Eroi senza medaglia...

     ...  Ogni volta che il cancello del Campo della Memoria si apriva, Aldo era li.

          Loro avevano atteso a Roma: da quel lontano 1947 quando le prime piccole Cassette avevano quasi imposto alla nostra memoria, ancora fresca di ricordi, di dare un nome a tutti.

          Elenchi su piantine di piccoli Cimiteri provvisori, disegni tracciati su carte che davano identità a tumuli di terra che stavano scomparendo.

          Aldo era quasi sicuro che il fratello Alberto potesse ascoltarlo. Sembrava essere sicuro che tra quei nove sconosciuti «Eroi Senza Medaglia», la giovane vita di suo fratello Alberto fosse eternata, per sempre.  Sapevamo che era scivolato accanto alle rive del Canale Mussolini: dei nove sconosciuti li ritrovati, l'erosione dell'acqua e del tempo non ci aveva permesso alcun riconoscimento.

          Eppure Aldo era spesso presente tra noi: telefonava, scriveva...

          Era sceso anche più volte in quell'oscuro deposito del Cimitero Verano dove cercavamo di dare un nome a quello che era rimasto di tante giovani vite.

          Ritrovo su vecchi appunti: «dentatura perfetta, capelli neri, medaglietta della Madonna della Salute...».  Aldo era venuto anche lui a cercare tra quelle ossa, quei capelli, quei denti quasi perfetti. Ma Aldo diventava uomo e a me sembrava di veder crescere con lui anche il fratello Alberto.

          Gli altri - tanti - restavano giovani.

          Enzo Chiaverini continuava a mascherare la sua sofferenza. Con i suoi occhi chiari, mentre nelle sue ultime giornate di ricovero all'Ospedale militare del Celio di Roma portava la sua mano a cercare quell'arto che non esisteva più.

          Nella mia memoria sono rimasti i suoi occhi chiari di ventenne smarrito.

          La mamma di Lucidi ci riproponeva il viso scuro del suo figliolo Vinicio: la incontravo spesso sulla tomba del Verano, con la testa avvolta da uno scialle. A quel suo figliolo gli anni non avrebbero aggiunto i danni della vecchiaia.

          Della Ciana e Signori, continuano a parlarci della loro giovinezza - «addio fratello mio, avevo solo diciassette anni» - sotto quel marmo che ogni tanto solleviamo per dare posto a qualcun altro di noi, che giovani non siamo più.

          Di Alberto Spagna riviviamo gli ultimi attimi attraverso le parole di Mario Tedeschi «il primo morto della mia vita..» ed è sempre lì riverso, mentre sembra quasi voler fermare la giovinezza nel suo primo giorno di guerra.

     Quando il 25 aprile 2006 abbiamo ancora una volta aperto il cancello del Campo della Memoria a Nettuno, Aldo De Luca non era con noi.

     Lui ed Alberto stavano finalmente camminando insieme.

Raffaella Duelli