IL   C A S O   C I A I K O V S K I J

Un delitto di Stato

 

Tragedia in tre atti
di
RALPH LORBEER

Prodotta, in versione radiofonica,
da
GIOVANNA ROMAGNOLI

Durata:
90 minuti in tre atti da 30’ ciascuno

Colonna musicale:
Brani da tutte le opere principali di P.I. Ciaikovskij, con particolare riferimento, nel prologo e nell’ epilogo, alla Sesta Sinfonia “La Patetica”.

Protagonisti principali:
P. I. Ciaikovskij – Il fratello Modest (Modja) – Vladimir, il giovane nipote del conte Stenbock-Fermor, legato a C. – Il conte Stenbock-Fermor - Il magistrato Nikolaj Jakobi – La moglie del magistrato Jakobi, Margareth – Il Capo della Polizia Segreta dello Zar – La Signora Nadezda Von Meck, grande e disinteressata benefattrice di C..

Protagonisti secondari
Parenti e colleghi di C. – La moglie di C. - I grandi musicisti e scrittori russi contemporanei – I compagni della Scuola di Giurisprudenza – Il giovane di Sorrento, di C. si invaghì in una mattina di primavera.

 

PREMESSA


La ricostruzione rigorosa ed attenta della vicenda della morte di P.I. Ciaikovskij, al di là delle tesi ufficiali di copertura (il colera), ormai del tutto abbandonate, rafforza, in quest’ opera emozionante di Ralph Lorbeer, la fondata ipotesi, pur con elementi romanzati,  sulle cause vere del suicidio di C., suicidio sul quale nessuno oggi nutre più dubbi . I contenuti dei dialoghi, anche sotto il profilo strettamente linguistico, specie per quanto riguarda il Maestro e il fratello Modja, sono stati ricavati direttamente dalla lettere autografe del Maestro e dagli articoli da lui pubblicati su organi di stampa e di critica musicale dell’ epoca.

 

PROLOGO

San Pietroburgo, capitale della Russia e sede della corte imperiale dello Zar Alessandro III (1845-1894).Sala delle Riunioni dei Nobili (16 ottobre 1893).
Uno speaker legge il cartellone di concerto di P.I. Ciaikovskij, mentre entra, pian piano, la musica del Finale della Sinfonia n. 6, op. 74, “ La Patetica”, di Piotr Ilic Ciaikovskij.
Scoppia una grande applauso, con grida di approvazione,all’ indirizzo dell’ Autore che ha finito di dirigere, a San Pietroburgo, di fronte ai rappresentanti della nobiltà e della musica russa,la prima esecuzione della sua ultima straordinaria fatica musicale.
Sobrio e contenuto, come sempre, il Maestro ringrazia e si ritira nel suo camerino, rifiutandosi di ritornare nella sala, dalla quale viene invocato ripetutamente con altri lunghi applausi.
Riceve soltanto un emissario dello zar, che porta i complimenti del sovrano.
Si colgono, nell’ anticamera, commenti positivi sulla nuova opera del Maestro.

ATTO PRIMO
CAMERINO DEL MAESTRO (16 ottobre 1893)

C. appare stremato dalla fatica e quasi infastidito dalla folla di estimatori che rumoreggia fuori dal camerino. Sembra più vecchio dei suoi cinquantatre anni.  C. è in compagnia di due dei suoi fratelli e di altri parenti, come il nipote Bob, che lo festeggiano con un brindisi. In particolare, il più giovane fratello, Modest, è legato profondamente al Maestro. Il compositore russo lo chiama affettuosamente Modja. C. lo prega di far allontanare tutti, perché vuole tornare solo con lui a casa, non prima di essersi recato a scusarlo con gli organizzatori del concerto, perché la stanchezza gli impedirà di partecipare alla cena in suo onore.
Modja esegue gli ordini e provvede affinchè la carrozza sia pronta.
I due fratelli sono in carrozza e finalmente, lontano dagli strepiti del successo e degli ammiratori, si abbracciano a lungo, commossi. Il Maestro esprime a Modja il desiderio di non rientrare subito a casa, ma di percorrere, in carrozza, con lui, le strade di San Pietroburgo per parlare tra di loro in tranquillità.  Il dialogo tra Piotr Ilic e Modja rivela subito il grande legame, non solo di sangue, ma di confidenza, solidarietà, affetto e amicizia, che li unisce, a causa della comune condizione omosessuale, segreto custodito da entrambi negli anni. Emerge dal dialogo tutto il mondo interiore di C.:
la memoria della madre, morta molto giovane; i luoghi della loro infanzia; la famiglia; l’ amore straordinario per la Russia; la fatica per l’ affermazione delle proprie composizioni; il dramma della comune omosessualità; l’ aiuto generoso della grande benefattrice, Nadezda Von Meck; il successo ormai consolidato, dopo Odessa e San Pietroburgo; le prospettive future (anche economiche) per tutta la famiglia, e la soddisfazione di C. per quest’ ultima opera, giudicata il proprio capolavoro.  C. rivela al fratello il progetto, dopo un breve rientro a Mosca, per un lungo viaggio in Italia, in compagnia di Vladimir, giovane e bellissimo nipote del conte Stenbock-Fermor, al quale C. è legato sentimentalmente.  Il Maestro si informa, quasi con apprensione, se il giovane nobile fosse o meno presente al concerto e, avutane conferma da Modja, gli chiede altresì se Vladimir abbia applaudito a conclusione dell’ esecuzione.
Modja gli risponde con una frase che illumina di gioia il volto dell’ artista: “Ero vicino a lui, l’ ho visto piangere, fin dal secondo movimento e..senza timore di nasconderlo”.
La carrozza è ormai arrivata all’ indirizzo della casa dei Ciaikovskij. Prima di scendere dalla carrozza, il Maestro prega, quasi sottovoce, Modja di organizzargli, per l’ indomani, il solito incontro riservato con Vladimir, in una casa di amici di Modja, ospitale e riservata. Si capisce dalla risposta che Modja organizza, di frequente, gli incontri amorosi del fratello, al riparo da occhi indiscreti, con il giovane nobile.

ATTO SECONDO


SAN PIETROBURGO :
CASA DEGLI AMICI DI MODJA ( 17 OTTOBRE 1893)

 

Il Maestro passeggia nervosamente nel salotto della casa ospitante, guarda ripetutamente l’ orologio. Si capisce che freme in attesa del giovane. Si sente una campana suonare. Un cameriere annuncia l’ arrivo. Entra il giovane a braccia aperte, esclamando: “Maestro, Piotr, amico mio, sei grande, ieri sera mi sono commosso. In quest’ opera c’ è tutta l’ anima della Grande Madre Russia”. Il Maestro lo abbraccia. Si baciano, a lungo. Il Maestro sussurra: “Questa è la più dolce ed unica ricompensa alle mie fatiche, adorato Vladja”. Dal dialogo emerge  subito il carattere solare, ottimista e aperto del giovane, agli antipodi di quello del Maestro, nonché la consapevolezza e l’ orgoglio di essere una fonte di ispirazione per il grande artista: Il giovane si informa sul nome che darà alla Sesta Sinfonia. Il Maestro gli svela che l’ indomani stesso, 18 ottobre, invierà al suo editore, Petr Ivanovic Jurgenson, a Mosca, la partitura, chiedendo di intitolarla “Symphonie Pathétique: n. 6” con la dedica per il nipote Bob. Dal seguito del dialogo viene fuori la preoccupazione del giovane per l’ ostilità manifestatagli espressamente dal potente zio, legato allo Zar e alla famiglia imperiale, a causa dell’ amicizia troppo intima con C.. Il giovane aggiunge che, certamente, lo zio viene informato dalla polizia segreta dello Zar sui loro incontri segreti. Ma il Maestro non lo ascolta, non raccoglie le preoccupazioni del giovane. Egli  è emotivamente preso dal progetto del loro viaggio in Italia. Infatti gli descrive  i luoghi conosciuti in altri viaggi, dove potranno ritornare insieme e vivere, almeno per alcuni mesi, il loro legame d’ amore: Venezia, Firenze, Roma, Napoli e Sorrento. Il giovane dismette le preoccupazioni e si lascia travolgere dall’ entusiasmo di C., dalle descrizioni di quei luoghi meravigliosi, dove presto si recheranno.
Si baciano, di nuovo, appassionatamente.
Il Maestro rivela a Vladimir anche l’ intenzione di dedicargli, oltre al concerto, la sua prossima opera sinfonica, la Settima, che dovrà essere un inno alla Vita, all’ Amore Universale tra gli uomini, alla Natura e alla Bellezza:
“Sarà il mio commento al nostro viaggio in Italia, al tempo della nostra, della mia felicità, tanto agognata e, mai, finora raggiunta”.

ATTO TERZO
SAN PIETROBURGO: CASA JAKOBI
(21 ottobre 1893)

Otto uomini sui cinquanta anni, vestiti allo stesso modo, in divisa, sono riunite nello studio della casa del magistrato Nikolaj Jakobi, Capo Procuratore Deputato del Dipartimento di Appello Criminale al Senato. Sono tutti amici di C., perchè compagni di antica data, in quanto allievi della stessa prestigiosa Scuola di Giurisprudenza, frequentata anche  da C., prima di scegliere la strada musicale. Sono tutte personalità delle istituzioni e delle magistrature della capitale, collegate alla corte imperiale dello Zar e legate tra di loro da un codice d’ onore e di amore sacrale per la loro divisa. Di questo parlano tra di loro, anche in riferimento al Maestro che ha mantenuto intatto, nonostante il diverso impegno artistico, il rapporto ideale con la divisa della Scuola, da tutti indossata quella sera.
Jakobi, angosciato, anticipa agli altri lo scandalo che rischia di scoppiare, perchè il conte Stenbock-Fermor ha presentato una denunzia dettagliata al suo ufficio di procuratore capo, per il successivo inoltro allo Zar, contro P.I.C. con  l’ accusa di sodomia, di omosessualità e di molestie ai danni del suo giovane nipote, Vladimir, che appare ormai plagiato dal Maestro di Klin. Jakobi preannunzia l’ arrivo imminente, prima della successiva convocazione di C., del capo della polizia segreta dello Zar, che porterà istruzioni sul caso da parte degli ambienti della corte imperiale e dello stesso Zar e sul da farsi per evitare uno scandalo, che recherebbe danno agli interessi dello Zar e della Grande Madre Russia, alla vigilia della firma del trattato franco-russo, nonché alla fama mondiale di C.. La moglie di Jakobi, Elisabeth, bussa alla porta e introduce il  capo della polizia segreta dello Zar. Questi, senza preamboli, come se leggesse un mattinale di polizia, elenca minuziosamente le prove del “vizio innominabile” di C., facendo riferimento anche ai rapporti scritti pervenuti  da altre polizie estere, sull’ infinità di relazioni amorose omosessuali del Maestro, anche fugaci e plebee, in Francia, in Svizzera e in Italia.
Fa capire che, ora, il Maestro sta esagerando e che non può importunare oltre un giovane componente della più alta nobiltà russa, con il rischio che la denunzia del potente parente provochi uno scandalo mondiale, dannoso agli interessi del paese. L’ uso di espressioni sprezzanti verso C. spinge qualcuno dei presenti a difendere, a spada tratta, il Maestro ed amico, definendolo un genio e un patrimonio di tutti i russi. Abilmente il capo della polizia fa leva su questo amore per la Russia, che riconosce anche a C., per suggerire subdolamente la soluzione. Non manca anche un sottile ricatto verso qualcuno dei presenti, con pesanti allusioni alla loro troppo intima giovanile amicizia con il Maestro. Lo Zar, naturalmente, provvederà a  far celebrare un grande funerale di Stato per il Maestro e tutta la stampa celebrerà il genio musicale russo di C. e la Scuola di Giurisprudenza. Così anche l’ immagine di uno dei più grandi compositori russi sarà tutelata. Come se fosse una cosa del tutto naturale, il viscido poliziotto consegna a Jakobi, un piccola confezione: “ Basta sciogliere il contenuto nell’ acqua ed è tutto risolto”. E conclude, rivolto ai presenti, prima di uscire dallo studio: “ La morte deve intervenire non più tardi di una settimana: essa risolverà tutto e lo consacrerà alla storia della Musica e della Russia!”. Il gruppo di uomini resta silenzioso, quasi meditabondo,  quando, dopo poco, sopraggiunge C., accolto, in anticamera, affettuosamente da Elisabeth: “ Caro Maestro, la Russia è orgogliosa di te!”.
Il breve dialogo tra la donna e il compositore rivela l’ inconsapevolezza di C. sui reali motivi della convocazione: egli crede ad una rimpatriata di amici che si vogliono complimentare con lui. Entra nello studio e viene accolto da un generale imbarazzo.
Dopo una breve premessa impacciata, Jakobi spiega il motivo della convocazione a casa sua e all’ esigenza di un giurì d’onore tra di loro per valutare il da farsi. Di seguito, composto il giurì,  si svolge un vero processo a C. e alla esigenza di risolvere il tutto drasticamente.
La sentenza è inappellabile: per il bene di tutti, C. si dovrà sacrificare.
In particolare Jakobi carica le spalle del Maestro, ormai ali spezzate, della responsabilità morale di  voler distruggere il prestigio della Scuola di Giurisprudenza, la sua fama mondiale di musicista e l’interesse della Patria.
C., sulle prime, si ribella, ma poi, pian piano, cade in una sorte di apatia psicotica e comincia ad assentire meccanicamente ai folli ragionamenti e ai progetti di morte degli amici.
Quando Jakobi gli infila nella tasca della giacca il pacchettino con la “soluzione”, il gioco è ormai  fatto.
Il Maestro è crollato, giura solennemente che manterrà l’ impegno preso, esce stravolto dallo studio, non saluta neppure la vecchia amica Elisabeth e abbandona, di corsa, la casa di Jakobi.

 

EPILOGO

Casa dei parenti di C. a San Pietroburgo.
Tutti sono in attesa del Maestro.
Sulle note della Sesta Sinfonia, il Maestro arriva a casa.
Viene accolto sempre con affetto da Modja e dagli altri parenti, in particolare dal nipote.
Tutti percepiscono che C. è  sconvolto, agitato e depresso. Più volte Modja, insistentemente, gli chiede cosa sia successo, pensando a qualche minaccia subita dai parenti del giovane amante.
C. intuisce  la preoccupazione del fratello e quasi lo rassicura:” No, non ti preoccupare…sono stanco e non mi sento bene. Vorrei soltanto un bicchiere d’ acqua”. Modja capisce che sta mentendo, che qualche evento molto grave è intervenuto, tuttavia non sospetta minimamente cosa stia drammaticamente per accadere, sotto i suoi occhi. Quando Modja gli chiede di aspettare, perché bisogna prima bollire l’ acqua, a causa dell’ epidemia del colera ancora diffusa a San Pietroburgo, il Maestro, senza parlare, si reca in cucina, si versa dell’ acqua non bollita in un bicchiere, versa successivamente, con mano tremante, nell’ acqua del bicchiere, il contenuto del flacone, consegnatogli da Jakobi, e incomincia a bere.
Modja sopraggiunto, tenta di strappargli il bicchiere di mano.
Ma il Maestro di colpo lo beve e, poi guardandolo, con tenerezza malinconica, negli occhi :
“ Dopotutto, Modja, che importa…ormai…”.

Sempre sulle note della “Patetica”, la voce dello speaker completa l’informazione storica sulla breve malattia del Maestro, dal 21 alla notte tra il 24 e 25 ottobre 1893,  sui chiari sintomi di  avvelenamento da arsenico, sui requiem post mortem, sulla visita di molte persone alla salma, del tutto proibita se fosse stato un vero caso di colera, sulle celebrazioni, sui tentativi di depistaggio, sulle versioni contraddittorie fornite dai medici curanti, sugli sforzi fatti, anche da Modja, per mascherare la verità. In effetti, lo speaker conclude, con un tono di rabbiosa protesta, che quello di C.  fu un suicidio forzato, un vero delitto di Stato e frutto perverso  di un falso moralismo, visto che nella Corte Imperiale e nelle forze armate russe abbondavano i nobili e gli alti ufficiali omosessuali, apertamente praticanti.