La testimonianza di Don Tonino
Un giorno, in una affollatissima palestra in provincia di Bari conobbi due storie di violenza, di morte e di risurrezione. Non avrei mai pensato che in mezzo a quelle storie, la mia vita, la mia fede, il mio sacerdozio sarebbe stato incredibilmente illuminato dalla luce di una Vita.
Una giornata umida, un cielo grigio e tanti volti di giovani in attesa di “vedere”, di ascoltare e di… sperare in un mondo migliore. Ma c’era anche il desiderio di “toccare” quelle due donne speciali. E io in mezzo a loro due per moderare. Cosa moderare? Ancora oggi non l’ho capito! Due donne che avrebbero educato il mio cuore alla speranza, alla tenerezza e all’importanza di comprendere che “l’essenziale è invisibile agli occhi”.
Un tavolo attorno al
quale ci sarebbe stata una conversazione e un confronto tra un’antica e una
nuova storia di violenza: da Auscwitz a via D’Amelio. Alla mia sinistra Elisa
Springer, sopravvissuta alla deportazione nazista. Alla mia destra Rita
Borsellino, sorella di Paolo, magistrato ucciso a Palermo nel 1992.
Elisa era lì,
finalmente libera da quel cerotto che copriva il numero di matricola segnato
sulla pelle per non dimenticare… un cerotto finalmente rimosso perché non
c’era più nulla da temere. La presenza di quei giovani significava oltre
l’indignazione, anche la certezza di non vedere più campi di concentramento.
Rita, anche lei per
ricordare che la vita e la morte di Paolo erano legate da un unico filo: la
risurrezione. Due storie apparentemente così distanti, erano legate da
un’unica verità: il trionfo
dell’amore sull’odio. Mi
resi conto che il racconto stava diventando, memoria e la memoria dentro la
risurrezione si fa memoriale, riattualizzazione dell’evento passato con la
forza della salvezza.
Da quel giorno è
iniziata una meravigliosa itineranza con Elisa e Rita, un viaggio tra storie di
vita che riscaldano i cuori e illuminano le vie.
Ma io, “ragazzo
di Paolo” di 42 anni, sento il bisogno di rivolgermi al trasfigurato
magistrato, Paolo Borsellino, vedendolo TESTIMONE dell’Amore di Dio non più
attraverso le sentenze dei tribunali, ma in modo “contemplattivo”. Avete
capito bene, con due “t”, nel senso che dentro la lotta quotidiana per la
liberazione, mi sembra di vedere il volto di Paolo, ri-volto verso quello di Dio
Padre, immerso nella vera luce della risurrezione.
“Carissimo Paolo,
la speranza nella quale sei immerso mi consente di vedere alcuni tratti della
tua attuale esistenza, pezzi di vita che a noi, poveri mortali, ci permettono di
continuare a credere in una Vita che è matrice di tutte le esistenze terrene.
Quando la tua cara mamma Maria Pia, ti raggiunse nelle braccia del Padre, suscitò
nel mio cuore un ascolto del tutto speciale. Quel giorno mi sembrò di sentire
la sua voce che chiedeva a Dio il motivo della tua presenza in Paradiso in
anticipo rispetto alla sua. Ci fu un attimo di tormento, perché non trovava
risposta. Il “silenzio di Dio” era un modo per ricordarci che dove tu sei si
conserva una sola memoria: la memoria del bene. A noi
il ricordo del male è utile per non ripetere gli errori, ma lì in quel cielo
dove l’amore di Dio è l’unica regola, il male non c’è, nemmeno come
ricordo. Ciò diventa per noi motivo di speranza, perché finalmente
sperimenteremo la tenerezza come unico “visto” per entrare nel Regno del
Padre. E attraverso la “memoria del bene” cercherò di rileggere il senso
del tuo amore martiriale e la nostra militanza per la liberazione dai poteri
occulti, che deturpano la somiglianza con Colui che è la “bellezza che salverà
il mondo”.
La luce accecante
dello scoppio del 19 luglio del 1992, “convertita” dalla forza della risurrezione, si trasforma
in una luce calda e tenera come una penombra delicata, dalla quale mi sembra di
vedere tutto diversamente.
Vedo la tua fatica
nel cercare la verità, trasformata in riposo tra le braccia del Padre che ti
sussurra ciò che è vero, bello e buono.
Vedo i tuoi antichi e
naturali dubbi che si trasformano in preghiera invocante.
Vedo la tua rabbia
per gli amici uccisi, che si fa preghiera di ringraziamento per ciò che sono
stati e perdono per i carnefici.
Vedo la tua tenerezza
donata a chi hai amato, trasformata in benedizione eterna.
Vedo le tue
preoccupazioni che diventano supplica e intercessione perché noi impariamo a
fare la Sua volontà.
Vedo nei tuoi occhi
il riflesso dei volti cari che ti hanno preceduto e che ora assieme contemplate il Volto di
Dio.
Vedo una tua lettera
interrotta dalla morte e che avresti voluto inviare a quei giovani desiderosi di
comprendere il senso dell’impegno a favore della legalità e della giustizia.
E mentre vedo tutto ciò sento una canzone, scritta da un amico e mi sembra che
dica per te a me “ragazzo di Paolo”:
“Sogna,
ragazzo, sogna,
piccolo ragazzo
nella mia
memoria,
tante volte
tanti
dentro questa
storia:
non vi conto più;
sogna, ragazzo,
sogna,
ti ho lasciato
un foglio
sulla scrivania,
manca solo un
verso
a quella poesia,
puoi finirla tu”.
(Roberto
Vecchioni)
Tonino Palmese