La nonna nella nicchia…

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          La piazza centrale di Scutari, con le figure del monumento che alzano le braccia al cielo: un eroe! Poi, un albergo moderno apparentemente senza clienti: un locale che ci aveva offerto una graditissima pizza napoletana e una birra tedesca gelata.

          C’era anche un mercato all’aperto, vendeva di tutto, ma poco affollato e forse in via di chiusura.

          Ci era stata proposta la scorta della polizia, scorta che rifiutammo: andavamo a cercare realtà delle quali non avevamo paura e che stavamo scoprendo e che avremo riconosciute passo dopo passo del nostro cammino.

          Dovevamo risalire la strada verso Lezha .

          Fu subito campagna: sulla sinistra la pianura correva tra alture che non erano colline verdeggianti ma non erano nemmeno montagne: sui loro dorsali riuscivamo a intravedere sagome di aerei come accovacciati in grotte sicuramente artificiali.

          Le prime ore di un pomeriggio, agli inizi del mese di agosto del 19...: la temperatura superava i 40 gradi.

          La strada non offriva ombra o centri abitati o viaggiatori.

          Arrivammo ad un cancello a ‘guardia’ di una area recintata che doveva essere l’ingresso di una zona militare, forse proprio un aeroporto.

          F. S. aveva in mano la fotografia di E.: la teneva un po’ in alto, come un dono prezioso che voleva offrire anche se non c’era nessuno accanto a noi.

          Dalla mia posizione privilegiata, accanto all’autista della Mercedes che ci ha accompagnato durante il nostro viaggio, avevo intravisto sulla destra, in lontananza, delle nuvole di fumo: avevo pensato al Kossovo, nella cui direzione stavamo andando ma allora i venti di guerra avrebbero aspettato ancora un anno per scatenarsi: erano covoni che bruciavano.

          Poi, ecco il piccolo fiume: un ruscello piuttosto e l’aria si era riempita delle grida giocose di un gruppo di bambini che si tuffavano, si gettavano schizzi di acqua, sembravano quasi ballare.

          Al nostro arrivo, si fermarono: uscirono fuori dall’acqua e ci furono tutti intorno. La foto di E. sembrò quasi placare la loro attesa curiosa: chi eravamo e cosa volevamo?…’E.!’..

          E uno di loro, non più di 8 anni, con le sole minuscole mutandine bagnate dal bagno e a piedi nudi cominciò a correre e ci fece segno di seguirlo: correva, correva sulla strada che era piuttosto un tratturo e sulla quale la nostra Mercedes avanzava tra mura di siepi.

          Correva e intanto ci stimolava a seguirlo, con gesta delle sue piccole mani e gridava qualcosa che non capivamo e si voltava: e ancora ho in mente quel suo piccolo corpo e i piedi nudi che battevano sui sassi e nella polvere.

          Ma già qualcuno aveva avvisato del nostro "arrivo"… "gli italiani…" e la nonna era lì, fuori della porta di una piccola abitazione, bianca, tra altre bianche, candide.

          E come succederà poi in altri incontri, il bacio della foto del nipotino lontano, le parole singhiozzate di benvenuto e l’invito ad entrare in casa: ma l’accoglienza divenne quasi favola quando nella stanza ci accolse il sorriso sereno della Bisnonna, parecchio anziana.

          Nella parete era stata ricavata una nicchia e vi era stato collocato un letto nel quale una vecchia signora ci tendeva le mani sorridendo: tutto intorno a lei era bianco: le pareti, le lenzuola, le tende, i suoi capelli.

          Fummo immersi subito in una atmosfera quasi irreale: con quel parlare di tutti che si rivolgevano a lei che – dall’alto di quello che poteva sembrare un trono – continuava a sorriderci e a fare cenni di approvazione con la testa.

          Non mi ricordo di avere visto uomini in quella piccola stanza: del resto, c’era Lei – la nonna nella nicchia – che dava la risposta alle nostre domande inespresse.

          Ecco, la Madre.

          Più tardi, altre donne ci accoglieranno in altri posti, in altre case e ci offriranno ospitalità: ma resteranno in piedi mentre gli uomini siederanno con noi, a tavola.

          Da quell’incontro venimmo fuori con il senso di un ritorno alle origini: ne ebbi in regalo una saponetta profumatissima che tuttora conservo intatta come prezioso cimelio.

          Della "nonna nella nicchia" continuiamo ogni tanto a parlare come un dono prezioso da non dimenticare.

                              2 gennaio 2005                                                                    Raffaella Duelli