La testimonianza di Cristina
Il dolore di quel 19 luglio 1992 e' ancora vivo e presente ma si mescola al ricordo vivido e gioioso di
quel luglio 1993, ai miei tredici anni, al cielo azzurro e al caldo di Palermo. Ricordo di essere partita da casa
quell'estate con il desiderio di dare la testimonianza della mia presenza, con il bisogno di dare un contributo,
di fare la mia parte, di esserci. Ricordo l'entusiasmo e la gioia, la passione dell'impegno, le migliaia di
persone che, in via D'Amelio, urlavano " Palermo risorge! Italia migliore!", che
urlavano il nome di Paolo. Ricordo i palloncini colorati che volavano verso il cielo,
quell'uomo grande e dolce che dal terrazzo salutava la citta' che gli aveva ucciso Paolo e Giovanni , figli e
fratelli, la citta' che si preparava a portare avanti la "Nuova resistenza". Ricordo di essermi fatta largo tra la
gente perche' volevo vedere quell'ulivo arrivato dalla Palestina, l'ulivo della pace, simbolo della giustizia -
ora robusto, ricco di frutti, sempre piu' forte, sempre piu' bello, anno dopo anno - ma allora poco piu' che un
fuscello, tenero, apparentemente fragile. E ricordo di esserci tornata piu' volte nei giorni successivi e negli
anni.
Ora, a vent'anni - a otto anni di distanza - i ricordi si rincorrono, le estati si sgranano sotto gli occhi: il
dolore di quel 19 luglio 1992, la progettualita' e le speranze, il ritrovarci insieme a Palermo e per l'Italia,
Libera e il Gruppo Abele, i campi di formazione, il mare e i gelsomini, le iniziative nelle scuole e la voglia di
capire, Sariano e la condivisione autentica, gli arancini e le panelle, lo studio e gli affetti, persone che si
perdono per strada, gioie, delusioni e brucianti amarezze... E la fedelta' alla memoria di tutto questo e
di chi non e' piu' continua ad essere stimolo prepotente
e radicato all'impegno, impegno a volte faticoso a volte piu' immediato ed entusiasta. Ormai e' la mia vita. Paolo
mi ha regalato le amicizie piu' vere e piu' forti, una rete di amicizie che si e' allargata con gli anni. Luoghi
e persone amate finiscono inevitabilmente per diventare la nostra vita, "il colore dei pensieri e dei sentimenti"
perche' "le cose acquistano senso nel modo in cui vengono vissute e sono inseparabili dalle persone amate con le
quali e per le quali vengono vissute" (C. Magris). Anche
per questo la scelta di impegno non e' solo il frutto di un'emozione, non deriva solo dal dovere morale di
raccogliere e continuare - con i miei limiti e nel mio piccolo - la loro testimonianza ma investe le ragioni
della mia esistenza perche' si intreccia con gli affetti
piu' cari, affetti maturati negli anni cruciali in cui una persona prende coscienza di se' e della propria
finitezza, del mondo, del suo incanto e delle sue contraddizioni. La promessa di impegno fatta all'indomani delle
stragi e' kierkegaardianamente ripresa ad ogni istante, e' rinnovata quotidianamente ma con gli anni questa
promessa si e' fatta piu' dolorosamente consapevole, piu' lucidamente disincantata. Subito dopo il '92 ho
scoperto anche la letteratura e la filosofia. Ma la letteratura ha senso solo se non
resta orpello e sfoggio erudito ma se aiuta a guardare con malinconica e agguerrita pietas la complessita' e
l'ambiguita' della propria e altrui esistenza. " La debolezza umana e' commovente" dice sconsolato il Re Sole
di Rossellini e certi atteggiamenti ingenuamente "integralisti" che inevitabilmente un adolescente ha, si
sono stemperati nella consapevolezza che anche dietro i crimini piu' efferati - senza con questo voler
giustificare quelle azioni - ci sono uomini. Cosi', negli anni, "fame e sete di giustizia" si
mescolavano con l'amore per la letteratura. Per me erano e sono la stessa cosa ma implicavano due differenti
scelte di studio, fermo restando che ci si puo' impegnare
anche studiando filosofia e che si puo' continuare a coltivare la passine per la letteratura anche studiando
giurisprudenza. Alla fine sono tornata alla scelta originaria, giurisprudenza, ma e' una scelta piu' salda,
meno scontata e immediata. " Tanta letteratura, anche grande ma ingiusta, ha guardato con freddezza al diritto,
considerandolo arido e prosaico rispetto alla luce della poesia e della morale. La legge invece ha una profonda e
malinconica poesia: e' il tentativo di calare concretamente nella realta' vissuta le esigenze della
coscienza - un tentativo fatalmente compromissorio, perche' costretto a fare i conti con i limiti del reale,
ma grande proprio per questo arduo e ingrato confronto con la dura prosa del mondo" (C. Magris). Un tentativo
fatalmente compromissorio ma carico di passione, animato dal "principio speranza" e dal "principio
responsabilita". nonostante o forse ancor di piu' proprio
perche' negli ultimi anni qualcosa nel Paese e' cambiato rispetto a quel generalizzato clima di riscatto seguito
alle stragi - senza con questo voler scordare le tante persone che si danno da fare nel quotidiano: si respira
voglia di normalita'; subentra la stanchezza; si ricomincia a dimenticare; nel mondo di una certa politica
ci sono altre priorita'; affiorano vecchie e nuove ipocrisie. In un contesto siffatto, questo fare memoria,
questo voler mantenere saldi i "legami di memoria" assume un'importanza ancora maggiore. L. Pintor scrive che da
piccolo lo colpi' sotto l'immagine di un antenato una strana parola latina: Servabo, che vuol dire
contemporaneamente terro' fede, saro' utile,serviro', conservero'. Non so cosa mi riservera' il futuro, lascio
musilianamente aperto il senso del possibile. La cosa certa e' la volonta' di rimanere fedele alla
testimonianza di Paolo. Prometto: servabo.