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PERCHÉ  QUARTETTO  BARUECO

 

animsx.gif (24725 byte) Barueco è un termine spagnolo che significa "sferula imperfetta" ed è considerato l’etimo della parola italiana barocco. Quest’ultima, come si sa, designa quel gusto artistico-letterario affermatosi nel ‘600, caratterizzato in letteratura dall’uso frequente di metafore bizzarre e inusuali, e in architettura e nelle arti figurative, dalla ricerca dello scenografico e del monumentale.
Il nostro quartetto, dopo le iniziali frequentazioni di repertori prevalentemente barocchi, ha deciso di allargare i propri orizzonti contaminandosi con altri generi musicali "bizzarri" per questa formazione. E’ nato così un repertorio basato per lo più su trascrizioni di composizioni originariamente scritte per altri strumenti, il cui adattamento rende il risultato spesso stravagante, ma di sicuro effetto.
Il Quartetto Barueco diventa così una formazione che partendo da basi classiche sempre presenti, si cimenta con brani di Kurt Weill, Michael Nyman e altri autori contemporanei, ma soprattutto di Astor Piazzolla.
Astor Piazzolla si interessa nei suoi lavori più recenti anche al quartetto d’archi: inizia infatti a scrivere per questo tipo di formazione (Tango Ballet, Four for four) e collabora con il Kronos Quartet (Five Tango Sensations).
Per noi non limitarsi a quanto scritto per quartetto, ma cercare di approfondire questo autore trascrivendo quanto egli ha previsto per altre formazioni ci ha permesso, nella fase di ri-scrittura, e ci permette, nell’esecuzione, di avventurarci in un viaggio cognitivo di estremo interesse: esplorare sonorità, colori e dinamiche, trovare soluzioni, a volte anche inconsuete per un ensemble classico, è senz’altro un percorso stimolante di continua evoluzione.
Quello che vogliamo proporre è dunque un Piazzolla un po’ fuori dal suo stereotipo, diverso da quello che il solo suo nome richiama nell’immaginario collettivo: i tanghi cantati che proponiamo, che sono per lo più degli anni ’50 (periodo in cui l’autore studiava composizione a Parigi con Nadia Boulanger), contengono melodie immediatamente accattivanti sostenute da armonie spesso ingenue e sono una vera citazione "d’epoca" che conduce l’ascoltatore alla riscoperta di sogni, echi, luoghi e sensazioni della metropoli francese. I tanghi composti al suo ritorno in patria sono riconoscibilissimi: siano essi strumentali o cantati, l’atmosfera si arricchisce di toni e sfumature melanconiche, a tratti finanche cupe che indicano anche una diversa maturità dell’autore.

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