La Playmate del mese

    

FENDER STRATOCASTER, 1956 & 1957

La storia della Stratocaster è stata più volte narrata, e le origini ormai lontane del modello di chitarra forse più popolare in assoluto sono tra i capitoli più studiati della Storia delle Sei Corde. Tempi lontani e leggendari, in cui l’estro creativo di Leo Fender, pragmatico e geniale al tempo stesso, veniva affiancato dalla collaborazione del fedele Freddie Tavares e dalla sperimentazione ‘sul campo’ di Bill Carson.

Non ci dilungheremo troppo, quindi, sulla storia della genesi della Stratocaster, limitandoci a trarre spunto dai due strumenti che vi presentiamo su queste pagine per approfondire alcuni aspetti di un’evoluzione lenta e costante, che ha legato ogni suo particolare ‘stadio’ ad un periodo storico e ad una pagina di storia della musica contemporanea ben definiti.

Il più antico dei due strumenti porta la data del ’56 (Aprile il corpo, Maggio il manico), e presenta molte delle caratteristiche della primissima fase del modello: innanzitutto il corpo è realizzato in frassino, ed è ‘scavato’ in modo particolarmente attento. E’ interessante notare il profilo notevolmente assottigliato degli incavi destinati ad assecondare la posizione del musicista, nella innovativa concezione del ‘Contour-Body’, che contribuisce a conferire allo strumento un peso assai ridotto. La finitura è, naturalmente, nel classico sunburst a due toni. La data del corpo è scritta a mano, nella cavità posteriore che alloggia le molle del vibrato, mentre quella del manico è affiancata ancora dalla sigla dell’addetto alla sagomatura, un "XA" noto alla letteratura fenderiana ma non meglio identificato. Questa pratica era comune fino al ’55, e solo sporadicamente è stata riscontrata in esempi più tardi.

La caratteristica più evidente dell’affinità con le Strato del periodo ‘54-’55 è la presenza delle parti in bakelite, una materia plastica assai diversa all’aspetto e nelle proprietà rispetto a quella usata negli anni seguenti. Manopole, coperture dei pickup, e manopolina del selettore sono realizzati in questo materiale particolare, che non ingialliva nel tempo, ma aveva una maggiore facilità a spaccarsi essendo meno elastico.

I pickup sono del primo tipo, con il fondo delle bobine in fibra nera, il selettore è a tre posizioni. Nella circuitazione elettrica è interessante notare il condensatore ancora in carta…. Tempi epici! La schermatura è limitata alla zona dei potenziometri, con una piccola lamina metallica sagomata attaccata alla faccia inferiore del battipenna in plastica bianca a strato singolo. Anche i potenziometri stessi, con i rispettivi codici, ci rimandano al ’56, e sono stati prodotti dalla Stackpole nella quinta settimana di quell’anno. Come si sa, le cifre incise sulla loro copertura possono contribuire a determinare la datazione di uno strumento, in caso di mancanza di altri dati.

Il ponte con le sellette regolabili con il marchio ‘Fender Pat. Pend.’ Ha qualche segno di ruggine dovuto al tempo, ma è perfettamente funzionante.

Un’altra caratteristica degna di nota è la sezione del manico, che rappresenta una transizione tra la forma più ‘piena’ dei primi due anni di produzione del modello e la forma a ‘V’ tipica del ’57: la ‘V’ è già riconoscibile, ma non ancora definita in modo troppo netto. Sulla paletta campeggia il mitico ‘Spaghetti Logo’, ed è interessante notare l’assenza dei numeri di brevetto che compariranno sotto il marchio negli anni successivi. Altro dettaglio che accomuna questa Stratocaster a quelle dei primissimi anni è l’abbassacorde sul fronte della paletta, costituito da una semplice rondella circolare. Le meccaniche Kluson Deluxe sono tra le primissime ‘single-line’, che riportano nome di marca e modello incisi sulla linea verticale centrale: è questo il più antico set di ‘single-line’ in cui mi sono imbattuto, dato che generalmente fino alla fine del ’56 quelle che si incontrano più di frequente sono prive di nome sulla scatoletta degli ingranaggi e sono identificabili solo grazie al numero di brevetto riportato all’interno. Le condizioni dello strumento sono eccellenti, ancor di più se raffrontate a molte delle Strato anni '5‘ che si vedono in giro (e non sono tante): solo un po’ di usura da cintura sul fondo, e un angolo del battipenna spezzato per una vite stretta con troppa foga.

Ma la Strato del ’57, solo di pochi mesi più giovane, che le vedete qui affiancata, è a dir poco in condizioni incredibili. Qualche segnetto di urti sul fondo e sul top, tracce lievi di checking della finitura ci fanno capire che non proviene dalla macchina del tempo, ma c’è da non credere ai propri occhi. Quale occasione migliore per verificare in che direzione si sviluppasse l’evoluzione del modello?

Le caratteristiche che la ’57 condivide con la ’56 sono molte: pickup, schermatura, circuiti, selettore, ponte (qui però è presente anche il coperchio cromato), meccaniche, battipenna, ecc. Ci soffermeremo quindi sulle differenze, che riassumiamo qui di seguito. Innanzitutto, l’introduzione della plastica al posto della bakelite per manopole e copri-pickup, con caratteristiche diverse dal materiale del battipenna: mentre quest’ultimo, infatti, tende a rimanere bianco nel corso degli anni, le altre parti in plastica sono soggette ad un lento ingiallimento.

Un’altra differenza evidente è l’adozione dell’ontano per il corpo, la cui sagomatura è forse un po’ meno raffinata della ’56, ma che risulta ugualmente leggero proprio per il tipo di legno impiegato. 
Quello che forse più interessa dal punto di vista del ‘rapporto fisico con lo strumento’ è la sagoma del manico in acero mediamente fiammato, la cui ‘V’ è assai più accentuata e netta pur risultando sempre confortevole e ‘naturale’ al tatto. La data del manico, Settembre ’57, è sempre scritta a mano ma non è più accompagnata da altre sigle, a differenza della ’56. Il corpo è datato Agosto ’57, e non più nella cavità del vibrato, ma in quella del pickup centrale.
Sulla paletta, l’abbassacorde cicolare ha già lasciato il posto di quello ‘a farfalla’, ma non vi sono altre differenze.

Entrambe le chitarre sono dotate della tracolla originale, e mentre la ’57 ha una custodia in brown-tolex dei primi anni ’60 (peraltro bellissima), la ’56 ha la sua custodia originale in tweed, un po’ malconcia ma ricca di fascino. Vedere due strumenti così è un’emozione, ma è anche un’occasione imperdibile per studiare da vicino i primi passi di una delle chitarre più famose della storia: i libri, per quanto accurati, non riescono a trasmettere i racconti che questi strumenti portano con sé… 

Storie che parlano di una piccola industria che ancora si muoveva su scala ridotta e in cui regnava un’atmosfera quasi familiare, nella cui filosofia di innovare-sperimentare-osare è possibile intravedere una metafora dell’ottimismo americano degli anni ’50, che attraverso la Guerra Fredda teneva accese le speranze e gli entusiasmi di chiunque fosse coinvolto - in qualsiasi ruolo – nella creazione di qualcosa che fosse inequivocabilmente e assolutamente Americano e Moderno.

Nino Fazio