CURIOSITA'

   Capodanno Quartuccese

  • Il popolo Quartuccese concludeva l’anno vecchio in parrocchia, dove era celebrata la messa di mezzanotte. Al termine, all’uscita, si formavano gruppi di persone le quali si porgevano gli auguri dicendosi: " Chi Deus si fazzada sa grazia chi occannu s’annada sia prus bona de sì de s’annu passau". ( che il Signore ci faccia la grazia di avere un’annata migliore dell’anno scorso), oltre che: "Annu nou vida noa" (anno nuovo vita nuova).

    Dopo si recavano a festeggiare (picchettai) in casa di qualche amico con il capretto e l’agnello. Le giovani donne invece si auguravano di trovare marito entro l’anno e per capodanno usavano mettere in un braciere due foglie d’olivastro: una rappresentava la ragazza, l’altra il suo segreto innamorato; le foglie al contatto della brace scoppiettavano e si muovevano, se si muovevano l’una vicino all’altra era considerata buon segno mentre se si allontanavano si deduceva che tra loro non ci sarebbe stato amore.

    Un’altra usanza era di mettere quattro foglie di fico negli angoli della stanza e ogn’una corrispondeva al nome di un pretendente. L’indomani la ragazza controllava quale foglia era meno appassita e ciò indicava il probabile marito. Per quanto riguarda il mestiere del futuro marito, le ragazze tentavano di indovinarlo facendo sciogliere nel fuoco un pezzo di piombo, che poi lasciavano cadere in un recipiente pieno d’acqua. Secondo le forme che assumeva se ne capiva il mestiere: ad esempio se la forma era simile ad un cuore, lo sposo sarebbe stato un dottore, se invece raffigurava un mattone o una paletta, sarebbe stato un muratore.

  •   San Giovanni

  • La notte del 23 giugno, i pastori radunavano le greggi in un’altura e appena il sole sorgeva, osservavano attentamente le pecore: se erano tranquille, si deduceva una buon’annata, se invece le bestie si mostravano irrequiete sarebbe stata pessima.

    Gli agricoltori invece si affidavano ai venti: se soffiava il maestrale, l’annata sarebbe stata buona, se soffiava scirocco o libeccio…. addio raccolto.

    La notte di San Giovanni, i nostri avi si recavano nei campi a raccogliere un’erba per guarire le malattie della pelle: questa era posata sopra l’ammalato che in breve tempo si ristabiliva. Nelle piazze e nei cortili delle case i ragazzi preparavano grandi fuochi e intorno cantavano e ballavano sino a tarda notte. Per l’occasione erano preparati due pupazzi: un Maistu Anni (Maestro Giovanni) e l’altra sua moglie. Questi alla fine dei divertimenti si buttavano tra i fuochi e quando i falò si spegnevano e non tutti i tronchi erano completamente bruciati, gli agricoltori gli portavano a casa e gli conservavano. Quando i loro cavalli si ammalavano prendevano il tronco bruciacchiato e facevano segni di croce sulla pancia degli animali: il più delle volte guarivano.

    La notte di San Giovanni infine, uomini e donne si scambiavano fiori diventando così compari e comari e ciò gli legava ad un rispetto assoluto come se fossero uniti da un vincolo sacro.

  •  


    HOME