Tracce della Memoria.

     Quando mio figlio Andrea in questo assolato ma non troppo mese di luglio 2002 mi ha proposto, partendo da Milano, un itinerario a sorpresa, non potevo immaginare che avrei avuto intorno a me quelle tracce della Memoria che troppe volte ho individuato solo sulle strade insanguinate dell’ultimo anno della mia guerra…

     E, invece, eccola qui la Memoria di giornate che potevano sembrare addirittura spensierate, su un itinerario di giovinezza che mio figlio mi faceva ripercorrere 58 anni dopo e che si facevano strada in mezzo ai ricordi di dolore e di sconfitta e di sangue sui quali sembrava quasi che io avessi voluto concentrare sempre la mia memoria.

     LUGLIO 1944 - 1° corso del Servizio Ausiliario Femminile della X’ Mas – GRANDOLA – sopra Menaggio.

   A Menaggio eravamo arrivate nel mese di luglio, provenienti da Sulzano, sul Lago d’Iseo, dove eravamo state ospitate in una scuola: caricammo tutto quanto ci era stato assegnato su un camion che, però, a pieno carico, superava in altezza i piccoli ponti sopraelevati del lungolago e ogni volta dovevamo scendere, scaricare e ricaricare: eppure, ridevamo e cantavamo.

   A Menaggio c’era il Lago dove, dopo qualche tragico mitragliamento, avevano tolto i traghetti, e le piccole barche con la caratteristica cupola erano ferme sulle sponde.

   L’Albergo Miramonti: allora appariva isolato, un po’ in alto, raggiungibile con una stradina scoscesa che allora avevamo percorso con pentoloni (vuoti) e letti smontati, per soddisfare l’estro creativo degli operatori di Elio Luxardo che con le sue fotografie di quei giorni ci ha lasciato splendide immagini.

   L’Albergo: perché allora mi era sembrato così grande, così importante?… dalla strada che Andrea percorre lentamente perché io lo possa vedere, si perde tra costruzioni che allora non c’erano… la strada dove ora passiamo era forse assai poco asfaltata… "Eccolo, eccolo, Andrea, questa è la strada, quello è l’Albergo…"; che valore può avere per mio figlio? Questa non è che una delle tante strade della "mia guerra" delle quali te e tuo fratello Marco e ancora le nipoti e ancora gli amici di allora e i giovani di oggi mi hanno sentito parlare e scrivere… questa è una delle strade importanti dei miei 18 anni, ripercorrendo la quale ho memoria di momenti gioiosi, sia pure nella loro incoscienza.

 

     Eravamo quasi alla fine di una guerra che aveva coinvolto la nostra giovinezza e le notizie che parlavano di un nemico avanzante e gli sciami luccicanti al sole di migliaia di aeroplani che continuavano il loro cammino di morte sulle nostre teste, avrebbero dovuto intristire i nostri cuori e colmarli di amarezza e magari di disperazione… ma noi eravamo lì su quel viottolo, su quei campi verdi a continuare a cantare, a credere, e – forse – a sperare.

     Nel mese agosto 1944, noi di quella "pazza" generazione ci preparavamo per quella che sapevamo sarebbe stata l’ultima DESTINAZIONE.

     Ma quando dalle colline circostanti i campi di golf dove – uno,due.. uno, due.. continuavamo le nostre esercitazioni ginniche – arrivò uno "sciame" urlante che ci intimava la resa, la nostra reazione fu più di incredulità che di paura: cosa significavano questi uomini in borghese che continuavano a gridare "arrendetevi, arrendetevi.. "? Dove era il "nemico" contro il quale ci preparavamo ad andare? Non ci fu resa… si allontanarono perché ad uno di loro era scoppiata sul ventre una bomba a mano che aveva agganciata alla cintura ed alla quale, forse, si era dimenticato di controllare la sicura.

    Da quel giorno, però, la nostra comandante – Fede – si convinse della necessità di circondare con il filo spinato l’Albergo e le immediate vicinanze e i campi da golf non udirono più i nostri canti.

    Eccolo, eccolo – Andrea – è quello!… 58 anni fa, la mia giovinezza… ma non era più grande e più lontano dalla strada?

     A Porlezza: vi eravamo andate attraverso strade secondarie e orti e frutteti: nel mese di agosto le mele erano ancora acerbe.. e ripagammo nella notte il furto goloso!

     A Porlezza avevamo sperato di vedere, dalla parte opposta del Lago, le luci di un Paese che ignorava la guerra: una illuminazione che ci fu negata se non per qualche timido accenno, data la stagione estiva e il sole che tardava a tramontare.

     Scendevamo qualche volta a Menaggio – 5-6 chilometri – seguendo la strada ferrata di un piccolo treno locale, allora in disuso, e bisognava attraversare anche una galleria, poche decine di metri, buia e molto umida. Sai, Andrea, la principale attrattiva per scendere in questo paese, era la presenza di una piccola pasticceria: un profumo, un incanto di dolcezze che non sono più riuscita a ricostruire nella memoria.

     Ecco, subito dopo una curva, eccola! Ma era così vecchia, così anonima anche allora? Ritrovo – o mi sembra – il profumo dei suoi piccoli biscotti.. è ancora lì, nascosta dietro tanti altri importanti locali che si affacciano oggi sul Lago ma che non possono certo ripropormi il ricordo delle dolcezze di allora.

     Ripercorriamo il Lungolago verso Como e mi accorgo che siamo silenziosi: più tardi riprenderemo i nostri colloqui di sempre.

 

                        12 novembre 2002                                                                          Raffaella Duelli