La testimonianza di Claudio
Otto anni fa, un giorno d’estate come tanti, uscivo di casa di buon mattino per andare al mare. La mattinata era ancora fresca, sonnolenta, proprio come sempre. Da li a poco però la mia vita sarebbe profondamente cambiata. Sarebbe maturata, si sarebbe arricchita di un peso… un macigno all’inizio, un peso di dolce responsabilità successivamente. Un debito da pagare … gioiosamente … come chi quel giorno lasciò in dono la sua vita in quella strada da cui la mia giornata al mare iniziava, aveva detto qualche tempo prima.
Da
quel giorno, niente è più uguale per me. Guardando indietro, posso vedere
come, togliendo quel momento, la mia vita non avrebbe niente a che vedere con
quello che in questi otto anni è stata.
Magari
sarei ancora all’Università a studiare per una Laurea che i tanti anni di
stress da esame hanno tramutato da agognato punto d’arrivo a peso quasi
insopportabile.
Forse
non avrei scelto il servizio civile, probabilmente non
avrei avuto il coraggio di lasciare la mia amatissima Terra di Sicilia,
la mia casa, la mia famiglia, per andare a vivere e lavorare a Milano.
Sicuramente
non avrei il mio posto di lavoro, conquistato con costanza ed impegno, non
vivrei a Firenze, non avrei incontrato i tanti amici che in ogni parte
d’Italia, in quella “giornata al mare” hanno sentito il dovere, il bisogno
direi, di prendere sulle proprie spalle quel peso che sulle mie e su quelle dei
miei familiari era piombato senza preavviso.
Nè
conoscerei mia moglie, ed il bimbo che presto arriverà nella nostra vita. Anche
lui sarà un frutto dell’impegno e dell’amore che scaturì da
quell’esplosione e che da allora vive rigoglioso nell’Ulivo di via
D’Amelio. Ulivo che ricorda sei persone come noi, per le quali ognuno è
costretto a pensare prima di qualunque scelta. Questo è il punto più
importante, il senso di quell’Albero, e della buca in cui affonda le sue
radici.
Una
frase presa a prestito da una canzone di qualche anno fa, una canzone di
Jovanotti, è diventata (faticosamente) la mia “guida” : “Cerca di essere
Uomo, prima di essere gente”. Fa parte di una canzone magari poco conosciuta,
ma che mi mise i brividi quando la ascoltai la prima volta dopo il 19 Luglio
1992. E’ una canzone in cui Jovanotti ricorda il giorno del funerale degli
agenti della scorta di Aldo Moro. Suo padre prese lui, bambino, e lo portò a
quel funerale, dove non c’era “neanche un morto parente, neanche un
conoscente”, ma tanta gente seria, rispettosa e grata a chi aveva donato la
sua vita.
Tanti
Uomini, non tanta gente … tanti Uomini che magari senza saperlo, senza averlo
capito fino in fondo, avevano però intuito che bisogna vivere in prima linea,
che non bisogna girare la testa, che la nostra parte inizia proprio da lì.
Tanti
Uomini, come quelli che dal ’92 continuano a dimostrare con il proprio
impegno, ma anche semplicemente con la propria presenza, di volere dare il loro
contributo alla crescita civile della nostra società.
E
così, adesso, cammino in questa direzione. Che alla fine è quella che da
sempre immaginavo per me: la laurea, una casa, un lavoro, una famiglia … ma in
più c’è una coscienza, una consapevolezza nuova.
Adesso
non posso più sbagliare: devo guardare sempre dritto in avanti ed essere giorno
per giorno, davanti a tutti, un Uomo degno del peso che consapevolmente ha
accettato di portare. E questa (per ora) è la mia parte, piccola sicuramente,
ma punto di non ritorno verso la vita superficiale nella quale mafia,
sopraffazione e corruzione prosperano.
Un
grazie ed un pensiero a chi mi ha illuminato la strada e a chi giorno per giorno
continua a percorrere questo cammino, facendo da riferimento a me e a chiunque
abbia occhi e cuore per cercare e costruire un futuro migliore.