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PIERRE BEAUDOIN
(autore di the Pool)

Beh, da che parte iniziare per descrivere questa performance-evento in una triste, noiosa città di minatori a 650 KM nord-est di Montreal? Dopo 7 ore di macchina, ci siamo arrivati ed il tempo è semplicemente orribile: 15 gradi, venti selvaggi ed il cielo coperto da una moltitudine di nuvole. Il clima non aiuta di certo questa città nell'apparire meno triste e degna di compassione. E' stata un'esperienza completamente all'opposto rispetto al mio ultimo viaggio, Venezia e Milano. Mi aspettavo di trovare questa morente città di minatori in cattivo stato, ma non a questi livelli, molto peggio di quel che mi immaginavo: una città che ha avuto il suo momento migliore negli anni 20 ed ha pressoché vegetato per i successivi 50-60 anni. Quel che è peggio, tutto l'ambiente circostante è inquinato e contaminato dai residui della miniera di rame che sorgeva proprio nel centro della città, i resti delle sue due ciminiere ne dominano il paesaggio. Il centro città è circondato da questo grande lago, che è pure altamente contaminato, tanto che è assolutamente proibito entrarvi in qualsiasi maniera. Bene, la performance-evento è su questa penisola circondata dal lago. Da un lato abbiamo la vista della città, dall'altro queste due ciminiere, un circondario quantomeno surreale. Di notte, con le luci cittadine che si riflettono sull'acqua, si può immaginare di trovarsi in una splendida baia oceanica sulla American East Shore. E' solo un'illusione per tirarmi su ed immaginare di esserci davvero, tra Boston e Cape Cod, 650 KM a sud di Montreal. Invece, siamo esattamente nella direzione opposta! Dimenticavo: c'è pure un bar gay in questa città e la cosa mi ha profondamente stupito. Ci siamo andati, tutti e 35, il sabato sera dopo la performance. Eravamo tutti molto stanchi e la cosa strana è che molti di noi sono gay o lesbiche. La musica faceva proprio schifo. Vecchia disco degli anni 80. Ma basta parlar male di questa città e parliamo invece della performance. Devo ammettere che è stato bello trovarsi all'aperto ed assistere a circa 40 performances, tutte legate allo specifico del sito. Ma alle 4 di mattina, con una nebbia umida che ci cadeva addosso ed una temperatura di 13 gradi, ho cominciato a sognare del mio comodo letto al motel dove eravamo scesi. Non ho resistito le intere 24 ore. Ad un certo punto, verso le 4 mi sono preso e sono andato a dormire, perché dovevo essere in forma per la mia performance, prevista per le 10 del mattino. Devo precisare che quando l'evento è iniziato, alle 7 del venerdì, il tempo si è volto in nostro favore, il sole è tramontato ed il vento cessato. Tutti sono stati felici di questo; sarebbe stato davvero un disastro se avessimo dovuto fare 24 ore di performance all'aperto (o sotto una tenda, installata appositamente per noi) in condizioni meteorologiche avverse. Per la mia performance ho deciso di utilizzare questo sito, proprio dietro la penisola, laddove la miniera ha riempito questa parte di terreno con scorie contaminate. E' un paesaggio lunare, con una pista ciclabile che ci passa proprio in mezzo, fino all'altra parte del lago; un perfetto esempio di terra arida, bruciata. Mi metto lì ed aspetto l'arrivo degli spettatori in questo lembo di terra proprio davanti alla miniera (che sorge proprio dietro alla penisola). La gente arriva da dietro e può osservare cosa indosso sulla schiena, sul corpo, sui piedi. Ho costruito uno zainetto con una base conica in metallo, alla quale ho appeso 9 piccole foto incorniciate di mio padre ed una della mia famiglia risalente al 1969 (l'unica foto di famiglia che possiedo). Ho anche 9 borse di plastica bianche, ciascuna contenente una pianta sempreverde. Per ciò che riguarda l'aspetto del movimento, ho legato un sottovaso di plastica verde (lungo 45 cm e alto 16) a ciascuna scarpa. Sul corpo, indosso un vestito trasparente in due pezzi che protegge dagli insetti (questa zona del Quebec è nota come "terra degli insetti". In un certo senso, la cosa le dà ancor più fascino!) In una mano ho un innaffiatoio, nell'altra una piccola pala da giardinaggio. Una volta che tutti sono arrivati, inizio a camminare e faccio uno strano rumore, con quelle scatole ai piedi su quel terreno arido e morto. Muovendomi in questa terra desolata, piazzo ciascuna pianta vicino ad una delle foto di mio padre. Dopo averne piantata una, nomino ciascun membro della mia famiglia in ordine cronologico. Per la foto di famiglia, mi piazzo nel mezzo del terrapieno, la lascio vicino allo zainetto e me ne vado. Sullo zainetto ho lasciato un cartellino identificatore per piante con su scritto "Questo è stato il mio primo outing di famiglia". Per quelle 10 stazioni, circa 50 persone mi hanno seguito in questa strana processione. In ciascuna di esse, mi dovevo fermare, togliere lo zainetto e cercare di piantare una pianta in quel duro terreno, in modo che stesso in piedi. Quando non ci riuscivo, qualcuno del pubblico veniva ad aiutarmi ed a reggere la pianta per me. L'intera performance è durata 40 minuti in quel caldo giorno d'estate. Non so che tipo di immagine mentale ci si possa formare da questa breve descrizione. Trovo molto difficile elencarne ogni singolo aspetto e forse ne dimentico qualcuno. Dopo aver guardato la ripresa video, mi è venuto in mente il film "Mad Max" ed il suo ambiente surreale. Ci scherzo sopra e dico che ho appena fatto la mia prima performance futurista....
Pierre



F: Quando hai iniziato a fare performances e quando hai scoperto che erano il mezzo espressivo più adatto a te?
P: Ho cominciato in maniera seria circa due anni fa. Decisi di organizzare un piccolo evento-performance in un garage dietro casa mia ed invitai quattro performers che si potessero esibire senza l'ausilio di tecnologie, solo con pochi mezzi ed in un piccolo spazio non ufficiale. Il senso della cosa era proprio quello di proporre un evento "no-budget" ed io esordii in quell'occasione. Da allora, mi sono esibito in maniera seria e continuativa; farlo è una delle cose che mi aiuta a mantenere stabile la mia salute mentale. E' veramente importante, perché in precedenza ho trascorso 15 anni della mia esistenza organizzando le vite di altre persone, sempre nel campo artistico e sempre in un'ottica "non-profit". Mi ero veramente stufato, mollai tutto e decisi di tornare ad essere un artista, cosa che non ero mai potuto essere fino in fondo. Così ho deciso di diventarlo, seriamente.
F: Le tue performances sono sempre organizzate da te o c'è anche un elemento d'improvvisazione?
P: Qualche volta me le organizzo e poi trovo dei contributi finanziari; ultimamente però sono stato invitato in molti eventi. Vengo invitato, di solito, perché è ormai risaputo che io mi esibisco in posti inusuali, per esempio una volta in un bagno pubblico, è successo due mesi fa. Il prossimo anno dovrei esibirmi in un ospedale abbandonato e addirittura in una banca abbandonata a Montreal. E' una delle mie sfide, trovare posti che non siano il solito palco. Stasera è diverso: di solito cerco di evitare musica e palchi tradizionali nelle mie esibizioni (Pierre ha tenuto la performance il 2 giugno 2000 al CSOA Cox18 di Milano nell'ambito di una festa organizzata da Speed Demon in concomitanza con il G&L Film Festival di Milano -NdI). Mi piace avere un contatto ravvicinato e "interattivo" con gli spettatori; così, stasera sarà un po' diverso. Però è un ulteriore tipo di sfida, riuscire a preparare una performance in soli due giorni, in un paese straniero!
F: Ti esibisci sempre in posti non-istituzionali? Come reagiresti se qualcuno ti proponesse una situazione "istituzionale"? (magari è già successo)
P: Di solito sono un tipo anti-istituzionale, tendo ad evitare gli spazi ufficiali in favore di posti piccoli ; ho sempre fatto così ed oggi sono il padrone di me stesso. Penso che se succedesse, cercherei di "svicolare" e proporre qualcosa di diverso, chiedendo di esibirmi magari un posto scelto da me e con un'organizzazione alternativa. Per esempio, la performance nel bagno pubblico fu organizzata da un centro gestito da artisti, ma io chiesi di potermi esibire altrove, nel bagno pubblico, appunto. Comunque, non ho paura, nè costituisce un problema per me rifiutare le proposte, qualora senta che non corrispondono al mio modo di essere. Non mi va di prostituirmi; non faccio arte per vivere o avere una carriera brillante, ma per esprimermi. Così come stanno le cose, ho capito che rimarrò per sempre povero, e allora.....
F: Le tue performance hanno spesso un risvolto omosessuale. Ti senti in stretto contatto con tali realtà, come ti trovi ad esibirti in posti gay? O per meglio dire, ti piace esibirti per un pubblico omosessuale, ma non per il contesto in sé, quanto per dire/proporre qualcosa di nuovo in tale contesto?
P: Quando Giampaolo (organizzatore del G&L film festival di Milano N.d.I.) mi ha invitato ad esibirmi, mi sono chiesto che cosa mai avrei potuto fare nell'ambito di un festival cinematografico gay e lesbico. Il mio lavoro cerca di evitare l'ovvio; perfino nel campo artistico tout court, è molto minimale, molto concettuale. Cerco di disturbare la gente, evitare i codici prestabiliti, sconvolgere le menti e cerco di invogliare la gente a riferirmi le proprie opinioni, quando a volte non lo so nemmeno io cosa ho fatto. Cerco di stravolgere le cose e in questo contesto ero un po' impaurito, perché il mio lavoro non è così ovvio. Così, sia qui che alla libreria Babele, ero un po' preoccupato che la gente trovasse la performance difficile e fastidiosa. Ne stavo preparando un'altra, ma poi ho deciso di fare questa, perché pensavo che fosse appena appena più facile da recepire, anche se poi il pubblico si è dimostrato molto emozionato da essa. Questo è proprio quello che cerco di fare/provocare, cerco di mettermi in contato con le persone in un modo per loro inusuale, oppure di metterle in una situazione in cui si trovano a disagio; vorrebbero andarsene, ma non possono farlo, perché io sono lì, vicino a loro, e sarebbe molto scortese andarsene così, di punto in bianco. Nessuno ha mai avuto il coraggio di farlo, interrompendomi. Questo mi diverte e talvolta rimango intrappolato nel mio stesso gioco; diventa difficile anche per me e non so più cosa fare! Così.... sì, tutto il mio lavoro consiste nel mettermi in situazioni strane e difficili, giocando con la mia vulnerabilità e proiettandola sul pubblico. Non so se questo succederà stasera, perché è un contesto diverso, ma indirettamente la cosa rientra in questi parametri, così.... Non so come un pubblico gay possa reagire a ciò; ieri sera mi sono sentito molto strano nell'uscire dal camerino e ritrovarmi nel mezzo di un pubblico gay e lesbico, che magari è completamente digiuno d'arte e/o performance. Ma in ogni caso non lo sento come un mio problema, non è un mio problema. Se alla gente non piace, non mi interessa; non mi dispiace neanche che me lo dicano, anzi è vero il contrario. Mi piace scambiare opinioni sul mio lavoro, capire perché non è piaciuto. Non li aggredisco di certo, ma sono interessato a sapere il motivo per cui non sono piaciuto. Bè, ti ho dato una risposta lunga e forse non ti ho davvero risposto. Ci ho girato intorno, ah ah ah!
F: Ti esibisci sempre associando musica ed azione?
P: No, non sempre, ma ho cominciato a farlo. Finora ho fatto tre performances di questo tipo. All'inizio, c'eravamo solo io, il mio corpo e qualsiasi cosa accadesse in quel momento. L'anno scorso ho iniziato ad integrare azione e musica e la cosa mi ha divertito, l'ho trovata stimolante, un'altra sfida a me stesso (cosa che amo). Giocare con la musica, trovarne di adatta o cambiarla. Per esempio l'anno scorso ho fatto una performance "da DJ", suonando vari dischi in vinile alla velocità sbagliata; questo ha messo il pubblico e me stesso in tensione e a disagio, anche perché, contemporaneamente, stavo liberandomi dallo scotch che avvolgeva tutto il mio corpo (fino a restare nudo) e c'era gente attorno, che non capiva se doveva ridere o no. A volte la musica fa da contraltare all'azione e talvolta faccio cose in netta contrapposizione ad essa, giusto per vedere la reazione della gente.
F: Qual' è il tuo background musicale?
P: Non ne ho di alcun genere; a dir la verità non ho neanche un background artistico! Ho fatto il giardiniere, l'assistente sociale, ho lavorato con gli ex-detenuti, ho studiato comunicazione e sono finito a fare arte. Sono in questo campo da 15 anni, ma ho sempre rifiutato di studiare arte, sempre! A 16 anni volevo fare del teatro, ma i miei me lo impedirono; di recente ne ho parlato con mia madre e le ho mostrato fotografie delle mie performances, perché non mi ha mai chiesto cosa faccio nella vita, così gliene ho portate per mostrargliele. E lei mi fa "Perché non hai mai studiato teatro?", ed io "Non ti ricordi, 25 anni fa mi dicesti che fare l'attore.... oh no, no, no, nel nostro ambiente profondamente campagnolo era assolutamente fuori discussione". Per loro, attore equivaleva ad alcolizzato, drogato ed omosessuale. Bè, sono diventato tutto questo in seguito, pur non essendomi dato al teatro... gliel'ho detto a mia madre e lei ne ha riso di cuore! Alla fin fine, sono contento di non essermi dato al teatro, legato ai rigidi codici di questo ambiente; sono libero di fare tutto ciò che mi piace e nel modo che più mi piace! Credo di essere un privilegiato in tal senso, libero dalle restrizioni comportamentali e dalle linee guida che il teatro impone. Decisamente, non ho un background, né musicale nè artistico.
F: Questa esperienza in Italia è la tua prima volta fuori dal Quebec?
P: Sì, lo è. E' molto curioso, perché sono venuto direttamente dal Quebec in Europa, non sono nemmeno stato in altre parti del Canada. Per me è quasi incredibile, venire in Italia! Andrò anche in Polonia, un paese che ha una grande storia per le performances e ci andrò in Ottobre. Ho come l'impressione che in altre parti del Canada io non piaccia molto! Ho fatto domande, qualcuno si è fatto mandare documenti del mio lavoro, per poter giudicare, ma nessuno si è mai fatto risentire. Non mi interessa, comunque; non amo spingere le cose, né sono ambizioso. Mi esibisco quando capita, posso anche stare otto mesi senza far niente ed essere felice lo stesso. Non voglio strafare ed espormi troppo; quando ho bisogno di una pausa me la prendo e rifiuto le proposte. Rispetto me stesso, anche riguardo al lavoro. E' davvero strano, però: ho esibizioni organizzate fino al prossimo giugno, ma..... non ci faccio una lira! Non lo faccio per soldi, ma per sentirmi vivo. Me ne sono reso conto due anni fa, ci si sente così bene mentre si prepara una performance! In quei periodi sono felice, mescolo le cose, scrivo anche, sia racconti che articoli per riviste: è molto bello! Talvolta, non faccio performances ma cerco di scrivere: adesso sto cercando di scrivere un libro, ma la cosa va a rilento, troppe performances!
F: Quindi ti esibisci per puro piacere; come ti guadagni da vivere?
P: Faccio molte cose: sono traduttore, scrivo e coordino pubblicazioni per festival cinematografici e lavoro anche per un'agenzia culturale, per cui talvolta (non molto spesso ultimamente) organizzo conferenze e mi occupo delle cose logistiche. Vengo anche pagato per scrivere progetti tipo antologie, cataloghi d'arte: ma non mi occupo di teoria, scrivo del lavoro di altri, ma in maniera diversa. Mi invento delle storie riguardo al loro lavoro, o comunque collegate ad esso. Ho cominciato a farlo e mi piace; qualcuno mi ha chiesto di continuare su questa strada. Nonostante tutto ciò, sono ancora povero. Ci sono momenti in cui non guadagno molto denaro, però è facile essere povero e vivere a Montreal. Ecco la ragione per cui ci rimango!!!! Si può vivere bene anche con un tenore di vita modesto e io lavoro con contratti, magari per sei mesi l'anno. Non è sempre facile, ma mi piace questo stile di vita, è molto libero.
F: C'è una scena omosessuale indipendente, non-istituzionale, per quanto riguarda l'arte?
P: Sì, più che altro le lesbiche hanno questo tipo di comunità. Sono molto più vicino alle lesbiche in questo senso di quanto non lo sia ai gay. Le cose stanno così; il mio compagno suona in una band elettronica/techno/grungy/garage con tre lesbiche. Tengono concerti in posti piccolissimi, underground. Formiamo un gruppetto di persone, più che altro proveniente dall'ambiente delle arti visive, del video - c'è una forte scena indipendente che si occupa di videoart a Monteal. Il mio compagno è anche un realizzatore di video, così organizziamo da soli le nostre cose, le nostre feste, le nostre rassegne. Molti di noi vivono senza aver a che fare con la comunità gay. Questa è molto sviluppata a Montreal, c'è proprio un villaggio gay, ma molto stereotipato, legato a cliché; così ci vado solo quando ricevo visite di amici e vogliono andare a vedere questo villaggio. Altrimenti, non ci vado mai. Un paio di volte mi è capitato di andare in bar gay e di non sapere neanche dove mi trovavo, ho dovuto chiedere: mi sentivo come un turista nella mia stessa città!

Intervista : flavio Traduzione : irene/magou
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