Per riassumere, la rivoluzione del virtuale non riguarda soltanto le
nuove tecnologie, ma annuncia un nuovo modello di società che si sta
costituendo (5)
.
INTERVISTA:
Domanda 1
Le due facce del
virtuale.
Risposta
In questo mio intervento, tenterò di illustrare
ciò che vorrei chiamare la rivoluzione del virtuale. Sono tra quelli che
pensano che stiamo vivendo un momento eccezionale nella storia della
rappresentazione. Viviamo un momento paragonabile a quello della
apparizione della stampa. Con Internet, con lo sviluppo delle tecnologie
del virtuale, abbiamo al tempo stesso un sistema di distribuzione e di
accesso all'informazione di una potenza senza pari, ma anche un nuovo
modo di rappresentare il mondo. Nessun sistema di rappresentazione è
indipendente da una ideologia implicita. I nuovi sistemi di
rappresentazione non sono evidentemente esenti da una nuova ideologia.
Ma è sempre meno semplice decifrarla. Quando un grande come Leonardo da
Vinci si è misurato con la prospettiva, il suo modo di operare poteva
sembrare difficile da capire per i suoi contemporanei, perché era in un
certo senso la matematica più complessa del suo tempo che lui metteva in
immagini. Nelle nuove tecnologie del visuale e del virtuale, che si
stanno sviluppando, c'è anche molta matematica, ma una matematica più
sottile, più nascosta. La prospettiva, in un certo senso, si dà a vedere
in quanto modello di rappresentazione. Con il virtuale abbiamo a che
fare con tecniche che sono essenzialmente linguistiche e criptiche per
chi voglia comprenderle. Sicché, ci sono due facce del virtuale: la
faccia visibile e quella invisibile, come in un iceberg. La faccia
visibile è la più piccola, e si lascia scorgere facilmente, ma nasconde,
appunto, quella che non si mostra. E ciò che del virtuale non si vede
nel visuale, ciò che si può solo indovinare o intuire è il campo più
complesso che lo spirito umano abbia mai inventato. Da una parte c'è
l'aumento incredibile della potenza dei calcolatori. Una sola cifra per
fissare le idee. E' un luogo comune, ma è opportuno ricordarlo: in
trent'anni, dalla fine degli anni Sessanta fino a oggi, la potenza dei
calcolatori si è moltiplicata per dieci alla settima, cioè per dieci
milioni. Questo vuol dire che calcolatori che occupavano uno spazio pari
a quello di Villa Medici, ormai si possono trovare su una semplice
scrivania, possono essere regalati ai ragazzi per Natale. Questo è il
primo punto. Il secondo è l'interconnessione generalizzata dei
calcolatori tra loro, specialmente grazie a Internet. Internet
costituisce una rivoluzione incredibile per due ragioni: la prima è che
permette una diminuzione dei costi di comunicazione estremamente
importante - nell'ordine di mille o diecimila volte meno - in rapporto
al telefono, e la seconda è che Internet permette, grazie alla
diminuzione dei costi, lo sviluppo di una comunità mondiale. Per usare
una metafora forse un po' ampollosa, ma che a mio avviso contiene una
parte di verità, vorrei citare il termine di "noosfera", di Teilhard de
Chardin. Internet è un modo di concretizzare nella realtà questa
intuizione della "noosfera" a cui pensava Teilhard.
Domanda 2
Le quattro tappe
della rivoluzione virtuale.
Risposta
La maniera in cui l'immagine di sintesi,
l'immagine virtuale, l'immagine digitale si sviluppa nello spazio
sociale è straordinariamente varia. Immagini virtuali si trovano nei
posti di comando dei generali a cinque stelle che dirigono la Guerra del
Golfo, ma vengono usate anche dagli psichiatri, dai ragazzi, dagli
astrofisici, si trovano praticamente da per tutto. L'immagine di
sintesi, in quanto mezzo di rappresentazione del mondo, è ormai da per
tutto. Illustrarne le varie applicazioni in maniera esaustiva sarebbe
impossibile qui. Ciò che però vorrei sottolineare è che la rivoluzione
del virtuale poggia su quattro principali tappe tecnologiche. Prima
tappa: l'apparizione del trattamento digitale dell'immagine, la cui
parola chiave è linguaggio. L'immagine ormai può essere generata per
mezzo di operazioni linguistiche astratte. Con il digitale ormai
l'immagine è diventata un linguaggio non in senso metaforico, ma nel
senso stretto della parola. E' questa la rottura fondamentale in
rapporto con le tecniche del passato. L'immagine digitale è inanzi tutto
una scrittura: si scrivono delle immagini battendo su una tastiera. Non
è una metafora. Non è tanto la metafora dell'immagine come scrittura nel
senso vago dell'espressione, è veramente la possibilità giocare con le
immagini come si gioca con gli aggettivi, con i verbi, con le parole. E'
proprio questo che si fa, quando si programmano delle scene, quando si
creano, a partire da manipolazioni linguistiche, dei mondi virtuali.
Finora le immagini, l'immagine del pittore, l'immagine del cineasta,
l'immagine del fotografo, l'immagine del "videasta" o, se si preferisce,
della televisione, partecipavano della materialità del mondo. Il pittore
manipola dei pigmenti. Si stabilisce dunque un contatto tra la volontà
del pittore e una materialità che gli oppone resistenza. Il fotografo,
come il cineasta o il "videasta" gioca con dei fotoni. Ci sono dei
fotoni che vengono a imprimersi su una superficie fotosensibile, che si
tratti della gelatina fotochimica, del tubo elettronico della
videocamera o della pellicola cinematografica. In tutti i casi
l'immagine un tempo era legata alla materialità, alla concretezza del
mondo reale. Con l'immagine virtuale, con l'immagine di sintesi, non
sono più dei fotoni o dei pigmenti che creano l'immagine, ma delle pure
operazioni linguistiche. E in questo modo l'immagine appartiene
interamente al regno del linguaggio. Questo è assolutamente
fondamentale, in senso buono e in senso cattivo. In senso buono ci offre
la libertà del linguaggio, la sovrana libertà dell'espressione, separata
da ogni rapporto con il reale; in senso cattivo l'inconveniente è che
proprio perché è privata di ogni relazione con il reale ne perde il
sostanzioso midollo. Quindi il dibattito che si potrebbe sviluppare
eventualmente stasera è: che cosa si guadagna, che cosa si perde a
rifugiarsi così nel regno dei linguaggi simbolici astratti, quando si
vogliono fare delle immagini. Questo è il primo punto. Seconda tappa: la
possibilità di interagire in tempo reale, cioè senza dimensione
temporale addizionale. Si può agire sull'immagine nell'immediatezza
della volontà di agire. Questo è certamente noto almeno da una trentina
d'anni per i simulatori di volo, ma ormai queste tecniche di interazione
in tempo reale, sono a disposizione anche dei bambini di cinque anni, e
a buon prezzo. Terza tappa: il sentimento di immersione nell'immagine,
grazie alle tecniche di visualizzazione stereoscopica o altre, come gli
schermi giganti, eccetera. Non insisto. Ci sono almeno una diecina di
tecniche, che permettono di simulare questa immersione all'interno
dell'immagine. Quarta tappa: lo sviluppo delle tecniche di telepresenza
e di televirtualità, che consistono essenzialmente nella congiunzione
delle reti come Internet con le tecniche precedenti.
Domanda 3
L'abolizione della
distanza.
Risposta
Si tratta quindi di una rivoluzione assolutamente
radicale dell'immagine. Per quale ragione? Non certo essenzialmente per
una ragione tecnologica, ma piuttosto per una ragione d'ordine
epistemologico o filosofico. Classicamente, i rapporti tra l'immagine e
il linguaggio, l'immagine e il modello, l'immagine e il luogo e infine
tra l'immagine e la rappresentazione, e più precisamente tra la
rappresentazione e la presenza, erano caratterizzati dalla distanza.
Ormai assistiamo a una specie di fusione, nei quattro ordini di cui ho
parlato: l'immagine e il linguaggio si fondono, l'immagine e il modello
dell'immagine si fondono. Il modello del pittore, ontologicamente
parlando, non ha la stessa natura dell'immagine che il pittore ne trae.
Ora invece, nel quadro del virtuale, il modello è altrettanto virtuale
dell'immagine generata per mezzo di quel modello. Dunque sul piano
ontologico l'immagine virtuale, così come il modello che le dà origine,
sono costituiti della stessa sostanza immateriale. Di fatto c'è una
specie di confusione intrinseca, di ibridazione del livello
dell'immagine con il livello del modello e questo fatto si traduce in
proprietà del tutto nuove come per esempio la possibilità di ottenere
una retroazione del livello di rappresentazione delle immagini sul
livello di rappresentazione del modello, cosa che si può osservare
tipicamente nell'intelligenza artificiale, nel riconoscimento di forme,
eccetera. Ho parlato dell'immagine e del luogo. Se classicamente eravamo
posizionati davanti alle immagini, eravamo situati in un rapporto
frontale con le immagini, ormai si può entrare "nell'immagine" e anche
qui si sviluppa una forma di confusione tra l'immagine come luogo e
l'immagine come superficie, tra l'immagine come schermo e l'immagine
come spazio. La quarta forma di confusione - e uso di proposito la
parola "confusione - è quella tra presenza e rappresentazione. Si può
dire che classicamente l'immagine si dà come una rappresentazione
dell'assenza, della distanza, dell'oblio, della memoria. L'immagine è un
modo per introdurre una pseudopresenza, non è altro che una
ri-presentazione. Con l'immagine di telepresenza, con l'immagine di
televirtualità noi abbiamo a che fare con pure rappresentazioni che sono
al tempo stesso delle presenze. E, a differenza del presentatore della
televisione, che non è mai presente, che non è presente allo spettatore,
ma che dà soltanto l'illusione della presenza, voi avete a che fare con
dei cloni che vi parlano, che sono ben presenti, come la voce
telefonica, che è là nel vostro orecchio ed esprime una presenza, un
ascolto, una realtà ontologica dell'ascolto. In realtà nel campo della
televirtualità abbiamo ormai una specie di spazio intermedio di
presenza, che è al tempo stesso virtuale e reale. E sempre più il
rischio che correremo nella civiltà del virtuale è il rischio della
confusione. Ho usato parecchie volte questo termine di "confusione" tra
immagine e linguaggio, tra immagine e luogo, tra immagine e presenza,
tra immagine e modello. Nel movimento generale della rivoluzione del
virtuale, questo movimento indebolirà, cancellerà, annienterà i confini
troppo netti, che la nostra cultura aveva l'abitudine di tracciare tra i
poli, i diversi poli che ho menzionato. Con le tecnologie del virtuale -
e lo si può vedere fin d'ora, per esempio, con la pratica multimediale
della manipolazione di immagini - la barriera tra il reale e il virtuale
tende a crollare. Quando a Antenne 2 o a France 2 semplicemente perché
mancano le immagini per illustrare un servizio e manca il tempo di
procurarsele nel giro di qualche minuto si dotano di barbe islamiche
degli uomini della Francia settentrionale per far credere che si sono
intervistati degli Islamici, e si illustra così un servizio sull'Islam,
come si è fatto qualche tempo fa, si vede bene fino a che punto la
frontiera tra verità e finzione sfumi del tutto. Le stesse tecniche che
permettono di realizzare gli effetti speciali per i film di "fiction"
sono usate ordinariamente per illustrare dei servizi dal vero.
Domanda 4
Verso la
"cyber-economia.
Risposta
Vorrei infine dedicare quest'ultima parte del mio
intervento ai problemi legati all'esplosione delle famose autostrade
dell'informazione. Bisogna rendersi conto, infatti, che questi mezzi di
rappresentazione sono assai più potenti nel loro impatto sociale ed
economico di quanto non si potrebbe credere. Le autostrade informatiche
- che sono chiamate così a torto, perché in realtà ci sono autostrade,
sentieri, strade ad alta velocità: c'è una grandissima varietà di reti
per inoltrare l'informazione - le autostrade informatiche hanno già
causato una specie di cortocircuito generalizzato sul nostro pianeta.
Per fare un esempio il "Conseil supérieur des Notariats francais" fa
tutte le sue operazioni di raccolta dei dati giuridici in Costa
d'Avorio, con donne di quel Paese, che a malapena parlano il francese,
ma che sono pagate da trenta a sessanta volte meno delle operatrici
francesi. Sono impiegate tre donne della Costa d'Avorio. Esse
acquisiscono indipendentemente l'una dall'altra gli stessi testi. La
probabilità che quelle tre persone facciano gli stessi errori è
praticamente nulla, sicché oggi costa meno raccogliere dati in Costa
d'Avorio che raccoglierli in Francia. Una azienda tedesca come Siemens
fa tutta la sua manutenzione teleinformatica nelle Filippine. La
Swissair fa la raccolta dei dati contabili e la gestione delle
prenotazioni di volo, nelle Filippine. Il governo canadese ha firmato un
contratto con una grande azienda indiana di consulenze a Bombay,
affinché si occupi delle pratiche di previdenza sociale. Tutti questi
esempi ci servono solo di riferimento per una realtà più generalizzata
di telelavoro, di telepresenza, di televirtualità del lavoro di gruppo,
attraverso reti estremamente potenti, per la loro capacità di
rappresentazione e anche estremamente economiche per i costi di
funzionamento. Caso tipico: un collegamento con Internet costa circa 50
F. al mese. Oggi vi potete abbonare a Internet con 50 F. al mese in
Paesi come la Francia, l'Italia e evidentemente gli Stati Uniti. Con un
collegamento che costa 50 F. al mese potete telefonare in tutto il
mondo, potete recuperare immagini video in tempo reale CNN su Internet o
potete anche fare della televirtualità, cioè delle teleconferenze. Tutto
per 50 F. al mese. Se voi traete la logica conclusione da questo uso
generalizzato di immagini, sempre più convincenti dal punto di vista del
realismo, dal punto di vista delle prestazioni interattive, ebbene vi
trovate davanti - uso ancora questo termine - a un corto circuito
planetario che sta per verificarsi e che si propagherà a interi settori
delle nostre economie europee. Penso alle banche, alle assicurazioni,
penso al settore di tutti coloro che si occupano di manipolazione
dell'informazione, a quei manipolatori di simboli che il Segretario di
stato americano ha indicato come il settore più attivo, più dinamico
dell'economia d'oggi, l'economia dell'immateriale. Il settore
dell'immateriale è appunto quello che genera una maggior quantità di
nuove ricchezze nell'era del virtuale che si annuncia, ma è anche il
settore più facilmente virtualizzabile sulle reti mondiali. Noi andiamo
verso forme avanzate di economia virtuale, di cyber-economia, che
accompagnano la tendenza correlativa alla gestione planetaria dei
movimenti di capitale. Saprete forse che ogni giorno tremila miliardi di
dollari di scambi finanziari avvengono sulle reti internazionali di
cambio bancario. Di questi tremila miliardi di dollari, in media solo
l'1% viene investito in operazioni che possiamo chiamare reali, cioè
corrispondenti a operazioni commerciali reali, come la compravendita di
prodotti. Il rimanente 99% corrisponde unicamente a manovre speculative,
basate spesso su modelli matematici, su modelli essi stessi virtuali.
Cioè sono rappresentazioni astratte di una modellizzazione astratta del
valore che i capitali rappresentano. Si può dire che oggi c'è una specie
di accresciuta coesione tra virtualizzazione dell'economia,
virtualizzazione della sfera speculativa e virtualizzazione dei mezzi di
rappresentazione. Queste tre zone
Domanda 5
Un nuovo modello di
società.
Risposta
Riassumo e vengo alla conclusione. La rivoluzione
del virtuale, di cui ho tentato di delineare alcuni aspetti, si riassume
in fondo in due caratteristiche essenziali. La prima è che si tratta
veramente dell'apparizione di una nuova scrittura, di una nuova maniera
di rappresentare il mondo, che vale per fare la guerra, per speculare,
per fare dei film, per la creazione artistica. E' un nuovo modo di
rappresentare il mondo, altrettanto nuovo, in rapporto all'economia del
XX secolo, all'economia dell'era industriale, quanto lo è stato
l'apparizione della stampa alla fine del XV secolo. Come l'apparizione
della stampa si è sviluppata parallelamente alla scoperta dell'America,
alla Riforma e alla Controriforma, e più in generale alla nascita del
capitalismo mercantile, così oggi l'apparizione del virtuale come
tecnica di rappresentazione estremamente potente, economica,
generalizzata a tutto il pianeta, sta dando vita non soltanto a un nuovo
rapporto con il sapere e con la rappresentazione, ma anche - fatto più
importante - a un rapporto nuovo con il politico. La "deregulation" che
l'Europa e gli Stati Uniti si propongono in materia di
telecomunicazioni, non è che una forma di remissione della sfera del
politico in rapporto a una rivoluzione che non è solo di ordine
tecnologico, ma che è dell'ordine della rappresentazione. Una
rivoluzione la cui essenza non è tecnologica, ma riguarda il nostro modo
di considerare il mondo, il nostro modo di rappresentarlo. Un solo
esempio, per visualizzare il problema: quando, durante la Guerra del
Golfo, ricevevamo informazioni su quello che accadeva sul terreno,
vedevamo sul piccolo schermo delle videoimmagini, cosiddette reali, che
non rappresentavano nulla, che erano solo il segno, l'immagine della
mancanza di intelligibilità di quello che stava effettivamente accadendo
sul terreno. Quindi avevamo delle immagini reali totalmente prive di
intelligibilità. Viceversa i generali che conducevano quella guerra
erano circondati da immagini virtuali: quelle degli Hawks, quelle dei
radar, quelle degli infrarossi, quelle dei cacciabombardieri, quelle
delle carte elettroniche multidimensionali che tappezzavano i quartieri
generali. Tutte quelle immagini erano sintetiche, virtuali, astratte, ma
veicolavano intelligibilità. Oggi possiamo dirlo: nessuna immagine è più
vera, nel senso in cui poteva essere vera un tempo. Tutte le immagini, e
sempre più quelle che presto ci raggiungeranno come telespettatori medi,
saranno interamente composte per mezzo di manipolazioni linguistiche di
simboli astratti e sarà sempre più difficile distinguere il loro grado
di realtà. Il problema oggi non è più se un'immagine è vera o no, perché
non ha più senso parlare di immagine vera. Ormai la sola questione che
varrà la pena di essere posta è: le immagini che ci vengono proposte
sono intelligibili o no? Soltanto nella misura in cui come cittadini,
come artisti, come creatori, come lavoratori della nuova era che si sta
annunciando saremo capaci di rispondere a questa domanda: "Qual è il
grado di intelligibilità di una certa immagine?", ci troveremo o nel
campo degli eletti del virtuale o, sfortunatamente, e sottolineo con
forza "sfortunatamente", nel campo dei futuri esclusi, dei proletari del
virtuale. Per riassumere, non si tratta soltanto di nuove tecnologie, ma
di un nuovo modello di società, che si sta costituendo, e alla quale non
siamo per niente preparati, tenuto conto della velocità incredibile
degli sviluppi che hanno avuto luogo sotto i nostri occhi. Soltanto un
anno fa nessuno avrebbe immaginato che sarebbe stato possibile mettere
su Internet delle trasmissioni televisive, come oggi è possibile.
Nessuno immaginava, solo un anno fa, che sarebbe stato così facile usare
la realtà virtuale, il mondo tridimensionale "online", sulle reti tipo
Internet. Solo due anni fa nessuno in Francia, a parte qualche
specialista, un ristretto numero di esperti, conosceva Internet. Nessuno
conosceva Internet. Certamente non i politici e nemmeno il grande
pubblico. In due anni Internet è di
NOTA - Questo intervento è stato raccolto a Villa Medici,
Roma, il 15 dicembre 1995, nell'ambito di una conferenza organizzata dal
Centro culturale francese.