Torna Indietro


Elegia riconciliante

Il Quartetto di Roma nello Staufen con un'interpretazione toccante


Un numero sempre maggiore di quartetti di prim'ordine promuove e porta alla ribalta l'attività concertistica contemporanea. Grossi nomi come "Alban Berg", "Juillard" o "Melos" sempre più spesso si celano dietro quartetti ancora molto giovani ma sorprendentemente prossimi al Parnaso. Anche il Quartetto di Roma può essere fatto rientrare in questa categoria. In occasione del suo concerto nell'ambito dell'"Oberstaufner-Kulturtupfer" ha espresso un'arte quartettistica a livello prevalentemente altissimo .

Nonostante l’acustica non proprio piena nel piano sottotetto della Färberhaus (Casa del Tintore), il Quartetto di Roma fin dalla prima opera, le Invenzioni per quartetto di Nino Rota, ha saputo sviluppare un panorama sonoro molto ampio e sfaccettato. La composizione di Rota, con una musicalità di base tardo-romantico-impressionistica, offre stralci di atmosfere intense, brevi scene accavallate con motivi e luminosità mutevoli. La matrice del famoso compositore di colonne sonore (ad esempio "Il padrino", 1971) anche qui è riconoscibile, in particolare per quella capacità di commentare con sintesi, precisione e pregnanza, di risvegliare associazioni. Tale arte compressa richiede tuttavia una traduzione interpretativa adeguata, cosa questa riuscita in pieno, in maniera affascinante e anche ludica al Quartetto. Ha trovato espressione la sagacia di una musica che senz’altro non vuole assurgere ai massimi livelli ma di certo di rara eleganza.

Dall’elegia ricca di spirito di Rota di primo acchito non si diparte un cammino che conduce direttamente all’ottavo quartetto per archi (op. 110) di Schostakowitsch, a quella musica di cordoglio di fronte alla Dresda distrutta nella Seconda Guerra Mondiale. Ma in maniera del tutto sorprendente gli artisti italiani sono riusciti a rilevare e convogliare la dimensione tragica della musica di Schostakowitsch in maniera commovente, senza al contempo renderla oscura e opprimente; anche nei passaggi quasi brutali dell’allegro molto; l’ensemble non si è mai discostato da uno schema sonoro improntato all’equilibrio, in modo da interpretare e rendere l’elegia del compositore come una resistenza estetica ed una riconciliazione contro gli orrori della guerra.

Dopo una pausa il Quartetto di Roma si è dedicato al quartetto in do minore di Brahms (op. 51,1) sciorinando la capacità di risvegliare i sentimenti di cui già aveva dato prova, ma ora ancora più analiticamente. Una forza informatrice lirica avvincente ha caratterizzato il movimento lento, la romanza. L’impeto drammatico dei movimenti estremi sarebbe stato senz’altro sollecito di ulteriore escalation, ma avrebbe trovato degna espressione solo in una sala acusticamente più impostata. Un applauso fragoroso alla fine per un ensemble ambizioso e un movimento di Schubert come bis.



Dr. Karlheinz Gradl