Traccia di discussione per le Assemblee provinciali

PROBLEMI DELLA RAPPRESENTANZA E FORME DI ORGANIZZAZIONE DEL

‘NUOVO SOGGETTO COBAS’

L’ Assemblea nazionale del S.in.COBAS del 3-4 febbraio, così come quella della Confederazione COBAS successivamente, dovrà affrontare i problemi relativi all’attuale situazione delle forze sindacali antagoniste e di conflitto nell’era della concertazione, contando anche che questa è rimessa in discussione da destra da parte del padronato che già opera pensando al nuovo quadro politico che uscirà con ogni probabilità dalle prossime elezioni. La bancarotta di Cgil, Cisl e Uil a questo riguardo è totale, con una difficoltà evidente in particolare di Cofferati che ha nuovamente rinviato di un anno il congresso della Confederazione.

Preciseremo all’Assemblea i termini più generali del contesto politico-sindacale. Indubbiamente si potrà presentare un intreccio di stampo autoritario tra il governo di destra (basti pensare a Fini agli Interni, al disegno di riforma dello Statuto dei lavoratori presentato il 20 dicembre da Forza Italia e alla lettera a Confindustria di D’Amato a inizio anno) e gli ulteriori cedimenti del sindacato confederale su questioni chiave (vedi le disponibilità sulla nuova controriforma previdenziale alle porte) in cambio di una conferma del proprio ruolo. Anche di fronte a questa prospettiva dovremo attrezzarci nel modo più adeguato.

  1. Le R.S.U.

La progressiva liquidazione dei Consigli di fabbrica eletti su scheda bianca e la loro sostituzione agli inizi degli anni 90 con le RSU è sintomo inequivocabile del consolidamento del sindacalismo concertativo. Le nuove rappresentanze si applicano nell’Industria per veicolare le politiche liberiste, mediante un meccanismo elettorale inaccettabile e di stampo dittatoriale: il 33% assegnato a priori a Cgil, Cisl e Uil. E’ significativamente la Confindustria a pretenderlo per realizzare l’Accordo interconfederale del 20.12.1993. Una parte del sindacalismo antagonista decide di partecipare ugualmente alle elezioni nelle fabbriche, sia per avere spazi di agibilità sindacale (e chi non partecipò a suo tempo, non solo sperperò molte forze ma è oggi costretto dai fatti a partecipare in condizioni decisamente più deboli), sia perché cosciente del processo di potenziale attivazione di forze che tali elezioni – e la conseguente responsabilizzazione degli eletti – poteva determinare.

L’estensione alla Funzione Pubblica delle RSU nel 98 e nella Scuola nel 2000 ha riattualizzato il problema della rappresentanza per tutto il sindacalismo antagonista e per i COBAS in primo luogo, che hanno deciso di partecipare alle tornate elettorali con il massimo impiego di forze possibili. L’eliminazione della ‘gabella’ del 33% in queste categorie è in realtà solo formale, visto che, per i sindacati cosiddetti rappresentativi, resta il diritto dei ‘terminali’ non eletti di partecipazione alle trattative RSU.

Diritto alla rappresentanza e attivazione di nuove forze potenzialmente conflittuali tra gli eletti sono alcuni degli argomenti che hanno portato unanimemente sia la Confederazione COBAS, sia il Sindacato di Base che il S.in.COBAS (in due casi – il Patto federativo degli Enti locali nel 98 e con le liste COBAS Scuola nel 2000 – anche insieme) a partecipare ai due appuntamenti elettorali e che, sperabilmente con un’unica organizzazione nelle varie categorie, li porteranno ad essere pienamente protagonisti anche delle elezioni di quest’anno.

2. Le dinamiche più recenti nelle votazioni

Il bilancio su un periodo ampio dell’andamento delle RSU e delle dinamiche elettorali è possibile oggi soprattutto nel settore privato. Per esperienza diretta abbiamo potuto registrare in generale un buon impatto delle liste COBAS nelle prime tornate, dove le aspettative di realizzare ipotesi alternative alle confederazioni si intrecciavano probabilmente anche ad illusioni di rovesciamento rapido del potere degli apparati, per arrivare successivamente a una fase di maggiore difficoltà di consenso anche laddove si era lavorato bene. E’ cioè apparsa maggiormente agli occhi di lavoratori e lavoratrici la consapevolezza degli ostacoli reali a recuperare il deterioramento dei rapporti di forza soprattutto nelle fabbriche, con fenomeni di adattamento e di passività crescenti. Nell’ultimo anno assistiamo nuovamente a una ripresa dei consensi, con forti affermazioni delle nostre liste anche al di là delle reali possibilità di gestione sindacale effettiva, che spesso indicano una pur parziale ritrovata disponibilità alla lotta.

Nel settore pubblico ci si avvicina al primo rinnovo triennale in cui è aperta la sfida dell’allargamento del nostro impatto al di là di alcune ‘isole forti’ sia negli Enti locali, sia nella Sanità che in altri comparti.

Il risultato di queste settimane delle elezioni RSU nella Scuola dimostra che non è impossibile ottenere rilevanti successi di massa, se si riesce a coprire significativamente almeno una parte del territorio nazionale. Pur non coprendo il livello nazionale davvero adeguatamente, i COBAS Scuola sono riusciti a presentare liste (circa 2.100) in un quinto del totale, raggiungendo qui una media del 30% e l’affermazione come primo sindacato, con 50.000 voti espressi e 2.000 delegati eletti (ossia più di quanto tutto il sindacalismo di base abbia ottenuto nell’insieme del Pubblico impiego). Il risultato globale nazionale – in presenza di un numero di aventi diritto al voto e di votanti nettamente superiore alle previsioni – dovrebbe risultare di poco superiore al 6% e dunque non sufficiente al conseguimento della rappresentatività nazionale, essendo gli iscritti attorno all’1,8%.

I COBAS Scuola lanceranno una campagna per il raggiungimento del 4% degli iscritti (ci vogliono poco più di 7.500 nuove iscrizioni) per rivendicare – adesso e non fra tre anni – il diritto di assemblea dappertutto e di partecipare alle trattative a tutti i livelli.

In questo quadro, la Legge sulla rappresentanza – ormai incancrenita in Parlamento – non migliorerebbe, anche se fosse approvata, la situazione strutturale della democrazia nei luoghi di lavoro. Però, perlomeno, eliminerebbe alcuni ostacoli intollerabili laddove non ci sono RSU (ad es. per noi i marittimi, ma non solo), laddove persiste il 33% e l’impossibilità di iscrizione sindacale a semplice richiesta (fabbriche e settore privato, gran parte dei trasporti, ecc.).

Dunque, senza avallare progetti inaccettabili insiti nell’attuale testo di legge, che comunque non verrà approvato in questa legislatura, bisogna costruire iniziative anche con azioni eclatanti per il diritto all’iscrizione mediante trattenuta in busta paga, per il diritto alle elezioni RSU ovunque, per la cancellazione del 33%, per il diritto di assemblea alle singole componenti RSU (e più in generale i diritti dell’organizzazione) e perché alle prossime elezioni vi sia – accanto alla scheda per la RSU locale – una scheda nazionale per misurare la rappresentatività a quel livello (le elezioni nella P.A. saranno il primo banco di prova).

Occorre studiare iniziative inoltre sulla difesa del diritto di sciopero e contro la 146 e i suoi successivi peggioramenti, nonché forme per andare oltre l’attuale normativa che regola gli RLS (L.626) riattivando il senso pieno dell’art.9 dello Statuto (sono i lavoratori i titolari della tutela della salute e della sicurezza).

  1. COSTRUIAMO UN ‘NUOVO SOGGETTO NAZIONALE COBAS’

    Il nuovo soggetto COBAS che stiamo costruendo deve essere funzionale a promuovere autorganizzazione, che non è affatto un dato acquisito, visto che da anni c’è un massiccio e diffuso ritorno alla delega a tutti i livelli. Deve affermare – contro le ideologie liberiste e i luoghi comuni diffusi dai mass media – la piena centralità del conflitto capitale-lavoro e, dunque, del lavoro salariato in tutte le sue forme. Di conseguenza ha il dovere di rispondere alle nuove esigenze indotte dalla mutata composizione del lavoro, con l’attenuazione delle differenze di categoria, la prevalenza delle forme precarie e non garantite, l’omogeneizzazione della flessibilità e della precarietà a livello nazionale, europeo, mondiale.

    Resta ovviamente centrale il luogo di lavoro, che è la prima ‘cellula’ del conflitto e dei COBAS. Ma bisogna tener conto sia delle esternalizzazioni, che richiedono operazioni di ricomposizione dell’organizzazione e della rappresentanza (COBAS di sito produttivo), nonché di tutti i lavoratori che non hanno un posto di lavoro stabile e regolato contrattualmente. Va inoltre tenuto conto che, mentre in realtà lavorative numericamente ampie il COBAS di luogo di lavoro è imprescindibile, laddove i lavoratori sono poche unità o poche decine la struttura provinciale o comunque il livello territoriale diviene più agevole, più utile per superare il possibile isolamento o la scarsa incisività di piccoli COBAS.

    Il livello territoriale è fondamentale, ruotando intorno a quelle ‘case COBAS’, a quelle che tendenzialmente potremmo definire ‘Camere del lavoro sociale’ (o come si vorranno chiamare), e che certo oggi sono più che altro soprattutto Coordinamenti intercategoriali. Dovremo trovare un equilibrio, in particolare, tra il livello provinciale e quello regionale, tenendo conto sia delle difficoltà di spostamento oltre la Provincia e del peso delle iniziative legali ex art.28 che si svolgono in ambito provinciale, sia delle nuove dimensioni istituzionali che le Regioni assumeranno e del maggior respiro soprattutto per le realtà provinciali piccole che la struttura regionale offre.

    Più in generale la ‘Camera del lavoro sociale’ (o, ripetiamo, come si converrà chiamare) dovrebbe nel contempo svolgere funzioni di sintesi primaria dell’elaborazione intercategoriale, costituire l’ambito organizzativo per disoccupati, figure precarie e terzo settore, essere sede con funzioni legali e di servizio, nonché luogo di incontro con movimenti di lotta e associazioni antagoniste (ossia esterne alla struttura sindacale, ma collegabili in iniziative comuni: Consulta dell’antagonismo? Forum antiliberisti?). Ma se la costituzione di ‘Camera del lavoro sociale’ allo stato appare ancora come obiettivo da raggiungere nel medio/lungo periodo (in base alle risorse umane e finanziarie), un’articolazione organizzativa specifica nell’ambito della struttura territoriale (provinciale o regionale) potrebbe da subito curare le problematiche ed essere riferimento per le figure citate (precari, disoccupati, ecc.)

  2. L’ORGANIZZAZIONE INTERNA

Restano da determinare, però, i livelli organizzativi interni rispetto ad almeno tre serie di problemi, affrontati nel corso degli incontri nazionali tra le due organizzazioni. Si dà per acquisito che i principi di funzionamento democratico contenuti negli Statuti, la rotazione degli incarichi e la revocabilità delle funzioni esecutive costituiscono un patrimonio di partenza condiviso.

4.1 La compenetrazione tra il livello categoriale e quello generale. Se si accentua troppo l’articolazione in categorie o comparti ‘verticali’ si rischia di indebolire, allontanare e rendere difficoltoso il livello generale, nonché di indurre ognuno a sviluppare una sorta di ‘egoismo categoriale’. Ma altresì un unico grande livello intercategoriale, specie con l’espandersi del lavoro, potrebbe trasformarsi in un ‘calderone’ e indurre superficialità e disorganizzazione nell’affrontare quella vasta gamma di problemi, che restano specifici di una o più gruppi di categorie, seppur tendenzialmente spinte all’omogeneizzazione. Dunque, va trovata la giusta mediazione.

Ma alcune scelte vanno fatte. Vediamo i vari aspetti e le varie possibilità.

  1. La rappresentanza nell’organizzazione è determinata dal numero degli/lle iscritti/e, che contribuiscono attraverso la loro partecipazione diretta e con le loro risorse al funzionamento. Le risorse si raccolgono principalmente attraverso il tesseramento: un’unica Tessera intercategoriale. Ogni realtà organizzata ha la possibilità di optare per la trattenuta mensile in busta paga o l’iscrizione annuale con versamento diretto (o domiciliazione bancaria) con cifra complessivamente analoga alla trattenuta. Non c’è adesione senza iscrizione.

  2. Bisogna valorizzare i settori di lavoro o categorie e costruire efficaci Esecutivi nazionali funzionanti. Si propongono, in relazione alla nuova composizione dell’organizzazione unificata, sette settori o categorie e un Coordinamento nazionale intercategoriale. I settori proposti sono:

  1. Si svolge annualmente l’Assemblea nazionale intercategoriale, preceduta dalle Assemblee nazionali di settore (es. sabato settore e domenica si fermano i delegati per l’intercategoriale). Il settore, in proporzione agli iscritti (e con qualche correttivo incentivante per le categorie più deboli), invia i delegati all’Assemblea intercategoriale ed elegge il proprio Esecutivo di settore (con proprio portavoce/coordinatore). I settori decidono autonomamente la convocazione di proprie assemblee nazionali nel numero desiderato e secondo le proprie esigenze (con diritto di revoca degli Esecutivi stessi).

  2. Ogni tre anni si svolge il Congresso nazionale intercategoriale, con respiro più ampio rispetto

agli argomenti di dibattito e all’impegno partecipativo, che elegge il Coordinamento nazionale intercategoriale (30, 40, ?) con rappresentanti di tutti i settori e si riunisce periodicamente. Modifiche nella composizione del Coordinamento nazionale intercategoriale possono essere effettuate dalle Assemblee annuali (diritto alla revocabilità). Per il Regolamento, due le ipotesi possibili:

  1. Il Coordinamento nazionale intercategoriale, proprio perché ampio e con la presenza di tutti i settori di lavoro, ha l’esigenza di definire un ambito operativo più limitato (politico, non federativo)? Noi crediamo di sì (composto da 5, 7, ? compagni/e), che si riunisce di norma mensilmente, e al cui interno sia previsto uno o più Coordinatori o Portavoce nazionali (la figura è da mantenere o da abolire? E, se resta, con quale ruolo interno oltre che di rappresentanza esterna?).

  2. Sono previste Commissioni nazionali permanenti o legati a specifiche iniziative

(Organizzazione, Internazionale, Caaf e servizi,…).

    1. La questione del lavoro a tempo pieno per l’organizzazione. Partendo dal rigetto totale da parte della tradizione COBAS di qualsiasi apparato burocratico e di funzionariato a tempo indeterminato, di fronte alle esigenze di disporre di maggiori risorse per l’attività dell’organizzazione occorre basarsi sul criterio della rotazione e del controllo dei lavoratori e delle lavoratrici nei confronti di chi opera a tempo pieno. Ogni settore, va da sé, decide in base alle necessità (chi opera nella scuola, ad esempio, ha sensibilmente più tempo disponibile per l’attività sindacale di chi sta in fabbrica!), recuperando di norma le necessarie risorse nel settore stesso. Il Coordinamento nazionale intercategoriale decide per le esigenze ‘confederali’. Oltre al tempo pieno, sono da sperimentare dove possibile anche i part-time verticali settimanali e annuali, periodi di aspettativa, ecc. Il rafforzamento delle strutture dell’organizzazione è comunque essenziale per superare il pressapochismo e l'aleatorietà del funzionamento e per imbastire le campagne e i progetti di espansione sindacale. Senza un’adeguata organizzazione non sarà possibile alcuna capitalizzazione dell’influenza registrata dalla proposta COBAS.

    2. Il nome e il livello europeo. Va ricercata una proposta di ’incontro’ tra le nostre diverse esperienze che contenga ‘COBAS – Comitati di base’. Sulle bandiere, sul materiale cartaceo e informatico, sulle manchettes e i manifesti, si propone di accompagnare questa dizione con le tre parole Solidarietà, Unità, Democrazia per rendere visibile il riferimento a SUD e al progetto di costruzione sindacale europea. Occorrerebbe una definizione di accompagnamento alla parola COBAS (sempre che l’aggiunta sia ritenuta necessaria) che sia abbastanza generica da non mettere in ombra COBAS, consentendoci di essere – come abbiamo diritto – appunto COBAS e basta. Nei settori o nelle realtà locali possono restare transitoriamente o meno anche specifiche diciture che comunque contengano il riferimento COBAS (ciò vale anche per ulteriori adesioni al processo di unificazione).

Nella prospettiva europea rientra anche il nostro lavoro unitario come COBAS precari e disoccupati che si propone aderiscano, insieme al soggetto generale COBAS, alla ‘Rete delle Marce europee’

  1. Mantenimento delle prerogative giuridiche conquistate

In tutti i passaggi che comportano degli sviluppi dell’organizzazione attraverso l’incontro e l’unificazione con nuove forze, per cui lavoriamo con assiduità, e che inevitabilmente si traducono in adeguamenti di ‘nome’, bisogna evitare i tentativi – da sempre verificati nel settore privato (Fiat in testa) – di mettere a repentaglio la soglia di diritti strappata nel corso degli anni. Al di là di questioni specifiche da affrontare caso per caso, è assolutamente centrale mantenere le prerogative della titolarità dell’art.28, nelle forme "intercategoriali" in cui l’abbiamo avviata e consolidata in ogni realtà provinciale, su tutto il territorio nazionale e in tutti i comparti (ciò significa ‘tessera unica’ e iscrizione a livello provinciale, giuridicamente obbligate; altro è poi l’articolazione che politicamente decideremo).

La definizione ‘Confederazione’ che abbiamo preso in considerazione., ad esempio, e – insieme – l’attivazione, da parte della futura organizzazione unificata, di ‘28’ di categoria (es. COBAS Scuola) potrebbe indurre le controparti a sostenere l’intervenuto mutamento dell’organizzazione, per cui ogni categoria dovrebbe raggiungere la titolarità del diritto, essendo cancellato il diritto intercategoriale (tra l’altro in una situazione in cui non abbiamo ‘categorie’ ovunque, mentre invece con l’intercategorialità provinciale possiamo fare i ‘28’ in qualsiasi azienda, quand’anche fosse l’unica nostra presenza nazionale in quel comparto). L’evidente pretestuosità dei tentativi delle controparti non deve indurci in comportamenti superficiali:

  1. serve una definizione statutaria (un preambolo specifico?) definita con i legali

  2. occorre un comportamento univoco nell’attivazione dei ‘28’ in tutti i comparti e in tutte le realtà territoriali (il soggetto COBAS provinciale tramite il suo Coordinatore/rappresentante legale attiva il ‘28’ per tutte le realtà pubbliche o private presenti nel territorio che, ovviamente, ne autodeterminano l’esigenza così come già avviene oggi per il S.in.COBAS).

  1. Compiti delle Assemblee Provinciali in preparazione dell’Assemblea del 3-4 febbraio

E’ importante che tutti i Coordinamenti provinciali convochino entro gennaio le Assemblee con all’ordine del giorno sia le proposte relative alla costruzione del nuovo soggetto COBAS in base alla traccia qui esposta, sia la campagna di Tesseramento 2001 e gli aspetti di necessaria riorganizzazione locale (responsabili, attività di servizio, sede,…).

Si ricorda che deve essere effettuato il versamento trimestrale CON BONIFICO AUTOMATICO in base agli iscritti del 2000 in scadenza il 31 dicembre scorso. SENZA TALI VERSAMENTI NON SARA’ POSSIBILE CONSEGNARE LE NUOVE TESSERE e soprattutto si mette a repentaglio sia l’attività dell’organizzazione che il processo costituente del nuovo soggetto sindacale.

Rispetto alle proposte contenute in questa traccia è soprattutto importante raccogliere tutti gli arricchimenti e gli argomenti favorevoli o critici per riportarli in sede nazionale, evitando per quanto possibile rigidità derivanti dalla consuetudine e dalla storia del S.in.COBAS. L’unificazione darà vita a un soggetto nuovo e alla sua costruzione dovremo lavorare unitariamente con i nostri interlocutori, accogliendo le sollecitazioni a ragionare in base anche a esperienze diverse dalla nostra . Ciò che emergerà dalla nostra Assemblea, e che potrà essere raccolto in un ordine del giorno, sarà un ‘contributo’ alla discussione comune e, allo stesso tempo, costituirà un ‘mandato’ al Coordinamento nazionale di operare con l’Esecutivo COBAS nel quadro di una cornice definita. Le forze "al centro" sono modeste e errori o sottovalutazioni di problemi possono esserci sicuramente: aiutiamoci a migliorare con il contributo di tutti e tutte.