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EARL HOOKER

Ad oltre trent'anni dalla sua scomparsa, Earl Hooker continua a sorprenderci ogni volta che ascoltiamo la sua musica. Tra i tanti 'unsung heroes' della musica nera mai approdati alla fama presso il cosiddetto 'grande pubblico', Hooker è quello che tra gli altrettanto cosiddetti 'addetti ai lavori' suscita un immenso rispetto, essendo considerato unanimemente uno tra i più grandi chitarristi di ogni tempo per inventiva, imprevedibilità, classe. Quando Chris Strachwitz, in cerca di nuovi musicisti di Chicago da registrare per la sua Arhoolie, aveva chiesto a Buddy Guy quale fosse il talento più interressante in giro, la risposta della stella nascente della Windy City era stata precisa: Hooker.

Stile. Earl Hooker aveva stile. Avesse confidato maggiormente nelle sue pur discrete qualità vocali, la sua carriera avrebbe forse preso una piega diversa, almeno fino al tragico epilogo. Cugino del ben più noto John Lee, anch'egli era nato a Clarksdale, Mississippi nel 1930, ma il Sud rurale non ebbe il tempo di nutrirlo con la linfa del country blues... Già nel '31 era a Chicago. Infanzia e adolescenza, la strada. Ma non i sentieri tra i campi di cotone: le vie del Southside, insieme ad una delle tante gang di piccoli 'duri'. "Bad boy" per sua stessa ammissione, riuscì a tirarsi fuori dai pasticci incombenti proprio grazie all musica. Tra i musicisti che ebbero una influenza determinante sulla sua formazione spiccava senz'altro Robert Lee McCallum, meglio noto come Robert Nighthawk. Da Nighthawk Earl apprese i rudimenti della tecnica
slide: la raffinatezza del maestro, che pure aveva profonde radici Delta, venne portata dal giovane talento a livelli ancora superiori. L'approccio allo slide di Earl Hooker non ha niente in comune con l'intensità rozza e viscerale di Muddy Waters o Elmore James: è invece preciso, tecnico ed emozionante insieme. 

Tra le esperienze musicali dei primi anni della sua carriera segnaliamo il tour negli stati del sud a fianco di Ike Turner, nel 1949, che fornì l'occasione al diciannovenne chitarrista di venire a contatto con una scena musicale assai diversa da quella di Chicago ma altrettanto vivace. A Memphis conobbe il giro dei musicisti di Beale Street (B.B. King, Bobby Bland, Johnny Ace, Junior Parker), e la sua fama cominciò così a diffondersi in tutti gli States. Alle sue prime incisioni da solista per la King e la Age (ricordiamo in particolare Blue Guitar, divenuta un classico per i chitarristi blues), si accompagnava una sempre più intensa attività di session-man.  

Tra le giovani leve della chitarra blues di Chicago che negli anni '60 davano vita al 'moderno' blues del West Side (Magic Sam, Otis Rush, Buddy Guy, con il texano Freddie King), Earl Hooker era forse la personalità più introversa: le poche incisioni vocali, per lo più su brani del repertorio di Nighthawk, lasciano ampio spazio a strumentali mozzafiato (Two Bugs and a Roach, Earl's Boogie Woogie, The Hook) in cui la tecnica unica, la profonda conoscenza delle vie del Blues - che, come si sa - sono misteriose e infinite, e la creatività inesauribile danno vita a performance di grande energia. 

Altra dimensione in cui Earl Hooker riusciva ad esprimersi al meglio era quella dell'accompagnatore di un vocalist. Molte delle incisioni realizzate a suo nome vedono alternarsi alla voce interpreti noti (Andrew Odom, Carey Bell) e meno noti (Little Tommy, Frank 'Cryin' Shame' Clark). Nessun accenno di invadenza o protagonismo, solo raffinati licks e intricati pattern ritmici per sottolineare il canto, fino all'assolo sempre di una disarmante freschezza creativa: nessuna traccia dei tanti consunti luoghi comuni pentatonici.

D'altra parte Earl era in grado di suonare con uguale competenza e gusto jazz, blues, rock&roll, perfino country&western.... Ricordava con divertimento una jam con un gruppo bianco in un locale di integralisti hillbilly nell' Iowa, con il pubblico che lo osservava a bocca aperta. 

Tra gli altri chitarristi del west side era forse quello più irresistibilmente attratto dalle innovazioni tecniche al servizio della chitarra. Ancora prima di Jimi Hendrix, il wah-wah aveva trovato in Earl Hooker chi sapesse sfruttarne le potenzialità espressive: ascoltate il suo Wah-Wah Blues o la divertente versione strumentale di I Feel Good! E, "effetti" a parte, tra le mani di Hooker troviamo spesso strumenti ultra cool, come varie Double-Neck Gibson o Danelectro che farebbero oggi gola a molti di voi che state leggendo queste righe. O sbaglio?

La tounée europea con l'American Folk Blues Festival nel 1969 avrebbe potuto segnare una svolta decisiva nella carriera di Earl Hooker, imponendolo all'attenzione di un pubblico nuovo, pronto ad accogliere i musicisti di blues d'oltreoceano con un profondo rispetto che sarebbe stato insperabile, al tempo, ottenere in patria. Ma come spesso avviene, lo zampino del fato interviene, crudele. La lotta contro la tubercolosi, il TB Bug di cui cantava in quella Two Bugs and a Roach, che si protraeva ormai da anni vede soccombere Earl nell'aprile del 1970: aveva appena quarant'anni, come il grande pianista e amico Otis Spann che si spense a pochi mesi da lui.

La popolarità di questo grandissimo artista probabilmente non sarà mai troppo ampia tra i patiti della musica nera, spesso disinteressati ai non-cantanti, ma Earl Hooker resterà per molto tempo ancora in vetta alle prefernze dei suoi colleghi chitarristi, contemporanei e non, che lo ricorderanno come un maestro assolutamente originale e inimitabile.

Nino Fazio