviato per mezz'ora abbondante nel Grande Vuoto. Dimmi: chi tra noi due è maestro e chi discepolo?"

 

46.

Il maestro disse: "I primi giorni d'autunno sono i più tristi dell'anno. La memoria dell'estate infatti non è ancora sopita, ma l'apprensione per il lungo inverno è viva. Malinconica è specialmente l'ora del tramonto: la memoria del giorno infatti non è ancora sopita, ma l'apprensione per la notte è molto viva. Oh, mi fosse dato di cantare in un poema delicato la tristezza dei primi tramonti d'autunno!"

 

47.

Il maestro disse: "Se osservo di cosa sono capaci gli uomini pur di farsi strada a gomitate, mi viene in mente un tale che in un giorno di fine inverno volle farsi un pupazzo di neve adornandolo di gemme e preziosi monili, e poi elevò un tempio.

Si può aspettare che il tempio sia costruito per poi rinchiudervi il pupazzo di neve come un Buddha?

Succede molto spesso che un uomo continui a lottare nella speranza di riuscire ad affermarsi, mentre la vita che gli resta, e che lui crede ancor molto lunga, stia in realtà consumandosi dalla radice, proprio come un pupazzo di neve che si sciolga al sole di primavera."

 

48.

Ch'ong Tzu disse: "L'idiozia del duca di P'ing è immensa come il monte Pu-ch'i: in essa possono* (agevolmente) trovare riparo cinquemila bestie e quindicimila somari."

 

Note:

* Altra traduzione: "In esso (il monte, n.d.t.) possono..."

 

CAPITOLO SETTIMO

 

49.*

Il discepolo Hou Pa chiese della modestia. "Se uno parla della modestia non la possiede" - disse Ch'ong Tzu. - "Come potrà dunque chi non è modesto parlare con competenza della modestia?"

 

Note:

* Cfr. coi paragrafi nn.° 3 e 28.

 

50.

Il maestro non perdeva mai la pazienza. Qualcuno perdeva la pazienza in presenza del maestro.

Tutti, in un modo o nell'altro, imparavano dal maestro in cosa consista la virtù della pazienza.

 

51.

Ho Yu, quand'era governatore di Fan-yang, domandò una volta a Ch'ong Tzu a cosa possa paragonarsi la felicità perfetta.

"La perfetta felicità" - rispose il maestro - "è (come) un grande canestro di vimini: può contenere qualunque cosa (vi si ponga) fuorché l'acqua."

 

52.

Quando il duca di P'ing discese alle Gialle Sorgenti* , Ch'ong Tzu portò un lutto irreprensibile per sei mesi. "D'altronde" - commentò - "il lutto per una coppia di somari è di almeno un anno!"

 

Note:

* Le Gialle Sorgenti indicano, nell'antico simbolismo cinese, l'oltretomba.

 

53.

Un giorno il discepolo Bao-yu non chiese nulla. Deducendo Ch'ong Tzu dal silenzio del suo discepolo ch'egli intendesse formulare una domanda sul Senza Nome, non pronunciò risposta.

Entrambi infatti erano (da lungo tempo) al di là degli Otto Limiti del Compasso.

 

54.

Avvenne che il maestro smarrisse una volta per la strada una borsa di monete d'oro (donatagli dal duca Po Ch'ang-ling di Kiu in segno di ricompensa per i buoni consigli ricevuti).

Alla domanda di come non si desse pena per la perdita, il maestro rispose: "Nel perdere una borsa di monete d'oro per via, poco male. Nel perdere me stesso nell'affanno, molto male. Quando infatti smarrissi me stesso, chi potrebbe eventualmente ritrovare le monete d'oro (al mio posto)?

 

55.

La cortigiana Li-li, donna di leggeri costumi, chiese al maestro della castità.

Ch'ong Tzu disse: "Esistono tre generi di castità: la castità del corpo, la castità della mente e la castità del cuore. La castità del corpo spesso è nociva. La castità della mente spesso è salutare. La castità del cuore è sempre raccomandabile."

La cortigiana Li-li ringraziò con rispetto il maestro per l'insegnamento e, rientrando al Palazzo delle Rugiade Fredde, compose una canzone che gli inviò in segno di gratitudine:

 

Chiaro nel cielo scintilla l'astro del Pastorello*,

lucente gli sorride la Signora del Fiume di Nuvole**.

Tra di loro com'è breve la distanza!

Eppure il Fiume non li lascia passare.

Ahimè, qual sofferenza guardarsi sempre

e mai potersi incontrare!***

 

Note:

* L'astro del Pastorello: Vega nella costellazione della Lira.

** La Signora del Fiume di Nuvole: Altair nella costellazione dell'Aquila. Secondo un'antica leggenda, Vega ed Altair sono due stelle innamorate l'una dell'altra. La Via Lattea (Il Fiume di Nuvole) però, li separa per l'eternità scorrendo in mezzo a loro.

*** Questo delicato componimento altro non è che la rielaborazione d'una lirica di epoca Han (206 a.C.-220 d.C.) identificabile nella raccolta "Diciannove vecchi poemetti".

 

56.

Il maestro disse: "Il duca di P'ing, parlando del liutista Ssu-k'ung Shu, afferma essere questi un grande virtuoso: la sua tecnica, dice, è perfetta. Pizzica le cinque corde del suo strumento con insuperabile velocità, anche se la ballata Crisantemi in fiore, eseguita dal liutista Ssu-k'ung Shu, non arriva a commuovere nessuno (se non il duca di P'ing).

Il duca di P'ing sostiene che Mou T'ing sarebbe maestro nell'arte di guidare il suo carro . Ha una vettura bella e straordinariamente veloce ma, col suo eccezionale carro, Mou T'ing non s'è mai spostato d'un solo li*.

Sciocchezze simili possono udirsi solo dalla bocca del duca di P'ing!"

 

Note:

* Il "li" è un'unità di misura cinese pari a circa un miglio.

 

CAPITOLO OTTAVO

 

57.

Il maestro disse: "Tre cose inutili: cercar d'acchiappare l'aria con una retina per farfalle; dar retta ai discorsi del duca di P'ing; eseguire la ballata Crisantemi in fiore senza riuscire a commuovere nessuno. Queste sono tre cose inutili."

 

58.

Ch'ong Tzu disse: "Tre cose sgradevoli: incontrare per la strada uno stolto fermamente convinto d'aver molti argomenti di conversazione in comune con noi; sopportare l'umorismo d'un pescivendolo o d'un becchino; la barba del duca di P'ing. Queste tre cose sono sommamente sgradevoli (ed è fortunato chi può evitarle)."

 

59.

Quattro cose bellissime: il mondo che si vede; il mondo che non si vede; la dama Li-li; la ballata Il mio amore è triste come il laghetto Yu-gong in autunno.

Il maestro disse: "Davvero queste quattro cose sono bellissime!"

 

60.

Un giorno che il maestro sedeva all'ombra d'un susino bevendo una tazza di vino di riso in completa letizia, gli si avvicinò un monaco buddista.

Il monaco, rivolgendosi con somma deferenza a Ch'ong Tzu, domandò: "Maestro, ovunque mi sia recato ho inteso dire che sei uno che insegna secondo verità e che il tuo insegnamento è frutto d'un pensiero libero da sofferenza. Quindi, ti prego, rivelami come e dove potrò trovare la pace del cuore. (Senza pace, infatti, mi risulta del tutto impossibile incamminarmi sulla strada del Dharma* così come veniva predicata dai Sette Vecchi Patriarchi.)"

Il maestro versò tranquillamente la tazza di vino, contemplò i fiori di susino poi, fissando lo sguardo nella luce del tramonto, disse: "Troverai la perfetta pace del cuore, se la desideri, presso un susino in fiore il giorno in cui la smetterai di fare domande stupide." E senza aggiungere altro se ne andò verso casa.

Il giorno seguente, Ch'ong Tzu stava ancora seduto sotto la medesima pianta fiorita di susino e leggeva il libro dei sonetti di Li T'ai Po.

Ad un tratto, vide arrivare di lontano con passo leggero il monaco buddista. Lo apostrofò allora gridando con fare irriverente: "Chi solleva la polvere del sentiero? Forse un asino di razza? Forse quella testa vuota del duca di P'ing? No, no: peggio ancora! È un monaco buddista!"

Il monaco buddista, udite queste parole (del maestro), si turbò profondamente e disse: "Maestro, io venivo a riferirti che il tuo insegnamento ha aperto iersera gli occhi del mio spirito. Ho realizzato infatti che pace del cuore e strada del Dharma non sono legati (tra loro) da un rapporto di causa ed effetto. Ora però le tue parole mi riempiono di sconforto. Perché ti comporti in maniera così ostile?"

Il maestro, visto che non era giorno di mercato, rise di gran gusto (del monaco) e disse: "Qual è la tua comprensione del Dharma se un somaro, una testa vuota ed un monaco sono sufficienti a farti smarrire la pace del cuore? Io ti dico: se fossi realmente in pace sapresti riconoscere ed accettare in te stesso non uno, ma cento asini; non una, ma mille teste vuote; non uno, ma diecimila monaci."

Il monaco buddista replicò: "Dunque, ch'io agisca o non agisca, sbaglio sempre?"

Ch'ong Tzu abbassò gli occhi sul libro dei sonetti di Li Po e lesse ad alta voce:

 

Presto: versiamo insieme

trenta tazze di vino prelibato!

Alza la tua coppa e brinda con me!

 

Se la verità è sublime,

quella bella fanciulla dai capelli neri

e dalle guance rosate

è indiscutibilmente vera.

 

Quando essa acconsentisse, infatti,

potresti amabilmente toccarla con le tue mani !**

 

Rispondimi, cosa preferisci: afferrare con la tua mente l'essenza della verità o accarezzare con le mani una graziosa ragazza?"

Il monaco si ritirò pensieroso. L'indomani, smessa la tonaca, il monaco buddista raggiunse di nuovo il maestro Ch'ong sotto il solito susino e gli disse: "Ieri, mentre ritornavo al monastero riflettendo sulle tue parole, incontrai per via una giovane dalle labbra rosse come ribes maturo e dolci come miele di favo stillante. Con uno sguardo ella mi invitò a tenerle dietro fino alla sua stanza dove per tutta la notte giocammo alla Danza delle anatre mandarine. Non è stato facile stamattina per me, credi, lasciarla sola nell'alcova per venirti a riferire che oggi la Luce Indefettibile risplende nel mio pensiero!"

Il maestro lo fissò duramente rimproverandolo con voce metallica ed aspra: "Il tuo attaccamento ti tradisce. Più che alla castità della mente hai pensato alla concupiscenza del corpo. Sei mille volte più stupido del duca di P'ing!"

Per nulla inquieto, il monaco buddista replicò: "È vero, ma ormai non aderisco più né all'attaccamento, né al distacco, né alla castità, né alla virtù."

Ch'ong Tzu parve fulminarlo trapassandolo con un'occhiata feroce, poi si fece improvvisamente benevolo nell'aspetto e con tono mellifluo insinuò: "D'accordo, d'accordo: meglio (per te) una mezza comprensione che l'intera verità!"

Il monaco buddista allora danzò accompagnandosi col canto e con battiti di mani. La sua canzone diceva:

 

Fiori di susino né in boccio né in frutto,

Tzu Tzu, O-ya Tzu!

Fiori di crisantemo senza macchia né bellezza,

Tzu Tzu, O-ya Tzu!

La Triplice Gemma è come fiore

che prima di sbocciare è già caduto,

Tzu Tzu, O-ya Tzu!

Tzu Tzu, O-ya Tzu!

 

Allora il maestro se ne andò tutto rattristato, commentando l'episodio in questo modo: "Spero che nessuno abbia mai a narrare questo fatto. Per un monaco buddista in meno, non val proprio la pena che altri rischino d'impigliarsi nella rete delle mille illusioni!"

 

Note:

* La parola Dharma esprime un concetto difficilmente traducibile. In essa potrebbe quasi riassumersi tutto ciò che è buddista: la legge, la religione, la verità e lo stesso buddismo. Il Dharma occupa il secondo posto nella Triplice Gemma, col Buddha (L'Illuminato) e il Sangha (La Comunità dei praticanti).

** Non siamo stati in grado di individuare questo testo tra le opere poetiche di Li Po.

 

61.

Il discepolo Chi Hsin Shun domandò un giorno al maestro: "Chi è il più grande tra gli uomini?"

Ch'ong Tzu guardò con aria inebetita il discepolo Kao Shih e rispose cantando:

 

"Pancia enorme, uomo piccolo.

Piccola pancia, grande uomo."

 

Quindi soggiunse: "Ma tutto ciò cos'ha a vedere con la tua domanda?"

 

62.

Tutti i discepoli concordano nell'affermare che il maestro sia stato elevato da questo mondo al Regno degli Immortali: perciò hanno costruito un tempietto in suo onore presso la Cascata dell'Arcobaleno, sul fiume Lu.

Solo un allievo, di cui Ch'ong Tzu ha spesso dichiarato il primato, non s'è mai unito ai condiscepoli in questa affermazione.

È il discepolo Bao-yu, celebre per non avere mai detto nulla.

 

63.

Prima di lasciare il mondo delle diecimila illusioni, il maestro scrisse queste parole su un rotolo di carta (gelosamente custodito dal discepolo Bao-yu):

 

Non cercatemi e mi troverete.

Non ricordatemi e mi cercherete.

Non nominatemi e mi ricorderete.

Non pensatemi e mi nominerete.

Tchi Ch'ong Tzu,

colui che senza sforzo apparente

ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

64.

Ormai carico d'anni, il discepolo Bao-yu era universalmente considerato maestro e molta gente veniva per interrogarlo sulle estreme verità (della vita).

Egli infallibilmente non rispondeva, ma ognuno poteva sentire con chiarezza in lui (come frutto maturo) la Grande Pratica di Maestro Ch'ong.

Soltanto una volta, ad una domanda del re T'ai-tsung*, egli proferì una risposta.

Gli chiese il re: "Vuoi che ti faccia primo ministro?"

(Il venerabile) Bao-yu Tzu senza esitazione rispose: "No!"

 

Note:

* Il nome T'ai-tsung corrisponde a due diversi monarchi. Anzitutto il re di Luo-yi (621-532 a.C.), della dinastia Chu. Il suo regno precedette di centoventinove anni l'Epoca dei Regni Combattenti, terminata nel 249 a.C. Secondariamente, gli annali ricordano Li Shih-min che ascendendo al trono imperiale nel 626 d.C. col nome di T'ai-tsung diede inizio alla dinastia T'ang.

 

LA GRANDE PRATICA

 

PREFAZIONE

 

È con emozione indescrivibile che, completata la traduzione de Il Giusto Comportamento, riceviamo dal venerabile Yung Ch'eng Tzu, abate della scuola di Hui T'ang (l'attuale città di Poyang-mei), copia del secondo e del terzo libro delle opere canoniche dell'incomparabile Tchi Ch'ong Tzu oltre ad un quarto, inatteso, dal titolo Cento Primavere, ove sono raccolti detti, sentenze ed aneddoti apocrifi riferiti od attribuiti al maestro ed ai suoi primi discepoli.

Con la medesima, indicibile emozione abbiamo tradotto i libri dal cinese classico e presentiamo oggi ai lettori europei La Grande Pratica, un testo sconosciuto in occidente sino ai nostri giorni.

Tra i quattro, è questo lo scritto ove più marcatamente si rivela l'impronta iniziatica dell'insegnamento di Ch'ong Tzu.

La lettura dei suoi concentratissimi sette capitoli non è agevole e probabilmente alcuni concetti debbono sulle prime apparire al moderno lettore occidentale di difficile decifrazione ed oscura interpretazione.

D'altra parte abbiamo deciso di astenerci da commenti o spiegazioni di vario genere (stavamo quasi per dire "volgarizzazioni") che inevitabilmente avrebbero rivestito una pericolosa funzione filtrante, o peggio mistificante.

Siamo fermamente persuasi che la voce del Maestro, soprattutto in un testo abissale come è La Grande Pratica, non abbia bisogno di intermediari per parlare direttamente al cuore ed alla mente di chi davvero desideri porsi alla sua scuola, tale è la forza dinamizzante dei pensieri ch'egli offre ai suoi discepoli, pensieri ordinati in forme nelle quali una natura essenzialmente magmatica si comunica - quasi per magia - attraverso pure geometrie cristalline che sono quasi un riflesso di leggi non del tutto di questo mondo.

Ma il troppo entusiasmo ci ha forse condotti, nostro malgrado, ad esprimerci con frasi ampollose che il maestro avrebbe sferzato con uno dei suoi motti salaci.

Limitiamoci dunque a concludere la nostra prefazione riferendo quanto il venerabile Yung Ch'eng Tzu scrive accompagnando il plico che, superati gli inevitabili ritardi e traversie propri alle poste della nostra epoca (nessun aneddoto rende purtroppo conto delle condizioni di questo essenziale servizio pubblico ai tempi di Tchi Ch'ong Tzu), ci è stato infine recapitato:

"Vi offriamo in dono con cuore di amici una preziosa copia dei nostri Libri affinché anche coloro che - come voi oggi - vivono in una civilizzazione alienante possano imparare a scoprire, fra la trama del tessuto delle loro esistenze, quelle pagliuzze d'oro in cui il venerato Maestro ci insegna a riconoscere il nostro tesoro."

 

Yung Ch'eng, abate della scuola di Hui T'ang,

tra il mese del Molto Caldo

e l'Inizio d'Autunno

nell'Anno Wei 1990

 

Basilea, 23 settembre 1993

Anno del Gallo

 

Il Libro della Grande Pratica

è stato scritto di suo pugno da Maestro Ch'ong

presso il villaggio di Poyang-mei,

nel settimo Anno Ssu

dopo la caduta dei barbari Hu,

fra la Lucentezza Pura e la Rugiada Fredda.

 

CAPITOLO PRIMO

 

1 Se davvero vuoi apprendere la Grande Pratica, senza incertezza né menzogna devi imparare a distinguere da te stesso e per te stesso teoria da pratica, e mirare dritto al tuo scopo. Queste non sono cose facili, e neppure agevoli, tuttavia non sono (cose) impossibili, dunque tu puoi compierle. È il primo passo nella Grande Pratica.

2 A cosa paragoneremo teoria e pratica? 3 Le paragoneremo ad acqua e fuoco. Quando anche ti affannassi per mille anni, mai ti riuscirà di mescolarli: ora l'acqua soffocherà e spegnerà il fuoco, ora il fuoco costringerà l'acqua ad evaporare salendo alle azzurre praterie del cielo.

4 Ma se ti comportassi come abile cuciniere, raccoglieresti in un canto l'acqua, prepareresti il fuoco, ti procureresti una pentola capace e porresti l'acqua a bollire sul fuoco cuocendo così le vivande più prelibate.

5 L'acqua è la teoria, che in sé stessa non è nutriente né arreca alcun sapore al palato, il fuoco è la pratica, la pentola cava sei tu stesso. 6 Il frutto della Grande Pratica si chiama Vivanda Deliziosa.

7 Se starai bene attento ai miei insegnamenti e ti sforzerai di metterli in pratica con diligenza ed applicazione costanti, allora ogni giorno sulla tua mensa spanderà il suo aroma la Vivanda Deliziosa, e ogni giorno potrai cibartene come di cibo squisitissimo e prelibato.

 

CAPITOLO SECONDO

 

Chen (Il Legno)

1 Io vado nel bosco in cerca di legna per alimentare il mio fuoco. Come ha da essere la legna che sceglierò? 2 Sceglierò stoppie, foglie e fuscelli ben secchi per una vivace vampata se il mio fuoco s'indebolisse, grossi ciocchi nodosi per conferirgli durata e brace sanguigna, legno di pino alpestre se voglio un profumo soave.

3 Il legno giovane, devo saperlo, produce fumo in quantità e gli occhi potrebbero averne a piangere lacrime brucianti. Il legno marcescente, umido e tarlato, serve a ben poco: perché dovrei dunque riempirne la gerla?

4 Legno buono produce buon fuoco, legno cattivo è reso puro e trasmutato solo da un fuoco robusto e ben formato.

 

5 Che cosa significa il bosco? Che cosa significa il legno?

6 Il bosco fitto, folto d'angoli oscuri e spruzzato di filtranti raggi solari, dove ogni specie d'animali trova rifugio e terreno di caccia, è la vita.

7 La raccolta della legna sono le esperienze che l'esistenza mi offre e tra le quali io, entro certi limiti, posso scegliere. Con questo legno alimenterò il fuoco della mia pratica così che ne scaturiscano lingue di fuoco in fiamme dardeggianti.

8 Sempre desidero cantare con gioia nei miei canti questo fuoco. Grazie ad esso potrò cuocere e preparare la Vivanda Deliziosa, cibo squisitissimo e prelibato del quale ogni giorno voglio potermi cibare.

 

CAPITOLO TERZO

 

Li (Il Fuoco)

1 Nel profondo del cuore ho deciso che il mio fuoco arda gioiosamente, né mi rattristo se il legno talvolta sfrigola e scoppietta ed un lontano, acuto lamento sfugge alle fibre che si struggono.

2 Nel calore della fiamma rivive il calore d'estati trascorse, nella sua luce riverbera la luce di meriggi ormai lontani.

3 Voglio essere il signore del mio fuoco. Non gli permetterò di crescer tanto da incendiare la mia capanna né di languire sino a morirne. Lietamente seguirò il suo guizzare in lingue rosseggianti, robusto, sicuro, regolare e bello.

4 Lo so: talora dovrò attizzarlo agitando il ventaglio, talaltra temperare il suo vigore così che una vampata troppo vivace non spinga a traboccare l'acqua che bolle cantando.

5 Soprattutto mai dovrà mancarmi legna: legna buona per un fuoco buono, legna di pino montano quando la mia casetta s'ha da riempire di profumo soave.

 

6 Che cosa significa la legna? Che cosa significa il fuoco?

7 Il legno - buono, profumato, asciutto oppure ancor verdeggiante - sono le varie esperienze che la vita mi dona e tra le quali io posso, entro certi limiti, scegliere. 8 Il fuoco è la pratica che ne scaturisce trasmutandole.

9 Grazie a questo fuoco potrò cuocere e preparare per la mia mensa la Vivanda Deliziosa, cibo squisitissimo e prelibato di cui ogni giorno voglio potermi cibare.

 

CAPITOLO QUARTO

 

Ken (La Terra)

1 S'è mai visto fuoco guizzare in fiamme verso il basso? S'è mai vista pentola reggersi da sola a mezz'aria cuocendo vivande gustose? 2 S'è mai visto legno nascere e prosperare sull'acqua? S'è mai vista acqua scorrere gorgogliando sul nulla?

3 Legno, fuoco, metallo, acqua, tutti poggiano sulla terra e dalla terra acquistano il senso della direzione.

4 Alto e basso, sinistra e destra, come potrebbero mai concepirsi quando non vi fosse la terra?

5 Arrestati un momento. Lascia acquietarsi il flusso incessante dei tuoi mille pensieri nel vasto mare dei Lidi Silenziosi. Siedi tranquillo sulla terra e ascolta: essa può donarti senza parole un insegnamento sicuro e veritiero.

6 Come albero snello protende i suoi rami lassù verso i reami del cielo intrecciando le sue fronde col Fiume di Nuvole , affonda anche tu le radici nella solida terra.

7 La terra è sovrabbondantemente ricca di sostanze buone e nutrienti. La terra è sicura: certamente non ti tradirà.

8 Appoggia la tua legna, il fuoco, la pentola cava di metallo e l'acqua ch'è in essa sulla terra e prepara pure con fiducia e cuore ridente il tuo cibo preferito.

 

9 Qual è il cibo che tutti preferiscono ad ogni altro cibo, chi non l'ha mai gustato per la curiosità d'assaggiarlo e chi già se n'è nutrito per l'impossibilità di farne ormai a meno?

10 Questo cibo squisito è la Vivanda Deliziosa, prelibata sopra ogni altro cibo, di cui ogni giorno voglio potermi nutrire.

 

CAPITOLO QUINTO

 

Tui (L'Acqua)

1 Posso raccogliere la mia acqua da tante sorgenti, da laghetti e ruscelli montani.

2 L'acqua del mare Orientale è amara: non serve per cuocere cibi. 3 Spesso l'acqua stagnante e densa è infetta: seppur bollendo perdesse il veleno, il suo gusto resterebbe pur sempre quello della melma e del fango.

4 Se calo il mio secchiello in pozzo profondo, è bene ch'io lo sappia, forse ne attingo acqua limpida come cristallo, fredda come vento d'inverno, leggera. Ma forse potrei trarne acqua fangosa e mortale.

5 L'acqua delle cascate alpestri è frizzante: brilla e spumeggia come vino nelle coppe donando (la sua) vita al cibo.

6 Da tante sorgenti posso raccogliere la mia acqua, da laghetti e ruscelli montani.

7 In infiniti rivoli essa scorre tra monti e pianure, dove raccogliendosi in polle, dove in paludi. Io devo saper scegliere la mia acqua.

8 Acqua buona per un cibo buono. Acqua che frizza e spumeggia affinché il mio cibo sia pieno di vita e mi porti allegria.

 

9 Che cosa significano sorgenti e laghetti? Che cosa significa l'acqua?

10 Sorgenti, laghetti ed ogni altro luogo dove l'acqua ristagna o gorgoglia significano il mondo delle infinite menti e dei diecimila pensieri.

11 L'acqua è la teoria ch'io posso raccogliere per il mio fabbisogno. Essa scorre attraverso il pensiero come linfa vitale pulsa attraverso i ciocchi nodosi del legno.

12 È con quest'acqua, scaldata e spinta a bollire da fiamma vivace, che potrò cuocere e preparare la Vivanda Deliziosa, cibo ricco di ogni squisitezza e prelibato su tutti gli altri cibi di cui ogni giorno voglio potermi nutrire.

 

CAPITOLO SESTO

 

Kkien (Il Metallo)

1 Si narra che il cuoco Yen-shih, prima ancora d'aver visitato la cucina assegnatagli per il servizio e passato in rassegna gli utensili che v'erano in uso, partì per un lungo viaggio attraverso il regno cercando di villaggio in villaggio una pentola adatta a cuocere le sue pietanze.

2 Dopo aver vagato anni ed anni inutilmente poiché questa pentola gli sembrava troppo piccola, quella troppo grande, l'una incrinata, l'altra sformata, ormai greve per l'età e sfiduciato nel cuore fece ritorno alla sua cucina.

3 Con immenso stupore scoprì che proprio in quel luogo, dove negligentemente s'era scordato di gettare lo sguardo prima di mettersi in cammino per paesi lontani, proprio lì stava la miglior pentola che mai potesse aver desiderato.

4 Robusta, fusa in unica gettata di metallo risonante, di perfetta capienza e gradevole a vedersi.

5 Dopo tanto oblio, però, una spessa coltre di polvere ne offuscava la lucentezza ed al suo interno avevano posto la tana innumerevoli topolini voraci.

6 Allora il vecchio Yen-shih, senza perder altro tempo a rimproverarsi la sbadataggine, diede mano al lavoro che lo attendeva.

7 Ripulì la pentola dalle bestiole che l'infestavano, tolse l'oscuro manto di polvere grigia e lustrò il metallo finché lo vide scintillare al modo di quando sprizzava faville tra le tenaglie del fabbro ferraio.

8 Io non farò come il cuoco distratto. La mia pentola - bella, cava, capace - è già nella cucina: non ho che da porvi l'acqua a bollire.

 

9 Che cos'è la pentola? La pentola è "Sé stesso".

10 Non è il metallo a farne la preziosità o il valore bensì la sua capacità a contenere.

11 Non importa che la mia pentola sia grande o piccola. Quel che importa è che sia mia e non abbia crepe attraverso cui l'acqua possa sfuggire. 12 Quand'anche poi ne scoprissi qualcuna, potrei sempre ripararla.

13 Non importa che la mia pentola sia d'oro fino o di metallo comune. Quel che importa è che sia mia, pronta a contenere i cibi ch'io desidero cucinare.

14 E qual è il cibo che desidero cucinare sopra ogni altro?

15 Il mio cibo preferito è la Vivanda Deliziosa, cibo ricco d'ogni squisitezza, gustosissimo e prelibato di cui ogni giorno voglio potermi cibare.

 

CAPITOLO SETTIMO

 

1 Io t'insegno il segreto

ch'è la chiave di tutti i misteri

e val più di Cinabro o Elisir

di Vita Immortale.

2 Io t'insegno la parola nascosta

ch'è la chiave di tutti i segreti

e val più delle sillabe oscure

d'indovini, alchimisti e di maghi.

3 Io t'insegno la strada

ch'è la porta di tutti gli enigmi

e val più dei sentieri tortuosi

lungo i quali t'affliggi e tormenti.

4 Strada, parola, segreto si chiamano:

"Adesso".

 

5 Adesso, adesso, eternamente adesso...

 

6 Passato e futuro non sono

se non nello spazio infinito

della vasta memoria del Signore dei Tempi.

7 "Adesso" è per l'uomo

scheggia e scintilla d'eternità.

8 "Adesso" redime il passato.

9 "Adesso" preannunzia il futuro.

10 "Adesso" è lampo e riflesso

dell'eterno presente del Cielo.

11 Adesso io voglio.

12 Adesso io posso.

13 Adesso io sono.

14 Adesso la Vivanda Deliziosa

spande il suo aroma sulla mia mensa.

 

15 Adesso, adesso, eternamente adesso...

 

16 La Vivanda Deliziosa è fragrante

di profumo squisito adesso,

e adesso me ne posso cibare.

17 Cibo prelibato e gustoso,

figlio del legno delle radure,

del fuoco che brilla nel cuore degli astri,

figlio della terra ch'è fedele,

dell'acqua che incessantemente fluisce

e del metallo che tintinna

nelle viscere del mondo.

18 Io preparo questo cibo adesso.

19 Io me ne nutro adesso.

20 E finché avrò vita,

ogni giorno, ogni momento,

non mi mancherà mai un "Adesso".

 

21 Io (che scrivo) sono Ch'ong,

22 colui che senza sforzo apparente

ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

LA TERRAZZA DELLE FRESCHE RUGIADE

 

PREFAZIONE

 

La traduzione dei trenta poemi di varia lunghezza che formano il terzo libro delle opere canoniche della Scuola della Preziosa Ghirlanda ci ha posto di fronte ad un problema del tutto particolare, strettamente connesso peraltro con la natura stessa dell'opera.

Quando si tratta di poesia - è risaputo - la transizione da una lingua ad un'altra, dalle forme espressive d'una cultura ad altre del tutto diverse, rischia veramente di dissolvere non soltanto il profumo dei testi originali, ma addirittura quell'elemento essenziale che potremmo pressappoco definire come il loro senso reale. Nel caso de "La Terrazza delle fresche Rugiade" poi, trattandosi d'un testo allo stesso tempo simbolico ed evocativo (o, per meglio dire, simbolico in quanto evocativo) la difficoltà diviene ancora più ardua.

E' indispensabile chiarire questo concetto. Il processo evocativo stimolato dai testi di questa raccolta non riguarda soltanto le immagini, sebbene molteplici e suggestive, di cui l'autore s'avvale. Esso pertiene piuttosto agli stati d'animo, alle emozioni ed alle associazioni di vario tipo che l'autore pone in gioco di volta in volta nel lettore-ascoltatore. Sono tali fattori, nel loro venir evocati, a porsi come simboli di realtà d'altro ordine che possono così essere soltanto alluse. Una poesia insomma dove non è l'immagine, bensì la reazione psichica suscitata dall'immagine che tende a farsi di volta in volta simbolo o metafora. Non si trascuri poi il potere dei suoni della lingua cinese (era questa, infatti, poesia destinata anche a venir cantata ed ascoltata) e tutto l'apparato di "topoi" propri alla grande poesia lirica ed epica del Regno di Mezzo e che rappresenta un immenso repertorio multicolore ed immediatamente decifrabile per il lettore acculturato di cui maestro Ch'ong sfrutta con indubbia abilità le molteplici risorse: dagli stormi di gru (anime in volo verso l'eternità) ai fiori di paulonia (la nostalgia per gli amici lontani), dalle ninfee galleggianti su bianco-argentei laghetti alle dame sconsolate e solitarie, dai verdi dragoni alle tigri, dagli eserciti schierati in battaglia (indimenticabile la possente Ballata dei carri da guerra) alle ombre dei disincarnati vagolanti per notti realmente metafisiche, per arrivare alle audaci visioni di cocchi "trainati da draghi guizzanti" che rinviano direttamente al linguaggio esoterico ed immaginifico del Libro dei Mutamenti (Yi Ching).

Per quanto ci riguarda, dunque, non abbiamo ritenuto d'attenerci con aridità e rigidezza al principio (sovente ambiguo per quanto concerne la fedeltà ai contenuti) della traduzione letterale. S'è preferito scegliere la via più pericolosa (ma promettente) d'una riscrittura relativamente libera di quei testi in una lingua occidentale, cercando di salvaguardarne per quanto possibile il senso originario. Abbiamo perciò dissolto l'equilibrio delle strofe formate da cinque o sette sillabe (la natura monosillabica della lingua cinese si presta perfettamente a costruzioni di questo tipo) alternate secondo principi di regolare ricorrenza (5-7-7-5 / 7-5-7 / 5-7-5 / 7-5-5-7 ad esempio) in una prosa libera e fluente, così come liberi e fluenti quei versi suonano malgrado il rigore della forma nella loro stesura originaria.

Circa l'autore de "La Terrazza delle fresche Rugiade", la tradizione della Scuola non ha il minimo dubbio: tutto sarebbe opera del Maestro che avrebbe compilato questa raccolta allo scopo di formare la sensibilità dei suoi discepoli. Qualche dubbio peraltro non può non nascere qualora si leggano con un po' attenzione testi come Ultimo poemetto (con la sua chiosa certamente d'altra mano dove si fa riferimento alla mitica assunzione al cielo di Ch'ong Tzu) od altri che sembrano parafrasi d'alcuni celebri poemi risalenti alla Dinastia T'ang, a meno che non siano questi ultimi delle parafrasi degli originali de "La Terrazza delle fresche Rugiade". Insomma, come in altri casi simili, ecco che s'apre qui allo storico un percorso ad ostacoli talmente labirintico da dare le vertigini tanto a lui quanto al semplice lettore.

Chiudiamo dunque prima ancora d'averla aperta una trattazione di tali tematiche, convinti che non sia questa la sede opportuna, e consegniamo ai lettori il terzo libro delle opere canoniche della Scuola della Preziosa Ghirlanda, le quali, come abbiamo recentemente appreso vengono chiamate nel loro insieme "La Preziosa Ghirlanda".

Desideriamo porre in risalto la piccola epigrafe che conclude l'opera. Essa restituisce alla voce remota e toccante dell'incomparabile Maestro gli accenti struggenti e squisiti de "La Terrazza delle fresche Rugiade" con una strofa minima che ne traccia con delicatezza d'acquerello la firma evanescente:

 

I poemetti della Terrazza delle Fresche Rugiade

sono stati composti e venivano spesso cantati

da Tchi Ch'ong Tzu:

colui che senza sforzo apparente

ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

Torrita di Siena, 23 settembre 1997

Anno del Bue

 

CAPITOLO PRIMO

 

1. Dedicata al monaco Po Tzu

quando chiese del saggio e dello stolto

 

Chi tra noi due tu creda più saggio io non lo so,

ma sento che alla tua domanda

vorrei saper rispondere in modo amabile,

indicandoti là in fondo, tra le rocce,

la sorgente canterina del fiume Lu.

 

Taci un istante e ascolta

il suo chiaro gorgogliare:

essa intona senza parole

la canzone che intesi un giorno

passeggiando per le vie di Lo-yang.

 

Graziosa una fanciulla al mercato

offriva fiori d'ibisco e crisantemi

e cantava al mattino

con occhi brillanti di splendore

rubato alla Tessitrice ed al Pastorello :

 

"Peonie che cadono, bianchi crisantemi d'autunno:

in un volo di gru si perde la mia tristezza.

O - yin, o - yang! O - yin, o - yang!

 

Magnolie che sbocciano, bianchi fiori d'ibisco:

in un volo d'oche selvatiche ho ritrovato la malinconia.

O - yin, o - yang! O - yin, o - yang!"

 

2. Contemplando la vetta del T'ai-shan

 

V'è qualcosa di tanto bello quanto la vetta del monte T'ai?

Neppure le verdi pianure di Ch'i e di Lu son così amabili.

La natura qui si è composta in malinconica grazia,

le pendici dipingendo col sole d'ombre e di splendore.

 

Oh, come batte il mio cuore

quando in alto si sfilacciano le nubi!

L'occhio si dilata negli stormi d'anatre selvatiche,

e se camminando raggiungo l'estrema cima

con uno sguardo immenso

tutti gli altri monti contemplo attorno.

 

3. Il canto della bella fioraia

 

Peonie che cadono dai rami,

bianchi crisantemi d'autunno.

In un volo di gru si è persa la mia tristezza.

 

Chi m'aiuterà a ritrovarla?

Forse tu, ranocchia canterina?

 

4. Notte insonne a causa del chiasso

 

Se abbasso la tenda a ombreggiare il lume della luna,

come fiori di susino cade tutto il vasellame.

Sbadata, sbadata la cuoca

si scusa col padrone della locanda.

 

Se sento cantare della fanciulla dai bei capelli

come fiori di mandorlo a primavera sboccia il mio canto.

Triste, triste la mia canzone

vaga per la notte ormai fonda.

 

"Vorrei cantare un canto che parli del mio amore,

dipingere lo sguardo che ha catturato il cuore:

lontana, lontana brilla la Stella del Pastorello,

chiara splende la Dama del Fiume di Nuvole."

 

Ora un poema in più

s'è aggiunto al numero dei miei sonetti.

Ma questo potrà mai ripagarmi

d'una notte solitaria e insonne?"

 

5. Alba di primavera

 

Sullo spiazzo verdeggiante presso l'eremo montano

sosto in silenzio, ascoltando lieve lo stormire dei pini.

Già nel primo biancore dell'alba

vedo perdersi uno stormo di gru.

 

Lieve, lieve sento alzarsi nel silenzio

un pizzicare di corde di liuto:

è un monaco buddista.

Intreccia la sua canzone con l'eco lontana d'un flauto.

 

Malinconici i suoni si spandono per l'anima

nella luce incerta di quest'alba di primavera.

Vorrei che la mia tristezza potesse perdersi

in un volo di gru attraverso l'aurora,

per giungere finalmente al suo riposo

sulle sponde del Fiume di Nuvole.

 

CAPITOLO SECONDO

 

6. Autunno

 

Sono pochi giorni che spira il vento d'Occidente,

ma già le prime foglie si staccano dai rami.

Sul sentiero ancora asciutto cammino con scarpe leggere,

e per il freddo ho indossato la giubba imbottita.

 

Nei torrenti la piena poco a poco si ritira

e fra i radi bambù filtra una luce tremula.

Nel crepuscolo precoce, lungo il sentiero verde di muschio,

il guardiano dell'orto già porta a dormire le sue ochette.

 

7. Passeggiata sul monte Lu

 

I prati sono freddi, la pioggerella è cessata finalmente

e i colori sgargianti del maggio scoppiano in ogni dove.

Il laghetto brulica di pesci guizzanti,

i ramoscelli teneri si piegano sotto a tordi canterini.

 

I primi fiori si lavano le belle guance,

l'erba dei monti s'inchina al soffio della brezza.

Nel cielo di cobalto l'ultima frangia di nuvola

stracciata dal vento pigramente dissolve.

 

Oh, quanto è dolce ed incantevole

perdersi in questo splendore primaverile,

e come il mio dolore con l'ultimo biancore delle nubi

si dissolve nell'azzurro del mattino!

 

8. Ballata dei carri da guerra

 

I carri da guerra incedono scricchiolando

trascinati da cavalli che a lungo nitriscono.

I soldati recano archi e fasci di frecce

mentre spose, bimbi e vecchi li seguono ansiosi

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Il ponte a Sien-yang è stato distrutto dai nemici,

i bambini si stringono alle gonne delle madri:

si lamentano singhiozzando senza fine,

salgono fino al cielo i loro pianti disperati.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Il vecchio viandante interroga i soldati:

"Troppo spesso, ahimè, si rinnova la chiamata alle armi.

Quindicenni son partiti a difendere il fiume del Nord,

quarantenni combattono sui campi dell'Ovest."

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Ai fanciulli il generale mette in fronte una benda,

i vecchi appena tornati già si richiamano.

Sulla frontiera il sangue a fiumi ribolle,

rosseggiano i torrenti sotto un velo di nubi oscure.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

La bramosia guerriera del Demone della Distruzione

non è ancora sazia dello spirito degli uccisi in battaglia,

s'ubriaca sogghignando Tchong a coppe rigurgitanti sangue

come a tazze festose di vino alle nozze.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Nozze di morte senza compianti,

pianto di vedove e di bimbi.

Nozze di morte senza sepoltura,

né fiori d'ibisco o funebre banchetto.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Non vedete a Sud le Province abbandonate,

invasi i cortili dai rovi, devastate le corti dagli sciacalli?

Sono forti le donne: lavorano i campi,

ma il grano spunta stentato e senza spighe.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Ormai avere dei figli è diventata sciagura!

Si è più contenti se nascono delle figlie:

cresciute almeno si sposano a un vicino,

ma i corpi dei figli si sfanno con l'erba dei campi.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

Le ombre dei morti recenti

cantano per il buio i loro rimpianti,

le ombre degli antichi morti

si lamentano invano nei giorni piovosi e oscuri.

 

Monte Huan-chan, fiume Tchirek:

ululate lamentandovi con me

per questa immensa sventura

che ha colpito la nostra terra!

 

9. Ultimo poemetto

 

"Non cercatemi, e mi troverete.

Non ricordatemi, e mi cercherete.

Non nominatemi, e mi ricorderete.

Non pensatemi, e mi nominerete."

 

Queste parole le ho scritte io di mio pugno

il giorno prima di salire al Regno degli Immortali.

Sei dragoni aspettano fuori dall'uscio, legati a un cocchio,

colui che senza sforzo apparente ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

10. Salendo in un mattino d'estate

al Padiglione della Lucentezza Pura

 

Mi sono alzato presto stamattina

per godere la freschezza dell'alba:

indosso abiti ricamati di seta azzurra

e m'incammino per il viottolo dei bambù.

 

La luce del primo sole si diverte

coi fiori imperlati di rugiada,

e la mia tunica gioca a rimpiattino con la brezza

agitandosi come fiammella color di cielo.

 

Voglio salire in lieta solitudine

fino al Padiglione della Lucentezza Pura:

dalle sue ringhiere voglio gettare lo sguardo

sugli Otto orizzonti di questo paese ospitale.

 

Vette montane superano le nubi a Settentrione,

il fiume tortuoso scende lento a Meridione,

ad Oriente si stende variopinta la città di Lo-yang

e ad Occidente sconfinate distese d'arbusti e fiori.

 

Il mio cuore s'inebria e disperde

nell'incanto di questo paesaggio,

ma più delizioso ancora a contemplarsi

è un pigro calabrone che sosta sull'asfodelo in fiore.

 

CAPITOLO TERZO

 

11. Nell'apprendere che l'amico Wei-sheng

era disceso alle Gialle Sorgenti

 

Il foglio della tua ultima poesia

l'ho ancora appeso alla parete della mia capanna.

Leggo un'altra volta le parole che m'inviasti

in un autunno ormai lontano.

 

"Fiori di paulonia che stan per cadere:

simbolo di chi pensa a un amico lontano!"

 

Ora che sei disceso alle Gialle Sorgenti

e passeggi per le praterie dove il sole non arriva a brillare,

credo che proverai almeno un po' di nostalgia

per i giorni di maggio che abbiamo trascorso assieme.

 

Ricordi? Camminavamo a passi lieti

per i viottoli bordeggiati d'erbetta fresca

divertendoci a scambiare l'un l'altro

i versi amati del nostro caro Li Po.

 

Amico, alle Gialle Sorgenti ti sento lontano

e vorrei poterti inviare almeno

il poemetto dei fiori di paulonia,

ma non m'è consentito:

questo è il decreto del Signore di Giada.

 

Dunque prometto, per vincere la nostalgia che m'invade,

che un giorno vicino verrò a passeggiare con te

per le nebbiose praterie dove il sole non arriva a brillare

e anche laggiù continueremo a scambiarci

i versi amati del nostro caro Li Po.

 

12. In un limpido mattino d'autunno,

sapendo che sto per lasciare per sempre questo mondo

 

Nei giorni in cui ero giovane,

spesso mi sforzavo di provare

cosa mai fosse la malinconia.

 

Mi appartavo tutto solo in un cantuccio

cercando di ricordare le gioie passate

e credendo di soffrire nell'averle smarrite.

 

Ora son vecchio e la malinconia io la conosco a fondo:

vorrei parlarne ed esito, vorrei parlarne ed esito...

Mi accontento di dire con un sospiro:

"Oh, com'è bello questo fresco mattino d'autunno!"

 

13. Quando i diecimila esseri cadono in letargo

 

Nevicata nella notte a Poyang-mei.

Presto mi levo per render visita al duca:

il vento freddo fa volare la mia tunica

e invano mi stringo nel giubbotto.

 

Come maiali e leprotti selvatici

dormono nelle loro tane buie,

così il mio duca dorme nel suo letto

senza far memoria dei precetti antichi.

 

Quando in un regno principi e sovrani

tengono in dispregio le usanze d'una volta,

come potranno ordine e buoni costumi

risplendere tra il popolo?

 

Decadenza, decadenza!

 

Torno a casa e con neve sciolta

mi preparo un tè profumato.

L'aroma del tè almeno è sempre uguale

da mille e mille anni sino ad oggi.

In una tazza di tè dimentico ogni delusione,

sciolgo i miei affanni

e libero da passioni

infrango gli Otto limiti del Compasso.

 

Grande Vuoto, Grande Vuoto!

 

Almeno in te, Grande Vuoto

mai e poi mai si darà decadenza.

 

14. Notte di luna

 

Immobile il tempo, immobile la luna,

immobile il vento, immobile il cuore,

immoti per sempre

in questo incanto di madreperla.

 

15. In vicinanza del Tempio dei Densi Aromi

 

Ho superato di buon passo il laghetto del nord

dove nuotano pigre le tartarughe:

il sentiero curva inoltrandosi nel bosco

mentre l'ombra pomeridiana diviene sempre più fitta.

 

Guardo nel cielo di là dalla cima dei pini

e m'arresto per un istante, assorto,

a contemplare il lento trascorrere delle nubi.

Proseguo. La radura s'ammanta di porpora

per il sole ormai prossimo al tramonto.

 

Una vecchia porta ad arco dalle tegole sconnesse

si leva sull'erba. Essa mostra un pannello

con incise sul fondo turchese antiche lettere d'oro:

 

<<Viandante che hai spinto il cammino

fino alle pendici boscose del T'ai-shan

chiedendo riposo per il tuo cuore

tanto anelante al Silenzio che Canta,

 

sospendi infine i tuoi passi e ascolta

il vento stormire tra i rami,

poiché la quiete che sempre hai cercato,

se tu la desideri, ormai l'hai raggiunta.

 

Il tuo sguardo non scorra distratto sulla breve distanza

che ti separa dal Tempio dei Densi Aromi.

Rimira in pace profonda sul limitare del bosco

un riflettersi lucente di sole di giorno e, la notte, di luna.

 

È l'acqua dello stagno che si diverte e gioca

col Signore del cielo e la Regina del buio.

È l'acqua limpida dello stagno che echeggia insieme alla luce

il ritornello della canzone che da tanto desideri udire:

 

questo è il Tempio dei Densi Aromi

che in tempi lontani è stato innalzato

in onore del tuo Dio interiore;

 

questo è il Tempio dei Densi Aromi,

specchio e riflesso del tempio che la luce

ha edificato nelle profondità del tuo essere;

 

questo è il Tempio dei Densi Aromi

nel quale incessantemente si celebra la liturgia

dell'essere, del divenire, dell'eternità e del nulla.

 

Attraverso questa porta, o viandante,

accedi con animo trepidante di gioia

al sacrario più divino di tutti i santuari.

Accendi bastoncini d'incenso profumato

col desiderio riposto che mormora in te:

 

'Io desidero, io desidero poter desiderare

per tutti i giorni del mio cammino vitale

di consacrarmi a te, o Dio che ti nascondi

e ti riveli al tempo stesso nello splendore

che brilla da sempre nel cuore del mio essere.'

 

Ricorda, o viandante, quando il sentiero

t'avrà ricondotto al fragore dei tuoi giorni,

e di questo portale arcano

non conserverai che diafana memoria,

 

ricorda, viandante, che di tutti gli Aromi

densi e squisiti che aleggiano innanzi all'altare

del Dio il cui nome è mistero e la presenza rivelazione,

ricorda: il più fragrante dei cento Densi Aromi

emana dalla pace che ha inondato ormai il tuo cuore

e l'ha trasformato nel vero santuario del Silenzio che Canta.>>

 

CAPITOLO QUARTO

 

16. Tramonto autunnale in montagna

 

Dalla valle già immersa nella sera d'autunno

si levano sui pendii bianchi lembi di nuvola

perdendosi in alto nel cielo che incupisce.

 

Il sole scende lento all'orizzonte occidentale

e lo infiamma di lingue rosseggianti

contro i neri profili delle creste montane.

 

Immerso nel silenzio senza tempo

d'un tramonto autunnale in montagna

rabbrividisco un poco per il primo freddo.

 

Il mio sguardo si è fatto profondo per le lontananze,

il mio orecchio è diventato attento per i lunghi silenzi.

Non vedo più il villaggio ai piedi della montagna

dove so che già s'accendono le prime lampade nella sera.

Il biancore delle nebbie lo ha nascosto.

Non sento voci, né suono di passi o rumore d'animali,

ma solo il sommesso spirare della brezza.

 

17. Il Fiume dei Peschi in fiore

 

Uno sciame di barchette ha preso il largo sul fiume

per celebrare l'inizio della primavera.

Le fanciulle indossano abiti dai colori festosi

e cantano liete canzoni accompagnate dal liuto:

 

"Peschi in fiore: scoppiate a miriadi

lungo le rive del torrente che scroscia e spumeggia.

Dite al mio amore che l'inverno è passato,

la bella stagione risplende al canto dell'allodola

ed io lo aspetto alla Terrazza della Lucentezza Pura.

 

L'inverno è finito, amore mio, la vita rinasce.

Non lasciare che nel mio cuore

indugino ancora i freddi biancori ed il gelo.

La tigre vuole allattare i suoi piccoli e si domanda

quando il verde dragone saetterà per lei nel cielo."

 

Una ragazza soltanto indugia sulla riva del Fiume,

il suo sguardo fissa l'orizzonte lontano dai Peschi in fiore,

le lacrime le cadono dagli occhi come pioggia.

È triste, è triste la sua canzone. Essa dice:

 

"Peschi in fiore: scoppiate a miriadi

lungo le rive del torrente che scroscia e spumeggia.

Dite al mio amore che l'inverno è passato,

la bella stagione risplende al canto dell'allodola

ed io lo aspetto alla Terrazza della Lucentezza Pura.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché è partito per sempre verso paesi lontani.

Dove è andato il mio amore, dove cercarlo?

La tigre vorrebbe allattare i suoi piccoli, ma sa

che il verde dragone mai più saetterà per lei nel cielo."

 

Questo canto mi ha lacerato il cuore

e non son più capace di rallegrarmi

per le barchette che han preso il largo sul fiume.

 

Invano le fanciulle intrecciano canzoni alla primavera,

invano il pastorello strappa allo zufolo una lieta melodia.

Il dolore mi trapassa l'anima perché ho visto una tristezza

che non conoscerà più il ritorno della primavera.

 

Mai più abiti festosi dai colori vivaci,

mai più canzoni che gareggiano col canto delle allodole.

Un eterno dolore canta una mesta melodia

anche quando la voce della fanciulla triste tace.

Il suo amore è stato portato via in battaglia.

 

Ubriaco di sangue, il dio della guerra

lo ha voluto alle Gialle Sorgenti.

Là nessuno festeggia mai la fine dell'inverno,

là nessuno si rallegra più per i Peschi in fiore.

Malinconico faccio ritorno alla mia casetta

stringendo in fondo al cuore un lembo d'inverno.

 

18. Ballata dell'Eterno Dolore

 

"Peschi in fiore che scoppiate a miriadi

lungo le rive del torrente in primavera:

dite al mio amore che l'inverno è passato

e la bella stagione rifiorisce al canto dell'allodola.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché se ne è andato verso terre lontane.

Dove è fuggito il mio amore, come cercarlo

ora che è disceso per sempre alle Gialle Sorgenti?"

 

Tristeme una fanciulla così cantava in un mattino lucente d'aprile.

Raccontami la tua storia, piccola dama del Fiume di Nuvole,

lascia che il tuo dolore diventi anche il mio

e che il mio pianto per un poco sia eco alle tue lacrime.

 

"Canto una mesta canzone rammentando il mio amore.

Alla festa dei Fiori di pesco per la prima volta

i nostri sguardi si sono incontrati.

È da allora che i miei pensieri son diventati suoi.

 

Suoi tutti i sogni che nascono nelle sere d'autunno,

suoi tutti i rimpianti delle lunghe veglie d'inverno,

sue le speranze che sbocciano a primavera,

sue le visioni stellate dei profondi firmamenti d'estate.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché se ne è andato verso terre lontane.

Dove è fuggito il mio amore, come cercarlo

ora che è disceso per sempre alle Gialle Sorgenti?"

 

Piccola dama del Fiume di Nuvole,

troppo mi struggo nell'udire questo canto.

L'infinita malinconia della tua storia

ha avvolto l'intera mia vita in un abbraccio.

Mi è tanto difficile ascoltare il tuo canto,

piccola dama del Fiume di Nuvole.

 

"Se scrutavo lontano verso i monti del nord,

se fissavo le lontananze dell'oceano dell'est,

se il mio sguardo sfiorava le bianche ninfee lacustri

o i miei occhi contemplavano la Tessitrice del Cielo,

 

sempre scorgevo attraverso le cose più gradite

lo splendore dei suoi occhi, lo sguardo del mio amato

dove per me era tanto incantevole perdermi

quanto dolce è perdersi tra le praterie delle stelle.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché se ne è andato verso terre lontane.

Dove è fuggito il mio amore, come cercarlo

ora che è disceso per sempre alle Gialle Sorgenti?"

 

Dalle infinite praterie del cielo

i miei occhi si volgono a guardare la terra.

Nessun conforto alla mia pena dà il pensiero

del Regno eterno degli Immortali: senza fine

vedo stendersi sul mondo un manto di dolore.

Non mille dolori ma uno solo, che ha mille volti.

 

"Era d'inverno quando m'han detto

che il mio amato doveva partire.

Era mattina quando ho saputo

che il mio amato andava in battaglia.

 

Per difendere i confini dell'ovest l'han chiamato,

per proteggere i nostri campi gli hanno dato l'arco.

Barbari stringevano da ogni parte questa terra

sicuri di far bottino dei nostri campi.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché se ne è andato verso terre lontane.

Dove è fuggito il mio amore, come cercarlo

ora che è disceso per sempre alle Gialle Sorgenti?"

 

Qualcuno mi ha rivelato un giorno

che il dolore è soltanto l'ombra della gioia.

Dicevano fosse molto saggio quel tale,

ma io proprio non riesco a credergli.

Affondo il mio sguardo fino alle viscere della vita

e per poche gioie, infiniti dolori io contemplo.

 

"Del mio amore ormai non giungevano più notizie

ed il suo nome più non correva nel villaggio.

Di lui si diceva solo "quel tale che è partito

ed ha lasciato la sua casetta e l'orto."

 

Le sue anatre nessuno conduceva a becchettare

né alcuno si dava pena per il suo campo.

Io restavo ogni sera all'ingresso del villaggio

aspettando il suo ritorno con una ciotola di riso.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché se ne è andato verso terre lontane.

Dove è fuggito il mio amore, come cercarlo

ora che è disceso per sempre alle Gialle Sorgenti?"

 

Mi sono interrogato senza posa per capire

se il dolore non sia che l'ombra del reale,

ma anche questa, che sembrava una buona consolazione,

presto si è dissolta come neve a primavera.

Profondo dolore è l'anima del mondo,

una triste melodia il vero canto della terra.

 

"Cadeva la prima neve dell'inverno

quando m'han detto che il mio amore era morto.

Era di mattina quando ho saputo

che il mio amato è caduto in battaglia.

 

Per difendere i confini dell'ovest è stato ucciso,

nel proteggere i nostri campi l'hanno trafitto.

Barbari lo assalirono da ogni parte

certi di far bottino dei nostri campi.

 

Ma il mio amore, ahimè, non sente la mia canzone

perché se ne è andato verso terre lontane.

Dove è fuggito il mio amore, come cercarlo

ora che è disceso per sempre alle Gialle Sorgenti?"

 

Se i miei occhi scrutano fino al termine il sentiero della vita

vedono che come un fiume sprofonderà nell'abisso.

Le poche gioie e i dolori infiniti che ho vissuto

si dissolveranno al mio discendere presso le Gialle Sorgenti.

 

Qualcuno mi ha parlato d'immortalità,

e dicevano che fosse molto saggio, ma anche lui è morto.

Tanti sono convinti di poter insegnare qualcosa sulla vita,

qualcuno crede di poter insegnare qualcosa sulla morte.

 

Io non ho studiato i testi sacri e della scienza so poco,

ma come tutti, il dolore lo conosco fino in fondo.

Non scorderò mai il poemetto del secchiello nel pozzo

dove si narra che non c'era una fune per tirarlo fuori.

 

Certo era un sogno, eppure brucianti sgorgavano le lacrime.

Le lacrime brillavano alla fiammella della lucerna

e cercai, è scritto, di penetrare la nebbia del mio sogno.

 

L'altipiano della visione era un cimitero:

il terreno pesante, gli alti mucchi di terra,

e sottoterra, in fosse profonde, i morti.

Profonde son le fosse, pure talvolta i morti

ritrovano la via del mondo sopra alle loro tombe.

 

Forse per questo l'amore mio morto da tempo

m'è apparso stanotte in sogno come un secchiello,

e così lacrime senza misura mi scesero dagli occhi

bagnando come un fiume in piena la mia veste.

 

19. Crisantemi in fiore

 

L'estate è un tenue ricordo

che rabbrividisce attraverso il mattino d'ottobre.

Le prime nebbie autunnali annunciano

l'avvicinarsi dell'ultima età della mia vita.

 

Anche il sole non riscalda più:

per il freddo s'è avvolto in una coltre bianca di nuvole.

I miei pensieri si son fatti tristi come l'autunno.

Oh, come vorrei ritrovare le illusioni d'una volta!

 

Nel giardino gli arbusti lasciano cadere le foglie

mute ormai del colore dell'oro: sono appassite.

Ma nella malinconia dell'inverno che avanza,

come tanti soli sono scoppiati in fioritura i crisantemi!

 

20. Il mio amore è triste

come il laghetto Yu-gong in autunno

 

Raffiche di pioggia sferzano scrosciando il bosco,

lontano il tuono scoppia con tumulto nella valle.

Anche gli uccellini canori zittiscono timorosi

rabbrividendo nelle ombre scure degli alberi dai folti rami.

 

Ultima pioggia dell'estate che si disperde

al soffio implacabile del vento di settentrione:

quanti fantasmi sai evocare con le migliaia di voci

risonanti sommesse e trepide nel tuo canto.

 

Ultima pioggia dell'estate che si disperde

al soffio implacabile del vento dei monti:

quali ombre sai richiamare in vita dal santuario più segreto

che il silenzio circonda d'impenetrabili mura nel mio cuore.

 

"Il mio amore è triste, triste è il mio amore

come il laghetto Yu-gong in autunno",

cantava la bella dama in un ottobre remoto

mentre lacrime fitte scendevano a bagnare la sua veste.

 

Lontano il destino aveva stabilito di condurre il suo amore,

sospinto lontano, in terre straniere, da misterioso richiamo.

Sola restava la dama sulla Terrazza delle Fresche Rugiade

componendo meste canzoni coi suoi sospiri.

 

"Il mio amore è triste, triste è il mio amore

come il laghetto Yu-gong in autunno",

cantava la bella dama dagli occhi profondi

scrivendo mesti poemi che nessuno mai leggerà.

 

Lontano il destino aveva stabilito di condurre il suo amore

la cui nostalgia nessun richiamo arcano sapeva addolcire:

fitte scendevano le lacrime a bagnargli la veste se sospirando,

in terre lontane, scorreva la notte a fissare la luna.

 

Alta nel cielo risplende la Stella del Pastorello,

chiara scintilla la Signora del Fiume di Nuvole:

tra questi due amanti, quanto è breve la distanza!

Eppure il Fiume non li lascia passare!

 

Il Fiume di Nuvole scorre limpido e quieto

attraverso il fulgore della notte stellata.

Singhiozzi di nostalgia turbano la pace del firmamento:

"Oh, che sofferenza guardarsi sempre

e mai potersi incontrare!"

 

CAPITOLO QUINTO

 

21. Poemetto vecchio

 

Il silenzio ha un leggero fremito per lo stormire del vento

tra i rami dei pini.

Il manto nero della notte ondeggia appena alla brezza

che scende dai monti.

Io trattengo il respiro per la dolcezza infinita

di questo istante:

non voglio turbare il suo fragile incanto.

 

Come un fiocco di nebbia nella notte passa una ghirlanda

fatta del canto d'un usignolo lontano. Poi tutto tace.

 

22. Canto del vecchio barcaiolo

 

Lieve l'erba, lieve il vento alla riva,

ma incerto vacilla l'albero della barca

sola nella notte.

 

Così un vecchio barcaiolo,

mirando insondabili distanze,

fondeva sommessa una canzone

alla voce immutabile del fiume.

 

Lieve l'erba, lieve il vento alla riva,

ma incerto vacilla l'albero della barca

sola nella notte.

 

Stanno sospese le stelle

nel vuoto infinito.

La luce della luna zampilla

bagnando le rive del Fiume di Nuvole.

 

23. Nel salutare l'amico Chuang Wu

che partiva per una provincia lontana

 

Certo sono importanti sopra ogni altra cosa

le gravi occupazioni che ti chiamano a terre lontane:

fin dalla gioventù sospiravi il momento

che qualcuno s'accorgesse del tuo valore!

 

Un incarico a corte non è cosa d'ogni giorno,

né si rifiuta quando è offerto con vera amabilità.

Io ti comprendo sino in fondo, amico mio,

e pur con intenso rimpianto voglio incoraggiarti a partire.

 

Mi piacerebbe però saperti lasciare un ricordo.

Lo sai: non posseggo oggetti preziosi né parole raffinate.

Solo ti dono la striscia di cielo

che appena appena s'intravede fra le nubi.

 

24. Attraversando le gole di Mou-ling

 

Strapiombi grigi di roccia precipitano a destra,

la forra gronda acqua ghiacciata a sinistra:

da ogni lato mi serrano ansia e timore.

 

Questo viaggio davvero io non avrei voluto intraprenderlo

anche se ora non ho in animo di rimproverare il destino

per avermi strappato alla mia casetta di Lo-yang.

 

La nostalgia cresce e scoppia dentro al cuore

mentre il ricordo m'invita a cercar rifugio

nella stanza che chiamo "Piccola Dimora della Pace Celeste".

 

D'improvviso però il mio sguardo fugge in alto

dove le rocce tremende finiscono:

la chiarità del sole irrompe a me dall'alto

 

e mi ricorda che in ogni istante e luogo, se lo desidero,

io posso dimorare in letizia perfetta

nel santuario intatto e segreto dell'autentica Pace del Cielo.

 

25. Primavera precoce

 

Aleggia per l'aria invernale come un aroma di primavera

intessuto insieme di luce e del chiaro tintinnare

dei cimbali acuti del Tempio dei Tre Purissimi Gioielli.

 

Pigre due anatre mandarine nuotano tra le ninfee:

l'una conduce forse la solitudine dell'altra a perdersi

nell'oro lucente del sole che cala dietro i monti dell'ovest?

 

CAPITOLO SESTO

 

26. Visione

 

Vuoto e accogliente come la terra è il mio cuore,

sospeso nella magia senza tempo d'un presente

troppo fragile per diventare eterno.

 

L'onda che muore a riva è lieve e fugace;

l'adesso è uno scintillio sull'acqua che si rifrange.

Come un volo d'anatre, tutto è subito ricordo.

 

27. Gioia

 

Lontano, lontano si stende infinito il lago,

l'orizzonte perdendosi nelle nebbie invernali.

Lontano, lontano è il villaggio all'altra riva.

 

Così è anche la mia gioia: quieta essa dimora

tra vette biancheggianti e valli boscose.

Nella pace io cammino verso un villaggio ancora lontano.

 

28. Tempesta d'inverno

 

Dal cielo irrompendo sulla terra

con poderosa forza, l'acqua sul fondo della valle

tra i monti s'è riunita in lago.

 

Sibila il vento del nord, scoppia la tempesta;

spira il vento dell'ovest e le anatre fuggono in stormo.

Ma alla brezza orientale il lago mormorerà i suoi sogni.

 

29. Salendo a mezzogiorno d'estate al passo Mi T'ang

 

In modo leggero e baldanzoso

saluto gli amici per salire dal lago,

solo, al passo montano Mi T'ang.

 

Ripido, ripido il sentiero arrampica

tra macchie di pino mugo

e massi che biancheggiano al sole.

 

Ormai è trascorso molto tempo

da che son partito, ma il passo montano

resta ancora distante.

 

Mi volgo indietro e guardo

sul fondo della valle, lontano,

il laghetto dei Camosci Selvatici.

 

Le mie gambe, ahimè,

cominciano a dolere e mi rammentano

che un'altro anno è passato.

 

Quand'ero più giovane camminavo

in modo baldanzoso e leggero a lungo

sui fianchi ripidi dei monti.

 

Provavo gusto persino a burlarmi un poco

dei vecchi viandanti che incedevano

lenti e barcollanti sul mio sentiero. Sorridevo.

 

Oggi cammino più adagio

e qualche passo anch'io lo appoggio

in maniera maldestra e incerta.

 

La malinconia mi invade:

per quanto tempo ancora potrò

partire con animo lieto

per avventure alpinistiche?

 

Già forse si preannuncia il giorno

in cui dovrò rinunciare per sempre

alle azzurrità del cielo d'estate,

al verde delle macchie di pino mugo

e al candore degli eterni nevai?

 

Così, masticando i miei tristi pensieri,

proseguo nella salita ripida

che s'arrampica verso il passo Mi T'ang.

 

Un aquilotto selvatico mi scorge,

e lancia il suo grido verso i crepacci:

tutta la valle ne echeggia.

L'eco risuona di roccia in roccia

e mi risveglia al presente.

 

È vero: un'altro anno è passato.

Ma che importa?

L'azzurro del cielo riverbera in me

con scrosci iridati di luce,

 

il verde degli arbusti di pino strisciante

s'intreccia nel mio cuore col biancore

d'eterni, immensi nevai.

 

E quando un giorno le avventure alpinistiche

non saranno per me

che un riflesso languente del passato,

 

nel fresco giardino della memoria

ancora potrò cogliere la corolla di rododendro

che adesso appare improvvisa tra le rocce

all'ultima svolta del sentiero montano.

 

30. Sera d'inverno

 

Ho chiuso bene la porta della mia casetta

per trascorrere nella quiete

le ore pigre e sospese

d'una sera di mezz'inverno.

 

Verso nella ciotola smaltata di verde

il mio vino dolce di prugne

sorbendolo con delizia

a piccoli, radi sorsi.

 

Bene ho serrato la porta della mia casetta

per trascorrere nella quiete

le ore pigre e sospese

d'una sera di mezz'inverno.

 

Non rimpiango gli amici

che tutti ospito stasera

nella pace intatta del mio cuore.

Certo è una festa quella che stiamo celebrando.

 

Penso che saranno concordi gli amici con me

nel chiamarla in questo modo:

"La festa del silenzio gioioso di mezz'inverno".

 

Sono grato a quelli che stasera

non fanno tintinnare il campanello

per chiedermi udienza.

 

Sono grato a quelli che stasera

non mi domandano consiglio

ne' cercano parole di speranza.

 

Sono grato a tutti coloro

che senza neppure saperlo

rispettano la silenziosa gioia della mia festa.

 

Ascolto la muta risonanza

del mondo che riposa nel freddo;

ascolto le voci lontane che si perdono

nella quiete stellata della sera invernale,

 

ascolto il tranquillo pulsare del cuore

al ritmo impalpabile d'amabili ricordi.

Del mio amore per la solitudine

stasera son solo a prendermi gioco.

 

Sfogliando il libro dei poemetti

"La Terrazza delle Fresche rugiade"

rivivo lo spavento

provato alle le gole di Mou-ling.

 

Sfogliando il libro dei poemetti

"La Terrazza delle Fresche rugiade"

sento rinascere a nuova vita

lontani inverni e primavere antiche.

 

Sfogliando il libro dei poemetti

il verso che più mi commuove stasera

è quello dove si parla della malinconia

che da giovane non conoscevo.

 

Ora, non più giovane, la malinconia la conosco a fondo.

Anche se vorrei saperne parlare con parole di giada,

m'accontento di dire in un sospiro:

"Oh, com'è bella questa notte silente d'inverno!"

 

I poemetti della Terrazza delle Fresche Rugiade

sono stati composti e venivano spesso cantati

da Tchi Ch'ong Tzu: colui che senza sforzo apparente

ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

CENTO PRIMAVERE

 

PREFAZIONE

 

Cinque anni or sono presentando "La Grande Pratica" - il compendio filosofico e poetico redatto in epoca imprecisata (seppur l'enigmatica epigrafe con cui il testo esordisce sembra porgere il destro per qualche congettura su cui vorremmo per ora soprassedere) da Tchi Ch'ong Tzu - dicevamo d'aver ricevuto dall'Abate Yung Ch'eng Tzu di Hui T'ang una copia del quarto volume delle opere dell'incomparabile maestro, "Cento Primavere", ove si trovano diversi detti, sentenze ed aneddoti apocrifi su Tchi Ch'ong Tzu e sui suoi primi discepoli.

La nostra conoscenza diretta della Scuola nata dalla tradizione che riconosce nel maestro Ch'ong il proprio fondatore, detta in Cina "Scuola della Preziosa Ghirlanda", ci consente oggi qualche precisazione utile per una miglior comprensione di questo e degli altri testi.

Anzitutto specifichiamo che la qualifica di "apocrifi" non sminuisce affatto il valore dottrinale né quello letterario di "Cento Primavere". Il libro contiene al suo interno, per esempio, due pregevoli fascicoli tuttora studiati con costanza e venerazione dagli allievi: "Il Piccolo Canto della Gioia Splendente" - redazione anonima d'un mai realizzato trattato musicale di maestro Ch'ong - e "Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi" del Terzo Patriarca della Preziosa Ghirlanda, il Venerabile Teng Hsi, discepolo del primo successore di Tchi Ch'ong Tzu.

Il quarto libro non è impiegato nelle cerimonie né proposto agli allievi per la loro formazione. La sua lettura e meditazione, sebbene non richieste esplicitamente dal cammino iniziatico, sono però vivamente raccomandate.

Neppure il grado d'autenticità storica degli episodi e dei testi raccolti in "Cento Primavere" può dirsi inferiore a quello degli altri libri. Insomma, la tradizione della Scuola della Preziosa Ghirlanda si limita a spiegare che "Il Giusto Comportamento", "La Grande Pratica" e "La Terrazza delle Fresche Rugiade" assolvono rispettivamente ad una di queste tre funzioni formative: il primo, a risvegliare l'animo del discepolo sviluppandone la ricettività; il secondo, a riedificarlo conferendogli robustezza; ed il terzo infine, ad addolcirlo e apportargli la qualità della tenerezza. Né per "Cento Primavere" si danno indicazioni riguardo ad una specifica finalità didattica.

Ci si è offerta un giorno l'opportunità di chiedere al Venerabile Yung Ch'eng Tzu se, a proposito della Scuola della Preziosa Ghirlanda, si sia autorizzati a parlare di sistema religioso. Con un sorriso amabile e socchiudendo un poco gli occhi vivacissimi, il Venerabile Abate ha risposto: "Sì, certamente! A condizione che voi occidentali siate disposti a considerare la fiaba Biancaneve e i sette nani come parte integrante dei vostri quattro Santi Evangeli!". La verve di questa risposta ci ha tra l'altro fornito un'ulteriore conferma della vitalità che l'insegnamento di Tchi Ch'ong Tzu ha conservato lungo i secoli.

Affidiamo quindi "Cento Primavere" ad una lettura intelligente, aperta di cuore, sensibile, e - perché no - ricca d'umorismo. Tanto il maestro Ch'ong quanto i suoi discepoli antichi ed attuali hanno dimostrato di non considerare l'humour come un semplice accessorio di realtà "più profonde". Anzi, forse la sintesi migliore del senso dell'insegnamento impartito nella Scuola è tratteggiata su un pannello affisso nella Sala piccola della Pace Celeste d'un minuscolo romitaggio della Preziosa Ghirlanda nei pressi di Seoul (sud Corea) che ci è capitato di visitare recentemente.

Su una tavola vermiglia, si stagliano netti ed elegantissimi alcuni ideogrammi cinesi tracciati con somma maestria. Ogni discepolo, accedendo alla Sala piccola della Pace Celeste per la meditazione quotidiana, prima di prendere posto sul suo cuscino s'inchina profondamente tre volte dinanzi a questa scritta:

 

Saper ridere con vera bontà

e lasciarsi innamorare dalla bontà delle cose

sono le prime qualità del saggio.

La Pace del Cielo, infatti,

non ha il muso lungo.

 

Torrita di Siena, 21 marzo 1998

Anno della Tigre

 

CAPITOLO PRIMO

 

1.*

Il maestro disse: "Ecco tre cose inutili: cercar di vuotare il mare con un secchiello, ascoltare i discorsi del duca di P'ing, suonare col liuto la ballata Crisantemi in fiore senza riuscire a commuovere nessuno. Queste sono tre cose realmente inutili."

 

Note:

* Cfr. Il Giusto Comportamento, paragrafo 57.

 

2.

Il Venerabile T'ai Shen Bao-yu, quando ebbe compiuto l'età d'ottantacinque autunni più una primavera, raggiunse la sublimità dello spirito, istituì la cerimonia dei Sessantaquattro Dragoni che salgono verso il Cielo e compose in un solo giorno diverse odi e proverbi ancor oggi celebri.

Essi furono trascritti dal suo discepolo Yu Sheng nella raccolta: "Detti famosi dei primi Patriarchi".

Queste odi e questi proverbi sono tuttora molto citati, in particolar modo quello che dice:

 

Se vuoi comprendere il senso nascosto delle cose,

non limitarti a fissare il fondo dello stagno

ma leva il tuo sguardo

verso il Leprotto del Cielo*

ed ascolta il gracidare dei ranocchi

nella notte d'estate.

 

Questo è un proverbio composto dal Venerabile T'ai Shen Bao-yu quando ebbe compiuto l'età d'ottantacinque autunni più una primavera ed istituito la cerimonia dei Sessantaquattro Dragoni che salgono verso il Cielo, ed è molto oscuro.

 

Note:

* Il Leprotto del Cielo: è una maniera fiabesca per significare la luna.

 

3.

Si narra che la dama Li-li, donna di leggeri costumi, dopo esser stata violentemente insolentita dal conte di Hui-p'eng per la sua condizione di cortigiana, decise un giorno di cambiare vita.

Domandò dunque ad una delle sue ancelle di recarsi da Ch'ong Tzu per esporgli accuratamente la sua triste situazione e supplicarlo di volerla ricevere in udienza per impartirle insegnamenti utili a mettere in pratica il suo virtuoso proposito.

Il maestro, interpellato dall'ancella della dama Li-li, si rifiutò ed essa ne rimase profondamente amareggiata. Dopo qualche giorno, tuttavia, la dama Li-li ricevette un rotolo scritto con calligrafia irreprensibile da maestro Ch'ong. Nel rotolo era narrata una fiaba:

"Ai tempi del santo re Wenn, una tigre stabilì di non cacciare più selvaggina (come è costume ordinario per le tigri) desiderando per contro diventare erbivora al pari d'un mansueto agnellino. L'agnello, pensava, è animale mite ed assai amato dagli uomini. Le tigri, invece, incutono timore a tutti e per questo motivo chiunque reclama con convinzione il proprio diritto di dar loro una caccia spietata.

"La signora tigre andò quindi da T'ien Ti, signore della terra e del cielo, e gli espose diligentemente i suoi desideri ed i suoi (virtuosi) progetti, supplicando la Sua altissima divinità di provvedere di conseguenza.

"Da quell'istante, ogni selvaggina smise di farsi acciuffare dalla signora tigre, che, dopo poco tempo, provò una fame così devastante da doversi gettare con inaudita avidità su un mucchietto di fieno per riempirsi le fauci.

"Ma il suo autentico desiderio era di carne, ed il fieno le pareva cibo orribilmente insapore ed impossibile.

"La tigre fece allora ritorno alla presenza del signore T'ien Ti ed umilmente Lo pregò di restituirla alla sua precedente condizione, ciò che il sovrano della terra e del cielo fece con divina gioia e pronta risoluzione.

"Sfamata che si fu, la signora tigre desiderò assaggiare un ciuffetto d'erba verde il cui colore le era apparso all'improvviso delizioso a vedersi ed invitante per il palato. Ella trovò il gusto dell'insalatina talmente squisito che da allora non ne volle più saperne di cibarsi di cane.

"Poco le importava che gli uomini continuassero a temerla per la sua mole imponente e per la sua dentatura irta di schegge taglienti.

"Il sapore delle erbette fragranti era così straordinario che non avvertiva più il minimo bisogno di cibarsi d'altro, poiché in esso era tutto il profumo del Regno degli Immortali."

 

4.

Questi sono i nomi dei cinque Grandi Patriarchi: Yo-cheng di Chao, discepolo di Chung-shan di Mou, discendente del duca Fei-wenn di P'ing e discepolo di Teng Hsi, figlio della dama Ho Li-li e discepolo del Venerabile T'ai Shen Bao-yu.

Il Venerabile T'ai Shen Bao-yu cominciò ad insegnare nell'anno in cui T'ai-tsung, raggiunta la maggiore età, assunse il regno di Wei.

Il Venerabile T'ai Shen Bao-yu fu discepolo prediletto del Venerabilissimo Tchi Ch'ong Tzu, colui che senza sforzo apparente ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

5.*

Il maestro disse: "Se ti credi saggio, la tua stoltezza è realmente grande. Se la tua stoltezza è grande, cavalcala e potrai diventare saggio."

 

Note:

* Cfr. Il Giusto Comportamento, paragrafi 1 e 12.

 

6.*

Il maestro disse: "Se ti riconosci stolto, allora io credo che tu sia nel vero. Sali dunque in groppa alla tua stoltezza: cavalcandola come focoso destriero potrai diventare realmente molto, ma molto saggio."

 

Note:

* Cfr. col paragrafo 5, di cui il presente è un approfondimento.

 

CAPITOLO SECONDO

 

7.*

Bao-yu Tzu non insegnò mai nulla: per questo è venerato ancora oggi e da tutti ricordato tra gli antichi saggi.

 

Note:

* Cfr. Il Giusto Comportamento, paragrafo 38.

 

8.

Una volta riferirono al maestro che il duca di P'ing andava chiedendosi quale mai fosse la differenza sostanziale tra lui e il discepolo Bao-yu.

Ch'ong Tzu spiegò allora: "Riferite a quella testa vuota che la differenza è questa: per il duca di P'ing sarebbe gran cosa di assomigliare al discepolo Bao-yu non fosse che durante il sonno, mentre per il discepolo Bao-yu sarebbe immensa sventura di assomigliare al duca di P'ing anche solo nella barba."

 

9.*

Il maestro disse: "Nell'amare cibarsi di frutta a pezzi, nessun male. Nell'amare invece cibarsi di frutta sentendosi a pezzi vi può essere qualcosa di assai morboso."

 

Note:

* I paragrafi da 9 a 12 sono intessuti su giochi di parole difficilmente traducibili.

 

10.

Il discepolo Bao-yu amava molto cibarsi di frutta ridotta in pezzi.

 

11.

Dal cinquantunesimo anno d'età, il duca di P'ing, per emulare il discepolo Bao-yu che amava molto cibarsi di frutta in pezzi, prese a fare altrettanto.

 

12.

Dopo che il duca di P'ing ebbe compiuto cinquanta e un anno, Ch'ong Tzu s'abituò ad astenersi a mesi alterni dal consumare frutta, sia intera che in pezzi.

 

CAPITOLO TERZO

 

13.

Il maestro disse: "Volentieri cederei il mio occhio destro in cambio della sublimità dello spirito, ma ancor più volentieri cederei la barba del duca di P'ing per un otre di vino nuovo ed un'asina gravida."

 

14.

Il maestro si volse un mattino d'estate in direzione dell'alba e, guardando il sole che saliva nel cielo limpido dal Mare Orientale, disse: "Ahimè: anche oggi vi saranno afa e calura!"

 

15.

Il duca di P'ing esclamò: "Cosa mai sarebbe la mia vita se non avessi incontrato il maestro Ch'ong?"

Il maestro commentò: "Difficilmente potrebbe essere peggiore di quel che è! Davvero: difficilmente potrebbe essere peggiore!"

 

16.

Un mattino presto il maestro Ch'ong passeggiava lungo un viottolo di campagna osservando i campi coltivati e le abitazioni dei contadini.

Giunse così nei pressi d'una risaia e scorse un'anziana donna curva nella ricerca (così pareva) di qualcosa che le fosse caduto nell'acquitrino.

Ch'ong Tzu le si avvicinò e, dopo averla affabilmente salutata, chiese: "Hai forse smarrito qualcosa sul fondo (melmoso) della risaia, buona vecchina?"

E la donna: "Sì, mio signore. Ho perso una cosa tanto preziosa."

"Posso sapere" - replicò il maestro - "che cosa per te è così prezioso da meritare questa ingrata ricerca fra gli steli del riso?"

"Mio signore" - continuò la donna - "se solo potessi dirti il nome di ciò che ho smarrito, per il fatto stesso di nominarlo l'avrei già trovato. Pronuncia per me, tu che hai sapienza tanto acuta e profonda, il nome segreto di ciò che ho perduto, ti prego!"

Il maestro tacque a lungo guardando la vecchietta che, con impegno indefesso e commovente, andava setacciando ogni palmo della risaia.

All'improvviso, Ch'ong Tzu gridò a gran voce "Ogni leprotto alla sua tana! Ogni leprotto alla sua tana! Dal legno son nato, nel fuoco vengo trasfigurato, sulla terra ho cercato di vivere, il metallo mi ha ferito, all'acqua son tornato!" e battè tre volte le mani.

La donna lo guardò esterrefatta e in un batter di ciglia si dissolse in spuma nell'acquitrino mentre una fiammella azzurrognola guizzava verso il cielo. Era infatti una Spirito Elementale in forma umana: il maestro l'aveva immediatamente compreso.

Per questo egli non pronunciò il nome segreto che rendeva il possesso della cosa preziosa. Dicendo quel nome, il maestro avrebbe perso sé stesso.

 

17.

Il maestro raccomandava sovente ai suoi allievi di guardarsi con ogni prudenza dagli Spiriti Elementali, dagli stolti e dai pescivendoli.*

I primi, diceva, ci distruggono nel profondo di noi stessi; i secondi ci distruggono nell'immagine che essi hanno di noi; i terzi aspettano sempre l'occasione buona per venderci pesce avariato a peso di monete sonanti.

 

Note:

* Una rara formula dialettale, tipica di alcune regioni meridionali della Cina: Bao Wenn Kao (Spiriti Elementali), Kao Wenn (stolti), Wenn Bao Ch'i (mercanti di pesce).

 

18.

Il discepolo Ch'en T'ao disse al discepolo Bao-yu: "Qualche volta il maestro riesce a sorprendermi."

Il discepolo Bao-yu, dopo avere a lungo fissato il discepolo Ch'en T'ao, scoppiò a ridere in maniera assolutamente sgangherata. Infatti quel giorno non era giorno di mercato e le ortolane avevano già lasciato il villaggio.

 

CAPITOLO QUARTO

 

19.

Il maestro si comportava in maniera amichevole senza mai perdere una certa compostezza, sapeva essere austero senza avere rigidità, scherzava senza mai uscire di squadra, era rispettoso eppure naturale.

Soprattutto egli si asteneva rigorosamente dal ridere quando ricorrevano giorni di mercato, né mai alcuno è riuscito a comprenderne il motivo.

 

20.

Ch'ong Tzu disse: "Se al torrente non ti riesce d'afferrare un pesce col piede sinistro, dubita pure che la strada della virtù non sia cosa per te. Il giorno però in cui riuscissi ad afferrare un pesce di torrente col piede sinistro, sta in guardia e dubita di te stesso. Può darsi che tu sia diventato pazzo e ti illuda sulle tue capacità. Meglio per te non pensare a pesci né a virtù: ciò è infinitamente vantaggioso e segno sicuro di saggezza."

 

21.

Ch'ong Tzu disse: "In sette occasioni durante la mia vita ho perso la pazienza: la prima fu quando, dopo nove mesi, mi parve che non fosse più possibile attendere per uscire dal ventre di mia madre ed entrare nel mondo dai sessantaquattro stati di mutamento; la seconda fu quando la mia nutrice preparò per errore una pappa con polvere di pietra anziché di farina di riso e pretese di somministrarmela sino all'ultimo granello; la terza, allorché il mio tutore fece il possibile e l'impossibile per convincermi che tre più tre fa in ogni caso sei; la quarta quando ho incontrato per la prima volta il duca di P'ing; la quinta quando il discepolo Bao-yu mi domandò il Grande Insegnamento sull'Idiozia; la sesta il giorno in cui il duca di P'ing elogiò la mia pazienza imperturbabile; la settima allorché mi si chiese di ricordare le precedenti sei occasioni in cui mi avvenne di perdere la pazienza. Non ve ne sarà un'ottava, certamente non ve ne sarà un'ottava!"

 

22.

Il maestro disse: "Se stai bene dove sei, a qual fine vorresti spostarti? Sei però sicuro che stare dove ti trovi sia bene per te?"

 

23.

Il discepolo Chuo Wu disse: "Maestro, un grande dubbio mi assilla."

Ch'ong Tzu rispose: "Te fortunato che sei assillato da un solo grande dubbio!"

 

24.

Il discepolo Yang Feng domandò del dubbio.

"Il dubbio" - rispose il maestro - è come il succo velenoso del fiore d'aconito.* Nella giusta, lieve quantità può curare molti mali. Quando però ne bevessi una coppa ricolma, raggiungeresti le Gialle Sorgenti prima che un'ora sia trascorsa."

 

Note:

* Riferimento botanico è ad una specie a fiori bluastri molto diffusa in Cina e simile all'europeo "Aconitus napellus".

 

CAPITOLO QUINTO

 

25.

Il maestro disse: "Lunga è la strada che conduce alla pratica della virtù, ma assai più lunga è la strada che da Ch'ang-tui sale a Kiang Han.* Quella infatti è ardua, ma questa spezza le gambe!"

Note:

Ch'ang-tui e Kiang Han: località non identificate.

 

26.

Bao-yu Tzu disse: "Una grande pancia val più di un otre di vino nuovo, anche se entrambi possono talvolta gorgogliare."

 

27.

Il duca Ma Ch'eng chiese un giorno della bellezza.

"Dove stia di casa la bellezza in non te lo dirò." - rispose Ch'ong Tzu - "Certamente però non ti riuscirà di trovarla nel palazzo del duca di P'ing."

 

28.*

Il discepolo Ku Po, molto noto per il suo aspetto poco avvenente, domandò al maestro della bellezza.

Il maestro Ch'ong disse: "Specchiati nell'acqua tersa dello stagno dove i ranocchi cantano al Leprotto nelle notti di mezza estate. Forse vedi tu la bellezza? Dimmi, la vedi tu?"

 

Note:

* Cfr. Il Giusto Comportamento, paragrafo 27.

 

29.

Il maestro disse: "Fare dei regali inutili: un pettine a un monaco pelato ed un bel pettine d'avorio a una monaca. Questi sono proprio doni inutili."

 

30.*

Un giorno che Ch'ong Tzu tornava a casa dalla passeggiata quotidiana, i discepoli si accorsero che la sua espressione era molto addolorata. Lu Lun, che era il più giovane, gli chiese cosa fosse accaduto ed il maestro raccontò allora questo fatto:

"Camminando nei campi vidi una donna seduta a terra che con un ventaglio in mano faceva aria a una tomba fresca. Preso da incontenibile curiosità, domandai alla donna cosa facesse, e quella mi rispose: Ho promesso a mio marito di non sposarmi fino a quando la sua tomba non fosse asciutta. Ma ha piovuto, e in questi giorni il tempo è tanto brutto!"

 

Note:

* Un aneddoto molto simile a questo viene altrove riferito a Lao Tzu, fondatore del taoismo.

 

CAPITOLO SESTO

 

31.

Nel libro "La Terrazza delle Fresche Rugiade" si leggono molti sonetti che il maestro compose nei momenti in cui altri più gravi impegni non lo assillavano.

Egli desiderava anche trascrivere di suo pugno "Il libro delle Odi" e tutti i sonetti di Li T'ai Po*, ma le sue molte occupazioni non glielo permisero mai, e di ciò si rammaricava ancora il giorno prima d'essere assunto su un cocchio trainato da sei Dragoni rampanti al Regno degli Immortali.

Si narra che il duca di P'ing si commuovesse sino alle lacrime nel leggere i sonetti raccolti nel libro "La Terrazza delle Fresche Rugiade", specialmente quello dove si parla dei fiori di paulonia

 

Note:

* Li T'ai Po o Li Po (701-762) è il più famoso e maggior poeta della dinastia T'ang.

 

32.

Questi sono alcuni pensieri e proverbi improvvisati dal maestro in diverse circostanze:

"Vedere chiaro come un orbo che abbia ricevuto un pugno sull'unico occhio buono.

"Mi sembrano molto rozzi quegli individui che quando parlano alzano esageratamente il tono della voce, spruzzano saliva in faccia all'interlocutore e gesticolano senza tregua.

"Rovesciarsi a terra come comare Hu il giorno in cui fu colta da morte improvvisa.

"Cercare tre pesciolini in un vaso di peonie: una grande idiozia.

"È straordinariamente sciocco gratificare uno stupido di un bel nome.

"Pensare all'inverso parlando diritto.

"È vera maleducazione soffiare nella tazza in cui si sta bevendo.

"Inutile come pregare un Buddha di sabbia affinché faccia piovere.

"Io non so se esistono libri inutili: non li ho mai letti.

"Quando ti sposi porta tre doni al tempio e sei regali alla suocera.

"Guardare di notte sotto al letto senza accendere la lucerna della stanza è fatica vana.

"Se il signore T'ien Ti mi desse la possibilità di aggiungere settant'anni al numero fissato dei miei giorni, vorrei impiegarne trenta per studiare il Libro dei Mutamenti, trenta per mettere in pratica con diligenza quanto ho appreso, nove per dimenticare tutto ed uno per ringraziare quelli che nei precedenti sessantanove anni non mi hanno recato troppo disturbo con domande inutili."

 

33.

Questi sono alcuni pensieri e proverbi improvvisati dal maestro Ch'ong in diverse circostanze:

"Girare in tondo attorno a un quadrato e squadrare il mare affinché sembri rotondo.

"Danzare agilmente come una grassa (donna) incinta.

"Non serve proprio a nulla inchinarsi di fronte a un nano inginocchiato.

"Un'altra fatica vana: pretendere di mungere un elefante dalla proboscide.

"Quando decido di bere sakè* io esigo d'averne molto a disposizione per potermi astenere dal berne troppo.

"La chioccia torna ai suoi pulcini, il maiale torna al suo truogolo, il cane torna al suo vomito, il duca di P'ing torna a casa sua.

"Totale come l'idiozia del duca di P'ing.

"Se proprio hai deciso di inginocchiarti, abbi cura almeno di non farlo nello sterco.

"Ruminare veleno per sputare miele: la via più sicura per prendere brutte malattie allo stomaco.

"Schiacciare sul sedile un topolino, versare dell'olio sull'acqua, perdere la memoria attraverso un foro nel muro, accendere la lanterna nel camino, scivolare su una briciola di burro, rovistare nella cassapanca d'una vecchia zitella sperando di trovare biglietti d'amore, rovesciare un secchiello di sabbia nel deserto, annusare la base della coda d'un cane rognoso, parlare a lungo con un sordo, discutere di poesia con un ministro: alcune di queste cose sono inutili, altre estremamente sgradevoli.

 

Note:

* Il termine qui tradotto con "sakè" indica letteralmente il vino di riso.

 

34.

Il maestro disse: "Le poesie di Li Tuan sono veramente amabili, quelle di Po Ch'u-i* sono sublimi, ma i sonetti di Li Po arrivano diritti al cuore."

 

Note:

* Po Chu-i (772-846) grande poeta nativo dello Shensi. Governatore di Chung-chou, di Hang-chow ed infine di Sou-chow terminò la sua vita in un monastero di campagna vicino alla città di Lo-yang.

 

35.

Qualcuno sostiene che per molti anni Tchi Ch'ong Tzu abbia tenuto una fitta corrispondenza con una dama di corte di nome Lu Ling. Questa dama era veramente abile nel suonare il liuto a cinque corde ed eseguiva spesso al lume della luna la ballata Crisantemi in fiore e il sonetto Il mio amore è triste come il laghetto Yu-gong in autunno.

Si dice che alcune lettere della corrispondenza tra Ch'ong Tzu e la dama Lu Ling abbiano raggiunto il vertice della poesia.

 

36.

Questi sono tre modi di dire usati dal maestro con particolare frequenza:

"Capirne di musica come un maiale affamato.

"Soffiare in cielo per spazzare le nubi.

"Chiudere il parapioggia quando comincia a piovere."

Questi tre modi di dire venivano usati dal maestro con particolare frequenza.

 

CAPITOLO SETTIMO

 

37.

Il maestro era un virtuoso del liuto a cinque corde e spesso amava cantare ballate, odi e sonetti accompagnandosi col suo strumento.

Egli poneva la musica tra le cinque cose più buone del creato e si commuoveva sino al pianto quando udiva un abile suonatore strappare alla pi-p'a* una canzone di tono malinconico.

Ormai vecchio confidò ai suoi discepoli che se il signore della terra e del cielo gli avesse fatto dono di altri cinque anni di vita, li avrebbe certamente usati per dettare un libro intitolato "I cinque Canti della Gioia Splendente" ove avrebbe trattato del potere segreto dei cinque suoni.

Purtroppo questo progetto non poté realizzarsi, poiché dopo soli sette giorni da quando ebbe fatto questa confidenza ai suoi discepoli, un cocchio trainato da sei Dragoni lo assunse per sempre nel Regno degli Immortali.

Tuttavia i discepoli hanno trascritto ed ordinato diligentemente alcuni pensieri sull'arte musicale espressi dal maestro Ch'ong in diverse circostanze ed hanno così compilato questo breve fascicolo:

Il Piccolo Canto della Gioia Splendente

1. Il signore T'ien Ti, artefice della terra e del cielo, donò i suoni agli uomini affinché essi si sforzassero di farne buon uso. Il signore T'ien Ti sperava che gli uomini collaborassero con lui nella creazione del mondo pizzicando con vera arte le cinque corde del liuto, soffiando con vera emozione nei flauti e percuotendo con vera solennità le campane di bronzo.

Invece gli uomini degenerarono e si misero ad emettere suoni dissonanti. Oggi la musica è diventata molto sgradevole, vacua e talvolta persino cattiva. Essa è peggio che inutile: è realmente dannosa.

2. Non è sufficiente che la musica raggiunga il culmine della bellezza, essa deve conseguire il vertice della bontà.

3. Esercitarsi a lungo per suonare più velocemente degli altri La ballata dei Cento eserciti è fatica inutile e logora la mente e il cuore. Un vero musicista non farebbe mai questa sciocchezza.

4. Tutti sanno che il signore T'ien Ti edificò il mondo con un canto. Pochi sanno che un canto privo di grazia e di maestria ha il potere di distruggere una particella di vita nel mondo.

5. Un autentico musicista non sarebbe mai capace di ascriversi il merito di una canzone ispirata: egli infatti sa bene di non essere che uno zufolo nella bocca del signore T'ien Ti.

6. Prima di intonare una ballata o un sonetto, taci a lungo ed ascolta cosa ti suggerisce il silenzio.

7. Forse non è necessario che un musicista consegua tutte le virtù, ma è certamente indispensabile ch'egli si applichi con cura indefettibile nel cercare la purità del cuore. La doppiezza del cuore, infatti, genera dissonanze completamente gratuite.

8. Se un tale si comporta nella vita come un maiale affamato, è perfettamente inutile che s'impicci di musica: egli non farebbe che molto male a sé stesso e al prossimo.

9. Una musica inutilmente chiassosa è paragonabile allo sbraitare d'un ubriaco. Dopo una notte insonne questi vomita tutto ciò che ha bevuto la sera prima senza aver potuto gioire dei suoi diritti coniugali. Dopo un deprecabile indolenzimento delle orecchie di chi ascolta, quella non lascia che un gusto sgradevole e grande vacuità nel cuore.

10. Pure una musica sommessa può essere completamente vacua. Una sciocchezza infatti, anche se sussurrata, resta pur sempre una sciocchezza.

11. Molti sono i suonatori, pochi i musicisti.

12. Gli strumenti a fiato dovrebbero saper creare l'immagine interiore della vastità, gli strumenti ad arco essere austeri e composti, le campane dolersi senza affettazione, i tamburi dare slancio alle moltitudini, le pietre risonanti evocare gli spiriti degli avi.**

13. La musica conferma i riti e consacra le parole: per questo i sovrani dei tempi antichi, componendo musica, onoravano la divinità.

14. Uno sfaccendato rimane tale anche quando canta.

15. Nessun potere dei cinque suoni resta segreto per chi sappia guardare alla realtà senza presunzione.

16. Il signore T'ien Ti si duole per il cattivo uso che della musica hanno fatto gli uomini. Per questo il suono delle campane ci riempie talvolta di malinconia.

17. Quando della musica inadeguata viene suonata durante una cerimonia religiosa, il signore T'ien Ti non può evitare di rammaricarsene per gli uomini.

18. I suoni hanno il potere di arrecare all'animo una certa finezza, ma un animo irrimediabilmente rozzo ha il potere di guastare completamente i suoni.

19. La tonalità delle canzoni dovrebbe intonarsi con le diverse stagioni, gli strumenti musicali essere adeguati al periodo dell'anno: in primavera avrebbero da predominare i flauti di legno, in estate i tamburi e le zucche sonore, d'autunno le campane e i gong, d'inverno gli strumenti ad arco.

20. Una musica che pretende d'essere sentimentale riesce oltremodo imbarazzante.

21. Un autentico musicista dovrebbe risultare estremamente amabile per il prossimo. In realtà è molto raro che i musicisti siano amabili quanto è amabile la musica. Ciò perché i veri musicisti sono rarissimi.

22. I sovrani dei tempi antichi conoscevano l'importanza della musica, per questo se ne avvalevano ampiamente ad ammaestramento del popolo e per rendere sacrifici solenni al signore della terra e del cielo. Oggi lo spirito volgare ha invaso anche la musica, perciò i funzionari sono corrotti, i governanti depravati ed i religiosi privi d'ispirazione.

23. Una musica graziosa non è mai inopportuna. Una musica invadente fa storcere il grugno persino ad un cinghiale famelico. Le persone volgari si compiacciono della musica invadente.

24. Lo scroscio della pioggia in autunno può essere struggente. La ballata Il mio amore è triste come il laghetto Yu-gong è certamente buona.

25. L'Imperatore di Giada conserva in fiale di cristallo tutti i suoni prodotti con arte nel mondo.

26. Ogni rintocco di campana risuona per l'eternità nel Regno degli Immortali. Ecco perché dico che in groppa ad un suono potrei raggiungere il paradiso.

 

Note:

* La pi-p'a è uno strumento cinese tradizionale.

** Nel Libro dei Mutamenti si legge un testo simile.

 

38.

Il maestro usava preparare il tè sempre in una medesima teiera di foggia semplicissima. Egli non sciacquava mai la teiera dopo aver sorbito il tè, ma lasciava le foglioline sino alla preparazione successiva.

In tal modo le pareti interne s'erano a tal punto impregnate dell'aroma dei tè eccellenti scelti con cura dal maestro che sarebbe stato sufficiente riempire il recipiente d'acqua calda per ottenerne un tè straordinariamente fragrante ed aromatico.

 

39.

Qualcuno sostiene che il maestro disse: "Tutto a questo mondo può venir raddrizzato, fuorché le banane", ma questa certamente è una falsità. Sciocchezze simili, infatti, possono udirsi solo dalla bocca del duca di P'ing.

 

40.

Il discepolo Ju-yu aveva una certa inclinazione all'indolenza, che però sapeva combattere in sé stesso con ogni energia e con le migliori disposizioni d'animo. I suoi avi erano infatti originari delle province meridionali, e questo non poteva non riscontrarsi nel carattere del discepolo Ju-yu.

Il maestro amava molto il discepolo Ju-yu e ne apprezzava immensamente sia gli sforzi, sia le azioni, anche se talora il temperamento del discepolo Ju-yu lo costringeva ad applicarsi con straordinaria energia all'esercizio della pazienza.

Un giorno il maestro disse al discepolo Ju-yu: "Dimmi, mio piccolo Ju: se il signore T'ien Ti acconsentisse a realizzare sull'istante qualsiasi tuo desiderio, che cosa gli domanderesti: un piatto di carne di maiale condita di gustosa salsa piccante, un lavoro pesante da compiere con zelo instancabile oppure la sublimità dello spirito?"

Il discepolo Ju-yu riflettè un momento e rispose: "Poiché mi sono ormai persuaso che la via migliore è quasi sempre quella mediana, credo che sceglierei la seconda richiesta: un lavoro pesante da compiere con zelo instancabile. Aggiungerei però una petizione speciale affinché il signore T'ien Ti, artefice della terra e del cielo, nella sua divina generosità volesse degnarsi di farmi dono di molto zelo!"

Il maestro commentò allora: "Davvero il mio piccolo Ju è un lavoratore instancabile! Molto sforzo richiede infatti inventarsi bugie credibili e proclamarle con amabilità!"

 

41.

Il discepolo Kuo Lin era assillato da molte ansie, la maggior parte delle quali completamente gratuite. Egli era anche un ottimo suonatore di ehr-hu* e talvolta conseguiva le vette della bontà eseguendo su questo strumento alcune ballate antiche.

Un giorno il maestro gli disse: "Dimmi, mio piccolo Kuo: quale spirito ti guida quando esegui La ballata delle magnolie in fiore?"

Il discepolo Kuo Lin tacque poiché era del tutto ignaro della propria maestria e supponeva d'eseguire La ballata delle magnolie in fiore in maniera appena passabile.

"Se tu comprendessi" - disse il maestro - "qual è lo spirito che ti guida quando esegui questa ballata e lasciassi che tale spirito prendesse possesso di tutta la tua vita, io te l'assicuro, saresti immediatamente libero da ogni ansia!"

Trascorsero molti anni prima che il discepolo Kuo Lin comprendesse a fondo le parole del maestro, ma quando ciò avvenne egli raggiunse la sublimità dello spirito, e da quel momento venne chiamato "L'Illuminato dei Fiori di magnolia".

 

Note:

* Lo ehr-hu è uno strumento cinese tradizionale.

 

42.

Il Grande Patriarca Teng Hsi, figlio della dama Ho Li-li e discepolo del Venerabile T'ai Shen Bao-yu, ha scritto il Libro dei Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi.*

Teng Hsi ha scritto il Libro dei Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi nel terzo anno del regno di Yao** detto il Giusto ed il Misericordioso, tre anni prima che avvenisse il Grande Diluvio.

A quel tempo il Grande Patriarca Teng Hsi abitava in una capanna sulle pendici del monte Pu-ch'i presso le sorgenti del fiume Lu ed officiava spesso nel tempietto elevato in onore del maestro.

Egli portò a somma perfezione la cerimonia dei Sessantaquattro Dragoni che salgono verso il Cielo stabilendo irrevocabilmente il colore degli abiti richiesti per celebrarla. La cerimonia dei Sessantaquattro Dragoni che salgono verso il Cielo deve essere celebrata il sesto giorno dopo il secondo novilunio d'estate ed il sesto giorno dopo il secondo novilunio d'inverno.

Gli abiti della cerimonia siano gialli con bordature color arancio d'estate. D'inverno, turchini con bordature cobalto. Gli officianti non devono portare copricapi ma indossino la cintura sull'abito rituale. La cintura, tanto d'estate quanto d'inverno, sia bianca e senza bordature. Essa rappresenta la pace imperturbabile verso la quale sono in cammino i discepoli.

Il taglio della tunica - semplice, ampio e sobrio - non manifesti alcuna presunzione. Gli officianti si astengano rigorosamente dall'indossare metalli preziosi e pietre scintillanti. Si astengano rigorosamente anche dal portare qualsiasi arma e da ogni segno esteriore di vanità o di ricchezza. Lo splendore deve rifulgere dall'interno: per questo anche la musica sia sobria.

Tra gli strumenti a fiato sono preferibili i flauti; gli strumenti di legno e quelli ad arco sono permessi; gli strumenti di metallo e di pietra si possono impiegare ma solo d'inverno e con molta sobrietà. Le tonalità della musica debbono essere austere, raccolte e misurate nell'espressione dei sentimenti. In nessun caso si canti Luna d'inverno. Questo canto infatti è troppo intenso e le persone sensibili potrebbero restarne profondamente turbate.

Le offerte siano poste in ciotole di terracotta o di legno, non di metallo. Esse potranno essere scelte tra i vegetali, ad esclusione di quelli dal gusto piccante.

Tutte queste cose ed altre ancora sono state stabilite in maniera irrevocabile dal Grande Patriarca Teng Hsi, figlio della dama Ho Li-li e discepolo del Venerabile T'ai Shen Bao-yu. Quello che non è scritto qui, lo si legge nel Trattato dei Cinque Canali Segreti che il Patriarca Teng Hsi ha composto sei anni prima d'essere assunto nel Regno degli Immortali.

 

Note:

* Si tratta degli otto esagrammi del Libro dei Mutamenti formati dalla ripetizione del medesimo trigramma. Per il Libro dei Mutamenti si veda la splendida (ed ormai storica) traduzione realizzata da R. Wilhelm.

** L'imperatore Yao è nato tra il 2365 ed il 2359 a.C. Questo sovrano vien ricordato nel Libro degli annali e sotto il suo regno ebbe luogo il diluvio.

 

CAPITOLO OTTAVO

 

Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi

 

43.

"Il tuono scoppia ed arreca grande riuscita.

Il tuono rimbomba terribile

e risuona con parole ridenti.

Il fragore del tuono atterrisce le moltitudini,

ma non per questo l'officiante lascia cadere di mano

il santo cucchiaio ed il calice."

 

L'oracolo mi provoca con parole misteriose. L'oracolo annuncia parole misteriose per incitarmi al risveglio. Lo so e questo io voglio: levarmi dal mio sonno come risorge il mondo quando la primavera s'annuncia coi tuoni.

La Terra si scuote e dalle sue viscere oscure erompe il Dragone. Esso guizza come folgore verso il Cielo: il Dragone squarcia le nubi e ne scaturisce la pioggia.

Il risveglio del mondo fa paura alle moltitudini, ma io, immerso in pace imperturbabile, seguito a celebrare nel tempio. Tengo salda in una mano la spatola sacra ed il calice dell'offerta ho nell'altra.

Risvegliati, anima mia. Levati come Dragone impetuoso e slanciati inarrestabile attraverso le vastità del tuo Cielo.

 

"Io m'incammino per un sentiero di campagna:

porto con me il bastone, una borsa e, ai fianchi, la cintura.

Per dar ristoro al mio cammino ho messo nella bisaccia

un fascetto d'erbe fragranti e una fiala di vetro

in cui è racchiuso tutto l'incanto della primavera."

 

44.

"La mitezza del tempo ventoso

arreca infinite piccole gioie.

È cosa molto buona sapere dove recarsi,

ma meglio ancora di questo

è incontrarsi col saggio."

 

Una brezza leggera tempra l'eccesso d'ardore. Un dolce alitare di vento trascorre sull'erba spuntata di fresco e, lieve, invita i fiori d'ibisco a curvare la testolina.

La Lode Suprema del Mondo dice che il vento soffia dove vuole: esso gira e rigira sui suoi cammini e nulla lo può arrestare.

Troppa ambizione impedisce di gustare le piccole gioie che la vita arreca: in esse risiede davvero tutta la felicità.

Dal vento voglio imparare ad accarezzare delicatamente le tenere erbette e, ascoltandolo, sentire nel mio cuore la voce del saggio che insegna dove per me è bene recarmi.

 

"Mi sono seduto a cercare riposo

sul ciglio della strada, sotto un mandorlo fiorito.

Ecco: cavo dalla mia borsa l'ampollina di cristallo,

la stappo e - meraviglia! - ne spira una brezza leggera:

voce come di vento che evoca con lingua arcana

le volute imperscrutabili del mio spirito."

 

45.

"Doppio splendore brilla a mezzogiorno:

questa è l'immagine del fuoco.

In tal modo il saggio governante

irradia la sua luce ai quattro orizzonti del mondo."

 

Il sole splende. Il sole splende doppiamente. Il fuoco è partorito ormai dall'oscurità della notte, l'ha trasformata in giorno e nulla può porre ostacolo al suo divampare.

O splendore, splendore che brilli all'estremo culmine del mio mezzogiorno! O fuoco nel quale mi dissolvo per rinascere incessantemente a una vita nuova.

O abisso di luce: che io mi annulli tutto in te per trovare la vera realtà. Amore che tutto bruci: inabissami!

 

"Nell'incanto sospeso del mezzogiorno

la mia anima trasale in assorta contemplazione:

il mondo è mistero, mistero insondabile è il mondo.

Immerso nel doppio splendore che riverbera sulla terra

temo che il mio respiro possa, per troppo fragore, turbarlo."

 

46.

"La Pura Terra insegna l'accogliente dedizione:

è questo il modo in cui l'uomo saggio

elabora interiormente la realtà."

 

Umile dedizione di giovenca è immagine della Pura Terra. Essa tutto accoglie con pazienza inesausta elaborando nelle sue viscere i cibi che il mondo le offre in multiforme abbondanza.

Umile dedizione di giovenca è immagine della Pura Terra. La Terra accoglie con sottomissione le cinque benedizioni del Cielo e in questo modo diviene feconda generando i diecimila esseri.

Umile dedizione di giovenca è immagine della Pura Terra. Così l'uomo saggio prende a modello la Terra ed elabora interiormente la realtà. L'uomo saggio prende a modello la pazienza umile della giovane giovenca ed elabora interiormente la realtà.

 

"Ed ora mi rialzo: troppo ho riposato.

Anche la mia voce vuole levarsi: troppo essa ha taciuto.

Voglio cantare una canzone nuova,

un canto che narri l'insondabile pace del mio cuore.

Pizzico le cinque corde del mio liuto,

intono attraverso il silenzio un canto d'amore."

 

47.

"Io contemplo due laghi sovrapposti:

vivida immagine dell'autentica serenità.

Questo è un esempio per il saggio

che s'ammaestra discutendo con i suoi amici."

 

Nelle profondità del lago si nasconde, in fitto mistero, un altro lago. O mistero incomprensibile alla mente e trasparente come acqua limpida per l'intelletto!

L'oracolo mi provoca con parole enigmatiche. Con parole misteriose l'oracolo mi scruta richiamandomi con voce possente al risveglio.

Io ti ripeto dunque il mio enigma: nelle profondità del lago si nasconde in mistero insondabile un altro lago. Sarai capace tu di leggere con puro intelletto e cuore indiviso il significato di questa immagine? Sarai tu capace di rendere tanto limpido il tuo spirito da contemplare l'immagine che si nasconde nella doppia profondità dei laghi?

Oh, come vorrei che tu già possedessi la pazienza umile della giovane giovenca e della Pura Terra, così da non avvertire nelle mie parole un mistero e potessi, cantando, ammaestrare i tuoi amici!

 

"La mia bella trascorreva le notti

appoggiata alla sua finestra

in vista del terso laghetto di Yu-gong.

Scrutava lontano la mia bella: essa era innamorata

di fissare le insondabili trasparenze dell'acqua

e lasciava ogni tanto riposare il suo sguardo

sui fiori rosa delle ninfee

appena sfiorati dal Leprotto dei Cieli."

 

48.

"Traboccante di vigore è il movimento del Cielo.

Così come il Cielo, anche l'uomo nobile

aumenta la sua forza con moto inesauribile."

 

Traboccante di vigore è il movimento del Cielo: questo vuol dire che tutti gli esseri nascono, vivono e muoiono secondo l'eterna alternanza dei tempi.

Non così l'uomo saggio: esso aumenta la sua forza con un moto inesauribile e trova un accordo armonioso con l'essenza stessa del Cielo.

Egli al mattino si leva ed innalza fino al Cielo la sua voce in quieto raccoglimento. Egli si leva al mattino e dice: "Tu sei me; io voglio essere Te. Che Cielo e Terra siano in me una sola cosa".

 

"Dopo la notte sempre sopraggiunge il giorno

ed il giorno sempre una nuova notte

genera dal suo grembo luminoso.

Traboccante di vigore è il movimento del Cielo

ed eterna la sua attività creatrice.

Perché non posso cavalcare un Dragone celeste,

salire tra gli astri a respirare essenza di luna e di sole

e, in questo modo, divenire immortale?"

 

49.

"Senza sosta l'acqua fluisce e rifluisce

ed arriva infine alla sua meta.

Un doppio abisso si svela al mio sguardo

a insegnarmi come il saggio

progredisce nella virtù

insegnando la sua sapienza al prossimo."

 

Abisso s'inabissa nell'abisso. Profondità supera un'altra profondità. L'enigma si avvolge di enigmi. Che cosa significa tutto ciò?

La tua domanda mi esorta a non darti risposta perché so che essa genererebbe un'altra domanda fallace.

Quando avrai penetrato con lo sguardo del cuore il mistero dei due laghi, allora conoscerai anche il segreto del doppio abisso.

Se veramente vuoi progredire nella virtù, non tenere celate le mie parole, ma insegna con generosità ed umile sottomissione la sapienza al tuo prossimo.

 

"Dal culmine estremo degli spazi celesti

io mi lascio sprofondare nell'abisso che non ha limiti.

Questa è la lezione segreta della Sublime Lode del Mondo:

che nessuno tenga celata con gelosia la sua sapienza,

ma in generosa sottomissione ed umiltà perfetta

faccia dono del suo tesoro agli amici, dividendolo."

 

50.

"Tieni fermo e quieto il tuo dorso

come monte che si stringa ad altro monte.

Ricorda che il pensiero del saggio

non desidera fuggir via dal presente."

 

Vorrei che tu sapessi desiderare, più di quanto io la desideri per te, la pace del cuore. Poiché io so per certo che quando tu la desiderassi con tutto il tuo essere, saresti in procinto di trovarla presto.

Siedi quieto sulla Terra e lascia che il tuo dorso diventi il luogo delle nozze della Terra col Cielo. Non cercar di sentire i Sessantaquattro Dragoni che dalla Pura Terra s'elevano al Cielo. Taci in silenzioso raccoglimento ed ascolta: la Terra è buona, la Terra è sovrabbondantemente ricca di sostanze nutrienti per te. La Terra è sicura: essa non ti tradirà.

Appoggia il tuo essere intero sulla Terra e prepara pure con fiducia e cuore ridente il tuo cibo preferito.

Qual è il cibo che tutti preferiscono ad ogni altro cibo, chi non l'ha mai gustato per la curiosità d'assaggiarlo e chi già se n'è nutrito per l'impossibilità di farne ormai a meno?

Questo cibo squisito è la Vivanda Deliziosa, cibo prelibato sopra ogni altro cibo di cui desidero che tu ogni giorno possa poterti nutrire.

 

"Il mio viaggio infine è terminato,

il mio sentiero s'inoltra nel Grande Vuoto,

il mio cuore ha quasi timore di battere,

il mio respiro si fa più sommesso della brezza.

D'un tratto son diventato tutto silenzio:

non odo altro suono che lo sciabordio dell'acqua

sui vasti lidi dove si perdono per l'eternità

le onde incessanti dell'Oceano della Pace che canta."

 

Il Grande Patriarca Teng Hsi, figlio della dama Ho Li-li e discepolo del Venerabile T'ai Shen Bao-yu, ha scritto di suo pugno il Libro dei Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi.

Teng Hsi ha scritto il Libro dei Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi nel terzo anno del regno di Yao detto il Giusto ed il Misericordioso, tre anni prima che avvenisse il Grande Diluvio.

A quel tempo il Grande Patriarca Teng Hsi abitava in una capanna sulle pendici del monte Pu-ch'i presso le sorgenti del fiume Lu ed officiava spesso nel tempietto elevato in onore di Tchi Ch'ong Tzu, colui che senza sforzo apparente ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

IL LIMPIDO ORACOLO DELL'IMMORTALE DELLA MONTAGNA DI GIADA

 

PREFAZIONE

 

Il quinto e ultimo libro de "La Preziosa Ghirlanda" si intitola "Il Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada". Dichiaratamente esso non è opera di maestro Ch'ong e neppure di uno dei discepoli della prima generazione. "Il Libro del Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada" - si legge in apertura al testo - "è stato trascritto dal Venerabile Yo-cheng di Chao, discepolo di Chung-shan di Mou per l'istruzione di tutti i discepoli e per offrir loro un valido aiuto sulla via del Giusto Comportamento" .

E' naturale accostare la frase citata al paragrafo quattro di "Cento primavere", che recita: "Questi sono i nomi dei cinque Grandi Patriarchi: Yo-cheng di Chao, discepolo di Chung-shan di Mou, discendente del duca Fei-wenn di P'ing e discepolo di Teng Hsi, figlio della dama Ho Li-li e discepolo del Venerabile T'ai Shen Bao-yu. Il Venerabile T'ai Shen Bao-yu cominciò ad insegnare nell'anno in cui T'ai-tsung, raggiunta la maggiore età, assunse il regno di Wei. Il Venerabile T'ai Shen Bao-yu fu discepolo prediletto del Venerabilissimo Tchi Ch'ong Tzu, colui che senza sforzo apparente ha varcato gli Otto Limiti del Compasso."

Dal che, riducendo la prosa a schema, la genealogia dei primi Patriarchi risulta essere:

1) Maestro Ch'ong (Tchi Ch'ong Tzu)

2) T'ai Shen Bao-yu

3) Teng Hsi

4) Chung-shan

5) Yo-cheng

Sappiamo che il monarca di cui si fa cenno, T'ai-tsung (m. nel 649 d.C.), mutò il suo nome originario Li Shih-min allorché ascese al trono nel 626 d.C. Tale inquadramento ci permetterebbe di datare gli esordi dell'insegnamento del discepolo Bao-yu - e presumibilmente la scomparsa di maestro Ch'ong - a questi anni. Computando approssimativamente in cinque lustri ogni generazione, otteniamo il quadro seguente:

Maestro Ch'ong: 550 - 625 d.C. ca.

T'ai Shen Bao-yu: 575 - 650 d.C. ca.

Teng Hsi: 600 - 675 d.C. ca.

Chung-shan 625 - 700 d.C. ca.

Yo-cheng 650 -725 d.C. ca.

ciò che induce a supporre che la Scuola della Preziosa Ghirlanda apparirebbe grossomodo in contemporaneità alla fondazione della dinastia T'ang.

Questa tesi è confortata da un passaggio di "Cento Primavere", il paragrafo quarantaquattro (Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi): "La Lode Suprema del Mondo dice che il vento soffia dove vuole: esso gira e rigira sui suoi cammini e nulla lo può arrestare", episodio che non sembra del tutto arbitrario accostare al versetto otto del terzo capitolo del vangelo secondo Giovanni: "Il vento soffia dove vuole e ne senti la voce, ma non sai di dove viene e dove va: così è di chiunque è nato dallo Spirito". Il cristianesimo nestoriano veniva infatti introdotto in Cina nel 635. Questa eco evangelica risente probabilmente dei primi confronti coi predicatori cristiani. Interessante, per inciso, la qualifica di "Suprema Lode del Mondo" riservata (presumibilmente) a Gesù. Il Buddha, si sa, vien spesso designato come "Lode del Mondo".

In base a queste considerazioni la redazione de "Il Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada" sarebbe da datare all'ultimo scorcio del settimo secolo o all'inizio dell'ottavo.

Disgraziatamente il quadro storico fin qui abbozzato è contraddetto clamorosamente da diversi altri elementi riscontrabili ne "La Preziosa Ghirlanda". Ad esempio, per citare ancora "Cento Primavere", da questa affermazione: "Il Grande Patriarca Teng Hsi (...) ha scritto il Libro dei Commentari agli Otto doppi Kua di Fu Hsi nel terzo anno del regno di Yao detto il Giusto ed il Misericordioso, tre anni prima che avvenisse il Grande Diluvio", ove la vita del Patriarca è evidentemente retrodatata addirittura a un'epoca mitica. Dunque?

Ci si permetta, in un ginepraio di possibilità inestricabile, d'avanzare un'ipotesi soggettiva tutta da verificare. A nostro parere "Il Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada" è in realtà un testo molto tardo, composto ben più di settanta o ottanta anni dopo la morte del fondatore della Scuola. La sua attribuzione al quinto Patriarca potrebbe benissimo essere un espediente per confermarne l'autorevolezza. Il motivo della stesura si può individuare nel legittimo desiderio dei praticanti di possedere un loro testo oracolare, in contrapposizione alle dominanti scuole di matrice Confuciana e Taoista dedite allo studio dell'Yi Ching.

Parecchio inchiostro potrebbe scorrere anche a proposito dei sei animali allegorici (Dragone, Cavallo, Scimmia, Cane, Topo, Tigre) cui il testo fa riferimento - tutti dedotti dalla zoologia astrologica cinese tradizionale. Ma riteniamo non sia giunto il momento di definire un quadro per noi ancora troppo lacunoso.

Dieci anni fa, presentando la traduzione de "Il Giusto Comportamento", scrivevamo: "Più che incerta é la datazione del corpus principale dell'opera e sfuggente la collocazione storica della figura del maestro. In quale epoca Ch'ong Tzu avrebbe comunicato i suoi insegnamenti istituendo quella che in seguito sarebbe diventata una vera e propria scuola di sapienza e di etica?

Se qualche vago indizio sembra suggerirci l'ipotesi che l'elaborazione della dottrina di Ch'ong Tzu sia tuttora in corso, moltissimi altri elementi proiettano indubbiamente le parti più antiche dell'opera in un lontano passato feudale, forse all'epoca della fulgida dinastia Han (206 a.C. - 220 d.C.) quando non prima. I sensibili influssi buddhisti che traspaiono da alcuni paragrafi, d'altra parte, parrebbero rivelarne un'origine contemporanea o successiva al regno degli Han orientali (I secolo d.C.). Riteniamo però da respingere, per ovvie motivazioni d'ordine storico ed esegetico, la versione dottrinale tramandata dai seguaci della Scuola, che data la redazione de "Il Giusto Comportamento" a 4500 anni prima dell'era cristiana."

Oggi che possediamo l'interezza del canone della Scuola della Preziosa Ghirlanda disponiamo evidentemente d'una maggior quantità di elementi per avviare una ricerca storica scientificamente fondata. Tali elementi necessitano però d'un attento esame e di un'interpretazione accurata, coerente e convincente.

Lasciamoci dunque per il momento conquistare con semplicità dalle immagini delicate, fantasiose e oniriche di cui le pagine del libretto palpitano. Se poi ne avvertiamo il desiderio, permettiamo alla sua misteriosa saggezza di fluire come limpido ruscello montano a fianco dei sentieri del nostro vivere d'ogni giorno.

 

Torrita di Siena, 10 novembre 1999

anno del Coniglio

 

PREMESSA

 

Il Libro del Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada è stato trascritto dal Venerabile Yo-cheng di Chao, discepolo di Chung-shan di Mou per l'istruzione di tutti i discepoli e per offrir loro un valido aiuto sulla via del Giusto Comportamento.

Il Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada s'interroga in questo modo: dopo aver chiaramente formulato la domanda riguardo a ciò che si desidera conoscere per migliorare il proprio cammino lungo il Sentiero che conduce alle sponde dell'Oceano dal Silenzio che Canta, si lancerà due volte un dado a sei facce. Ciascuna faccia del dado porta incisa l'effigie d'uno di questi animali: Dragone, Cavallo, Scimmia, Cane, Topo, Tigre.

Ecco le possibili combinazioni dei lanci:

Dragone - Dragone, Oracolo 1. Il Dragone guizzante

Dragone - Cavallo, Oracolo 2. L'abile Artigiano

Dragone - Scimmia, Oracolo 3. La Tigre nella foresta

Dragone - Cane, Oracolo 4. Attesa vigilante

Dragone - Topo, Oracolo 5. Quieto come uno specchio

Dragone - Tigre, Oracolo 6. Elaborare il passato

Cavallo - Dragone, Oracolo 7. Cedere con dolcezza

Cavallo - Cavallo, Oracolo 8. Cedere senza turbamento

Cavallo - Scimmia, Oracolo 9. Cedere senza rimpianto

Cavallo - Cane, Oracolo 10. Ascendere vertiginosamente

Cavallo - Topo, Oracolo 11. Ascendere con serenità

Cavallo - Tigre, Oracolo 12. Ascendere con cautela

Scimmia - Dragone, Oracolo 13. Restare in attesa

Scimmia - Cavallo, Oracolo 14. Restare nel presente

Scimmia - Scimmia, Oracolo 15. Restare nel ricordo

Scimmia - Cane, Oracolo 16. Discesa modesta

Scimmia - Topo, Oracolo 17. Discesa con umiltà

Scimmia - Tigre, Oracolo 18. Discesa con vertigine

Cane - Dragone, Oracolo 19. Salita con fiducia

Cane - Cavallo, Oracolo 20. Salita con bontà

Cane - Scimmia, Oracolo 21. Salita con dolcezza

Cane - Cane, Oracolo 22. Il viandante cammina ma non si stanca

Cane - Topo, Oracolo 23. Il viandante cammina con poco sforzo

Cane - Tigre, Oracolo 24. Il viandante cade in una fossa

Topo - Dragone, Oracolo 25. Attraversare lo stagno

Topo - Cavallo, Oracolo 26. Attraversare il lago

Topo - Scimmia, Oracolo 27. Attraversare il grande mare

Topo - Cane, Oracolo 28. Fede nell'Assoluto creatore

Topo - Topo, Oracolo 29. Fiducia nelle potenze del Cielo

Topo - Tigre, Oracolo 30. La Danza dei Cinque Pianeti

Tigre - Dragone, Oracolo 31. Ricercare il saggio

Tigre - Cavallo, Oracolo 32. Ricercare il Giusto Comportamento

Tigre - Scimmia, Oracolo 33. Ricercare la saggezza che sembra follia

Tigre - Cane, Oracolo 34. Osservare gli animali

Tigre - Topo, Oracolo 35. Osservare le piante

Tigre - Tigre, Oracolo 36. Osservare i monti

Il discepolo, ricevuto l'oracolo, ne faccia oggetto d'attenta meditazione, sull'esempio dei Santi Patriarchi del passato che osservavano e meditavano indefessamente i segni manifesti del reale. In tal modo le parole dell'oracolo potranno incidersi nel suo cuore e nello spirito della sua mente e guidarlo con sicurezza alla più saggia decisione. Ogni responso positivo sia sempre temperato dalla prudenza. Ogni responso negativo, addolcito dalla consapevolezza che qualunque deviazione serve sempre a condurre con maggior fermezza il discepolo alla meta.

Le benedizioni dei Patriarchi e di tutti i Santi del passato, del presente e del futuro possano discendere con abbondanza su chi s'applica allo studio del Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada con semplicità d'animo e fiducia, a lode del signore T'ien Ti - creatore della terra e del cielo - cui sempre s'eleva il canto di riconoscenza dell'universo intero.

 

CAPITOLO PRIMO

 

Oracolo 1. Il Dragone guizzante

 

Sii attivo come Dragone guizzante

che si slancia rapido nel cielo.

Tempo d'azioni repentine e determinate.

 

Oracolo 2. L'abile Artigiano

 

Sii attivo come abile maestro Artigiano

che attende serenamente alla sua opera.

Tempo d'azioni ponderate.

 

Oracolo 3. La Tigre nella foresta

 

Sii attivo come Tigre guardinga

che aspetti nella foresta fitta la sua preda.

Tempo d'azioni prudenti.

 

Oracolo 4. Attesa vigilante

 

Resta fermo in attesa

poiché la nebbia mattutina presto dissolve.

Tempo di sosta vigilante.

 

Oracolo 5. Quieto come uno specchio

 

Resta fermo come uno specchio

che attenda l'arrivo dell'immagine da riflettere.

Tempo di sosta quieta e silente.

 

Oracolo 6. Elaborare il passato

 

Resta fermo ed immobile

elaborando interiormente gli eventi trascorsi.

Tempo di sosta pensosa.

 

CAPITOLO SECONDO

 

Oracolo 7. Cedere con dolcezza

 

Dovresti cedere un poco a ciò che avviene,

ma senza rinunciare alla saldezza dei tuoi propositi.

Cedere lievemente.

 

Oracolo 8. Cedere senza turbamento

 

Dovresti cedere senza turbamento a ciò che avviene

rivedendo in parte il tuo progetto.

Cedere con vera intelligenza.

 

Oracolo 9. Cedere senza rimpianto

 

Cedi decisamente agli eventi che si oppongono:

voglio rivelarti che il tuo progetto è infausto.

Cedere senza rimpianto.

 

Oracolo 10. Ascendere vertiginosamente

 

Il Dragone che guizza nel cielo in primavera

crea un'immensa corrente che ascende.

Lasciati pure accompagnare da questo vento.

 

Oracolo 11. Ascendere con serenità

 

Sereno attraversa l'aria di primavera

un cervo volante. Vive il suo momento di gioia

in un guizzo d'arancio contro il cielo.

 

Oracolo 12. Ascendere con cautela

 

Una piccola foglia appassita si stacca dal ramo

e ascende per poco nella brezza autunnale.

Quando però ricade, dove andrà mai a posarsi?

 

CAPITOLO TERZO

 

Oracolo 13. Restare in attesa

 

L'abile marinaio sa bene come si fa a scrutare,

stando fermi al proprio posto, il vasto orizzonte.

Su questa immagine modella il tuo comportamento.

 

Oracolo 14. Restare nel presente

 

L'abile marinaio sa bene quando è il momento

di cessare di scrutare l'orizzonte e riposarsi.

Su questa immagine modella il tuo comportamento.

 

Oracolo 15. Restare nel ricordo

 

Quando il presente appare troppo complesso

non perdere il tuo coraggio. Medita il passato recente

e prepara in questo modo il tuo futuro.

 

Oracolo 16. Discesa modesta

 

E sufficiente per ora che tu discenda solo un poco.

La cosa più preziosa è nascosta vicino

e resta per ora alla tua portata. Non temere.

 

Oracolo 17. Discesa con umiltà

 

Sei salito troppo, dando ascolto

a un'ambizione indisciplinata:

smonta da cavallo finché sei ancora in tempo!

 

Oracolo 18. Discesa con vertigine

 

Credevi di camminare sicuro per la tua strada

ma un passo malfermo ti ha tradito. Scivoli in un abisso.

Non puoi opporre resistenza, ma preparati a risalire.

 

CAPITOLO QUARTO

 

Oracolo 19. Salita con fiducia

 

Sali con coraggio e determinazione

sulla vetta maggiore del monte T'ai.

Salita fiduciosa.

 

Oracolo 20. Salita con bontà

 

Impara a contemplare le realtà

come se stessi sulla vetta d'una bassa montagna.

Salita con bontà d'animo.

 

Oracolo 21. Salita con dolcezza

 

Impara a guardare gli eventi senza troppo distacco,

come dal sommo d'una umile collina.

Salita con dolcezza e simpatia.

 

Oracolo 22. Il viandante cammina ma non si stanca

 

Asseconda i saliscendi della strada

e risparmia in questo modo le tue forze.

Camminare con fiducia e cedevole intelligenza.

 

Oracolo 23. Il viandante cammina con poco sforzo

 

Stai camminando per una strada molto agevole,

non fare dunque sforzi inutili.

Camminare pacificamente.

 

Oracolo 24. Il viandante cade in una fossa

 

Fai molta attenzione: senza che te ne accorgessi

la tua strada s'è messa a scendere.

Camminare con molta prudenza.

 

CAPITOLO QUINTO

 

Oracolo 25. Attraversare lo stagno

 

Preparati a guadare un piccolo stagno

non molto pericoloso.

Attraversare acque poco profonde.

 

Oracolo 26. Attraversare il lago

 

Preparati ad attraversare

un'ampia distesa lacustre.

Attraversare acque profonde.

 

Oracolo 27. Attraversare il grande mare

 

Preparati ad un pericoloso viaggio

in mare aperto.

Attraversare il doppio abisso.

 

Oracolo 28. Fede nell'Assoluto creatore

 

Lasciati abbracciare in piena semplicità

dall'amore del signore della terra e del cielo.

Nessun pericolo.

 

Oracolo 29. Fiducia nelle potenze del Cielo

 

L'orbita eterna delle stelle favorisce il tuo destino

e vi si riflette splendidamente.

Nessun pericolo, ma sii sempre attento.

 

Oracolo 30. La Danza dei Cinque Pianeti

 

I cinque pianeti danzando

creano tensione e distensione.

Felicità se ti rendi disponibile alla loro danza.

 

CAPITOLO SESTO

 

Oracolo 31. Ricercare il saggio

 

Vorrei che ti comportassi come se fossi saggio,

ma non sei saggio: ricerca dunque il consiglio di chi vede meglio di te.

Ti sarebbe infatti necessaria doppia saggezza.

 

Oracolo 32. Ricercare il Giusto Comportamento

 

Rimani in equilibrio fra terra e cielo:

i piedi ben appoggiati al suolo, lo sguardo rivolto in alto.

Agisci come si addice a un essere umano.

 

Oracolo 33. Ricercare la saggezza che sembra follia

 

Forse questo oracolo potrà sembrarti strano:

poco importa che il pazzo consideri il tuo agire una stoltezza.

Tale infatti è la via del saggio.

 

Oracolo 34. Osservare gli animali

 

L'intelligenza degli animali è fatta

in massima parte di puro istinto.

Prendi dunque a modello gli animali.

 

Oracolo 35. Osservare le piante

 

L'intelligenza delle piante è fatta

in massima parte di pura sensitività.

Prendi dunque a modello gli alberi e cresci quietamente.

 

Oracolo 36. Osservare i monti

 

L'intelligenza delle montagne è restarsene

sempre immobili e salde.

Prendi dunque a modello i monti e medita nella quiete.

 

Il Libro del Limpido Oracolo dell'Immortale della Montagna di Giada è stato trascritto dal Venerabile Yo-cheng di Chao, discepolo di Chung-shan di Mou, discepolo di Teng Hsi, discepolo del Venerabile T'ai Shen Bao-yu. Il Venerabile T'ai Shen Bao-yu fu discepolo prediletto dal Venerabilissimo Tchi Ch'ong Tzu, colui che senza sforzo apparente ha varcato gli Otto Limiti del Compasso.

 

IL TRADUTTORE

 

Daniel Ch'iu-ming

 

Daniel Ch'iu-ming nasce a Boston nel settembre del 1932 da madre irlandese e padre cinese. Studia cinese classico, storia e letteratura della Cina negli Stati Uniti approfondendo in seguito alcuni aspetti legati al pensiero di Lao Tzu e di Kong Fu Tzu (Confucio).

Nel 1964 si trasferisce ad Hong Kong come funzionario aggiunto dell'ambasciata americana. A questo primo periodo in Cina risale il suo incontro col Venerabile Tseng Tzu, uno degli ultimi sapienti della Scuola antica, con cui avvia lo studio del Libro dei Mutamenti (Yi Ching). Con il maestro Tseng, Daniel Ch'iu-ming rimarrà in contatto costante sino al rientro negli Stati Uniti, nel 1973.

Dopo dodici anni in America, nel 1985 ritorna in Cina per trattenersi sino alla fine del 1988. Un breve soggiorno a Boston precede il trasferimento di Daniel Ch'iu-ming in Europa. Nel 1994, in corrispondenza d'un nuovo viaggio di tre mesi in Cina, egli viene accolto come discepolo dal Venerabile Yung Ch'eng Tzu presso la Scuola della Preziosa Ghirlanda di Hui-T'ang. Da allora trascorre alcune settimane ogni anno nel monastero principale della Scuola.

Dal 1995, il professor Ch'iu-ming risiede in Italia centrale dove dirige un'avviata azienda agricola comunicando ad un ristretto gruppo di amici e discepoli l'insegnamento di Tchi Ch'ong Tzu.

Sta scrivendo "Alla scoperta della Preziosa Ghirlanda" (che vuol essere il diario dei suoi due cammini, l'uno geografico tra America, Cina ed Europa, l'altro interiore alla ricerca della Suprema Disciplina dell'io) e parallelamente si dedica alla traduzione dei quattro testi sapienziali fioriti in seno alla Scuola: "Commentari ad alcuni detti della Lode del Mondo", "Altri commentari ad alcuni detti famosi della Lode del Mondo", "Trattato dei Cinque Canali Segreti" e "La Contemplazione della Preziosa Ghirlanda".

Home page