il manifesto

DOMENICA

6 FEBBRAIO 2000

II nuovo sud

C'era una volta il Terzo Mondo, nozione da rivedere

JEAN CHESNEAUX

La nozione di "terzo mondo merita di essere rivista. All'origine, rifletteva una visione ternaria dei grandi equilibri geopolitici mondiali; proclamandosi Terzo Mondo, i paesi recentemente liberati dalla dominazione coloniale (o in lotta per la liberazione) intendevano costruire un progetto storico comune, prendendo le distanze sia nei confronti dell'occidente che dell'est, contrapposti in una "guerra fredda" accanita. Certo, il loro regime economico rimasto capitalista malgrado I'importanza del settore pubblico li avvicinava all'occidente. Mentre l'eredità rivoluzionaria e la sensibilità politica creava, affinità con i paesi socialisti, in particolare la Cina. L'essenziale, per loro, era di affermare la volontà comune di "non allineamento" tra occidente (il primo mondo) e est (il secondo mondo): progetto nato nel 1955 alla Conferenza di Bandung sotto il patrocinio dei Nasser, N'Krumah, Nyerere, Sukarno, Nehru e altri.

Visione binaria

Tutto è cambiato con il crollo del muro di Berlino e la scomparsa del "secondo mondo" come progetto globale (anche se, a diverso titolo, paesi come la Cina, Cuba o il Vietnam continuano a far riferimento al socialismo). Si è passati da una visione ternaria a una visione binaria del mondo; l'ex Terzo Mondo si ritrova nella nuova posizione di Sud di fronte al solo Nord. Per i paesi dell'ex Terzo mondo è diventato impossibile trarre ventaggio dalla competizione est-ovest oggi esaurita, come hanno fatto nel passato - anche se, in senso inverso, questa competizione si è realizzata a volte sul loro territorio, sotto forma di sanguinosi conflitti. Hanno perso il margine di iniziativa diplomatica e di mercanteggiamento economico (anche in termini di assistenza tecnica) di cui disponevano. Rigettati nella posizione di "sud", questi paesi devono contemporaneaménte coabitare con il nord nel quadro vincolante della mondializzazione e rassegnarsi a relazioni di dipendenza e d'inferiorità rispetto a questo stesso nord. Non sono piu che un immenso "mercato prigioniero" e non offrono che una versione scalcinata del modello nordista: ferri fuori uso, medicine scadute, prodotti di consumo scadenti, in breve una modernità di scarto. Caduto nella dipendeneza del nord, e senza contrappesi, il sud vede aumentare lo scarto. La "nuova povertà mondiale" ha assunto proporzioni impensabili all'epoca delle lotte di liberazione nazionali. Ricordiamo soltanto che bisognerebbe addizionare le risorse a disposizione di due miliardi di esseri umani per raggiungere l'equivalente dei 270 più grossi patrimoni del mondo. Lungi dallo sperare di recuperare il ritardo accumulato, il sud "affonda" nella miseria, nel fallimento economico, nell'insicurezza per non dire la ferocia che conoscono paesi come la Birmania o la Colombia, la Sierra Leone e l'Algeria. Le gigantesche città del sud non sono altro che dei conglomerati umani regressivi. L'enorme debito contratto dal sud verso il nord è uno scandalo, ma tuttavia questi soldi un tempo sono arrivati in quello che era ancora il Terzo mondo; sono stati stornati a profitto di classi dirigenti avide e corrotte. Dire ciò, non significa per nulla cedere ai piaceri morbosi del catastrofismo. Significa solo guardare in faccia le nuove condizioni in cui si pone ormai la questione della solidarietà tra paesi poveri e paesi ricchi, dieci anni dopo la fine del comunismo di stato. Piu che mai, l'avvenire dell'umanità è indivisibile, è una priorità comune a tutti i popoli del mondo. Ma abbiamo rinunciato a cercare questo avvenire in modelli idealizzati e in rotture utopiche. È dall'interno del sistema stesso che ci tocca rispondere congiuntamente alle attese del nord e a quelle del sud. In queste nuove condizioni, continuare a parlare di "terzo mondo" (per generose che siano le motivazioni personali), non significa soltano utilizzare un termine caduco e inadeguato. Ma significa anche ignorare la realtà originale del sud, nascondersi l'immensa regressione che ha gettato l'ex Terzo mondo nella situazione di sud. La regressione, fenomeno del nostro tempo, di cui il grande marxista indipendente Walter Benjamin aveva già sottolineato la minaccia con lucidità premonitrice. Evidentemente, i termini nord e sud riflettono la polarità strutturale e qualitativa del nostro pianeta mondializzato; sono ben altro che dei semplici riferimenti geografici. Piu precisamente, il dualismo nord-sud deve venire analizzato contemporaneamente in termini di compenetrazione e di confronto spaziale. In un certo senso, il mondo dei poveri, il sud, è presente all'interno stesso del mondo dei ricchi; ampie sacche di decadenza sociale "sudista" si sviluppano nel nord: periferie diseredate, migranti dallo statuto precario, nuova povertà. Mentre, nel cuore delle società del sud, un "nord esteriore" ostenta le sue ricchezze insolenti. È nota la vita olimpica dei super-privilegiati di San Paolo, d'Abidjan o di Bombay. Tuttavia, questo gioco di compenetrazione reciproca non ha cancellato il faccia a faccia diretto tra nord e sud, lungo una linea che è stato possibile comparare al vecchio limes romano. Questa falla, aperta fa il giro della terra. Tutti i giorni, a rischio della vita, dei disgraziati del sud cercano di passare al nord: succede a Tijuana nel punto di contatto tra la California messicana e la California yankee, o attraverso lo stretto di Gibilterra, o con i boat people del sud-est asiatico che sognano di arrivare in Australia o a Singapore. Situazione tragica e senza via d'uscita, fino a quando il nord non avrà il coraggio morale o semplicernente il buon senso di rimettere in causa la propria posizione privilegiata nel mondo. Mai nessuna "bolla" in plexiglass, modello "high tech" o modello "Schengen, potrà sottrarre il nord agli sguardi famelici della gente del sud.

I tre poli

Ma il nord - qui non è possibile che delineare a grandi linee questa osservazione - non è monolitico; è organizzato attorno a tre poli principali, ognuno dei quali proviene da una situazione storica ad hoc e si sviluppa secondo una propria dinamica particolare: l'America del nord, l'Europa e l'Asia orientale. Sotto questo punto di vista, il sud e le sue tragedie sono un problema per l'Europa in quanto tale, e non solo come parte del nord in generale. La costruzione europea, con una scelta "nordista", darà la priorità alla competizione che l'oppone ai suoi due rivali, quindi abbandonerà il sud nella sua spirale discendente? Oppure l'Europa come progetto politico sarà capace, in nome delle esigenze di solidarietà umana e anche del proprio interesse di lungo periodo, di elaborare e di mettere in opera una politica innovatrice e vigorosa a vantaggio del sud? Cosa che permetterebbe all'Europa, in una prospettiva di lungo periodo, di pagare il debito secolare che ha contratto con il sud. L'espansione coloniale nel mondo, da cui proviene la polarità nord-sud, non è stata per I'essenziale, dal XVI al XX secolo, l'opera degli stati-nazione medi e grandi dell'Europa occidentale?