Decima Crucis Nettuno, fronte per punizione ritrovato e nostro primo battesimo di fuoco; lembo di terra e mare che in tempo poco, quanto amore e sangue ci sei costato.
Roma, “città aperta”, ma per noi di cuore ingrato, e che ci hai sol voluto relegare all’amaro oblio; Roma, nemmeno a te abbiamo detto addio,. E finanche in quel dolore ti abbiamo amato.
Ozegna, pensavamo a te come piccola e sperduta, una tappa in più dei mille e un dì in questa guerra; diventasti invece testimone tragica e poi muta di tradimento fraterno di questa nostra terra.
Gorizia, per amor tuo diventammo finanche alpini, guidati da chi, sì, portava in capo la penna nera, e sui tuoi monti neve e sangue fecero a bandiera in abbraccio eterno a difesa dei tuoi verdi confini.
Po, ultimo fronte di quel gelido ed amaro aprile, attraversato ormai quasi travolti da acque e Storia; conquistato solo a mani nude ed impegno febbrile, non mancò mai il coraggio anche se non fu vittoria.
Albignasego, quasi Padova che fu come un miraggio e dove il nostro tramonto non ci parve vero, ma il nemico riconobbe il gran coraggio e l’addio lo accompagnò l’onore ed un “Và Pensiero…”
Afragola e poi Camp Mafout, già terra straniera, dove capimmo che era tutta la patria ingrata e quella che si era amata forse solo una chimera ma non per ciò, per un istante, meno amata.
Primo fronte, e forse ultimo, ci fai da richiamo; si torna a Nettuno come ammaliati da canto di sirene; gioventù allora, oggi è una vita tutta su curve schiene, ma è sempre Decima e “Siamo quelli che siamo”.
Stazioni, certo non quelle dettate in teologia, ed ognuna di esse buona forse solo per morire, ma che ci danno per sempre il diritto a dire: “Italia, Italia, ….. Italia, anche la mia.” Laura Giussani |